Pubblicato il 17/06/2008
La poesia di Rufolo è molto interessante (per ulteriori informazioni sull'autore si veda: www.dimitryrufolo.blogspot.com). Ciò che attira sono i contenuti, i temi trattati sono vari e appartenenti a diverse categorie esperienziali. Come il titolo predice, sono pensieri che si distribuiscono su larga banda, nelle frequenze della quotidianità. L’autore riesce a sintonizzare il suo sguardo oltre la notte, oltre l’amore, oltre i così frequenti bicchieri pieni e poi svuotati, oltre l’amaro, la delusione, i ruoli, i risvegli, le primavere, i luoghi comuni, le luci e le ombre e altro ancora, per arrivare in un punto ben preciso che è quello della sua solitudine reale e persistente, è il trovarsi in un cammino senza sosta sulle ali di un amore mai accontentato. V’è una caducità assoluta e durevole nelle sue poesie che, per quanto si tenti e ritenti, non si riesce ad arginare: “C’è una rosa in un vaso di cristallo, / al centro del tavolo, / fuori è notte, notte di città, / piena di luci, notte da guardare dietro alle finestre. / […] / La rosa non reggerà tutta la notte, / petalo dopo petalo, / cadrà su se stessa / inchinandosi / ci saluterà, / come un attore al suo ultimo atto. / […] / Ho perduto l’anima dietro tanti vetri, / l’ho cercata in tanti bicchieri, / guardando altre rose cadere. / […]”. La poesia sembra essere, per Rufolo, un bicchiere pieno, che compare così spesso durante tutto il libro, un bicchiere che è simbolo di solitudini e sbronze inutili, almeno all’apparenza, è un bicchiere in una casa vuota, in un cuore stanco, in una voce spenta e in un sole che non sorge: “La casa è vuota / il bicchiere è pieno / il cuore è stanco / la voce è spenta / il sole non sorge / […] / ma ogni giorno / spero di stupirmi”. La poesia di Rufolo sa essere ironica, di una ironia che non ha humor ma, semmai, amarezza, è il tentativo di tornare a una integrità attraverso lo smantellamento di luoghi comuni; egli vede dove si potrebbe arrivare ma prende atto del fatto che là non ci si arriverà mai, che sempre la mappa che può portarci a casa è quella che usiamo per qualcosa di più immediato che soddisfa la nostra esigenza subitanea, il tutto e subito del mondo contemporaneo contagia finanche i poeti che perdono la via: “Sai che c’è? / Che io conoscevo la grandezza / io non sapevo perché / in ogni posto dove ho vissuto / trovavo gente della notte. / […] / Lasciamo amori veri / per panini solitari e bicchieri di notte. / E versiamo lacrime sincere / e vino falso / su panchine di piazza / pur di pensare di essere poeti / ma siamo solo perduti / e ci asciughiamo il naso / nell’unica mappa / che può portarci a casa”.
V’è, nei suoi testi, una rabbia più che comprensibile, come una nebbiolina che si desta al mattino nel freddo pungente, un monito che avanza, pur nelle divagazioni amorose che lo trascinano, anche queste, nello sconforto; così nella poesia intitolata “L’odio”, egli pronuncia una sorta di anatema: “Fate ammenda e inchinatevi / voi che di tutta la vita / vivete la scorza. / Voi che la notte avete paura / […] / Voi che della vita guardate solo l’apparenza / […] / Voi che ostentate conoscenze da retro di copertina / voi che conoscete le cattedre / ma non i banchi / voi che non conoscete / l’umidità avvolgente / delle panchine pensanti / nei paesi sconosciuti. / Quando anche voi dormite / e non sognate altro / che sogni altrui”.
La poesia di Rufolo ha inoltre una forte connotazione sociale, egli scorge i punti deboli delle consuetudini sociali e ne mette in luce l’incoerenza, come nella poesia “Ruoli”, che è, a mio avviso, una delle poesie più belle del libro, per costruzione e contenuto e dove l’autore mette sotto accusa la fretta e l’incapacità di fermarsi davanti al prossimo: “Un uomo aspettava al crocevia / […] / E non aspettava nulla di incredibile / era lì e pensava: / ‘Non è strano un uomo solo ad un crocevia?’ / Una donna passò veloce / poiché il semaforo era verde / ed il tempo era poco / ed aveva così tante cose da fare. / passò e lo vide / ed i loro sguardi si incrociarono / ma il tempo era poco / ed il semaforo verde / oltrepassò l’incrocio / […] / L’uomo attraversò la strada / ma non riuscì ad attraversare la notte. / La donna fece tutto quello che doveva / ma non riuscì ad essere felice”.
Un altro elemento importante nella poesia di Rufolo è la natura, essa crea i contorni delle scene ed è, in alcuni testi, il centro e il significato metaforico di un’idea. Così un pesce agonizzante sulla spiaggia simboleggia il cuore del poeta. Impressiona come egli non intervenga a modificare lo stato delle cose naturali, ma, in modo quasi indiscreto, osserva, succhiando il significato vitale, l’armonia sostanziale dei soggetti naturali: “Ho visto due coccinelle / vicine su un tronco nudo / di un albero del parco. / Le ho viste così vicine / che mi sembrava si stessero baciando / […] / Mi siedo sulla panchina di fianco / accendo una sigaretta / e mi metto comodo, / non penso che vedrò niente di meglio oggi, / […] / Continuo a guardare quel bacio così puro / e mi vergogno di essere così indiscreto”.
In conclusione “Pensieri a banda larga” è un libro abbondante di contenuti, che rivela un’acutezza e una capacità narrativa dell’autore non comuni. Nonostante questo mi permetto di annotare qualcosa in relazione alla costruzione dei testi, sulla versificazione. Mi pare che la scelta di scrivere le poesie centrate nella pagina e non allineate a sinistra, sia una pessima scelta che fa sì che, a prima vista, il libro prenda una connotazione di scrittura adolescenziale. Talvolta i versi hanno parole sovrabbondanti che rischiano di affossare l’intuizione. C’è da lavorare più a fondo sulla forma dei versi, alle volte vi sono ripetizioni di parole che non aggiungono nulla ad un’idea già perfettamente espressa. Nella poesia è necessario un rigore maggiore, al fine di non pubblicare libri che piacciono soltanto all’autore. La poesia va oggettivizzata con capacità autocritiche coraggiose in relazione alle modalità di scrittura. Non è male sottoporre i testi, prima della pubblicazione, a persone qualificate e notoriamente “rompiscatole” e critiche. Nonostante questo, consigliamo il libro, poiché riconosciamo nell’autore capacità rilevanti di scrittura, per quanto sia necessario un affinamento. Il libro trascina fino all’ultima pagina, suscitando nel lettore la curiosità verso i componimenti che si susseguono. Per essere alla sua prima esperienza letteraria, autodidatta, ci pare che ci siano le condizioni per un bel salto avanti nella poesia, ma attenzione la prossima pubblicazione dovrà essere ripulita, pena il rimanere relegati in uno stato di poesia eccessivamente soggettiva, e si sa che la critica non perdona. I nostri complimenti e in bocca al lupo.
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