Pubblicato il 06/12/2020 10:51:31
PERCHE’ L’ITALIA AFFONDA di Alfredo Giglio ©
Vorrei ripercorrere brevemente la storia d’Italia dal 1980 ad oggi, per spiegare in modo semplice, senza ricorrere ad argomentazioni filosofiche, le vicende che ci hanno portato ad essere uno stato povero e vassallo della Germania. Tutto questo si è potuto verificare, io credo, per il disegno criminoso della finanza mondiale, che ha favorito la distruzione dell’industria italiana, concorrente di quella tedesca, l’indebitamento dello stato italiano, realizzato oltretutto con la connivenza dei nostri politici, miopi e corrotti, e la globalizzazione dei mercati, con conseguenti delocalizzazioni incontrollate, disoccupazione, forti guadagni per gli speculatori finanziari. In pratica si è verificato l’asservimento della politica alla grande finanza. Tutto questo è incominciato quando dall’economia keynesiana, che prevedeva una più equa distribuzione dei beni e aveva favorito anche in Italia la creazione di uno stato sociale, si è passati alla economia neoliberista di Milton Friedman, che teorizza il massimo profitto individuale, negando ogni diritto al lavoratore, che in tal modo ha solo doveri da onorare e nessun diritto da far valere. Ma procediamo con ordine. Perché la grande Finanza prevalesse sulla politica e ne diventasse guida, bisognava togliere agli stati nazionali europei la sovranità monetaria, imponendo la moneta unica, l’Euro, gestita ed emessa solo dalla BCE. Alla creazione dell’Euro si è poi aggiunto il pareggio di bilancio, quasi imposto a tutti gli stati e raramente ottenibile se non a costo di grandi sacrifici. In fondo i guai dell’Italia sono la conseguenza di tali problemi: perdita della sovranità monetaria con conseguente ricerca di finanziamenti ad alto tasso d’interesse, globalizzazione senza regole, per cui tutto deve essere regolato dai mercati, pareggio di bilancio. Tutto ciò porterà, ed in parte ha già portato, ad una condizione generale per cui i ricchi saranno sempre più ricchi ed i poveri saranno sempre più poveri, dato che i mercati hanno regole imposte dai ricchi, non certo dai poveri. Avremo inoltre la grande fortuna di conoscere un nuovo Medioevo prossimo venturo, come recitava il titolo di un famoso libro di Roberto Vacca, con eventuali ritorni allo schiavismo ed alla servitù della gleba. A voler essere un po’ più precisi, in Italia i guai iniziarono nel 1981, quando il ministro Andreatta diede la prima picconata al nostro sistema finanziario ordinando, con una semplice lettera e senza discussione parlamentare all’allora governatore Carlo Azeglio Ciampi, di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, allo scopo, velleitario e pretestuoso se osservato col senno di poi, di ridurre il debito pubblico. Semplicemente Andreatta e Ciampi erano in malafede, perché il loro unico, vero intento era quello di spingere l’Italia nei parametri soffocanti dello SME, anticamera dell’Euro, e quindi di favorire una maggiore integrazione dell’Italia nel sistema Europa. Da allora il nostro debito pubblico ha cominciato a galoppare a briglie sciolte e solo in seguito si è venuti a sapere, ma senza eccessivo rilievo, che in realtà la Banca d’Italia è diventata una banca privata, ha i suoi maggiori azionisti nei grandi gruppi bancari come Unicredit, Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena, che la quota azionaria del Tesoro si è ridotta al solo 5%. I nostri titoli di stato, piazzati pertanto sul mercato mondiale e non più prevalentemente interno come accadeva una volta, sono finiti soprattutto nella mani di Goldman Sachs, di Morgan Stanley e di JP Morgan ed anche la nostra sovranità monetaria ha cessato di esistere. Recentemente si è appreso che persino l’oro della Banca d’Italia, la terza riserva mondiale, pari a 2.452 tonnellate di oro puro, ha preso il volo. Nei forzieri di via Nazionale a Roma ne sono rimasti solo 1.199 tonnellate e il resto si trova, si dice per ragioni di sicurezza, presso la Federal Reserve, presso la Banca Centrale Svizzera e presso la Banca d’Inghilterra. Ma ho motivo di ritenere che la scusa della sicurezza sia una bufala, grande quanto una casa, che copre, o cerca di coprire, problemi molto più serî. Abbiamo visto come sia stato facile perdere la sovranità monetaria e far sparire metà dell’oro nazionale, di proprietà del popolo italiano e quindi inalienabile, grazie all’insipienza e alla connivenza di tanti esponenti politici, che hanno portato allo sfascio questa nostra Italia, nel complice silenzio dei grandi mezzi di comunicazione. La situazione dell’Italia è certamente drammatica, ma ha avuto precedenti illustri, come nel caso della Grecia e quello, non meno famoso e drammatico, dell’Argentina, che ha dovuto ufficialmente dichiarare default. I guai degli altri però ci consolano poco: quello che sappiamo è che il nostro gigantesco debito pubblico ci pone costantemente sotto la spada di Damocle delle agenzie di rating, che fanno capo alla grande finanza americana, e della Germania, alla quale, vale la pena ricordarlo, fu condonato un debito di 15 miliardi di marchi nel 1953. L’FMI e la BCE decidono dei destini degli Stati membri: entrambi hanno da sempre l’obiettivo di aumentare, non di risanare come ufficialmente dicono, l’indebitamento di alcuni paesi, in particolare quelli più deboli, come Argentina, Grecia, Italia e Portogallo. Il FMI, invece di operare secondo principi mutualistici, opera in modo palesemente vessatorio e, per fare ciò, si serve, nei suoi rapporti con l’Italia, di tre furbi paladini, che agiscono da vera e propria quinta colonna: Mario Draghi, Mario Monti e Pier Carlo Padoan. Tra l’altro Mario Draghi, dopo avere insegnato a Washington, è diventato consulente di Goldman Sachs e, insieme con i suoi due degni compari, ha suggerito alla Grecia, all’inizio del 2001, l’acquisto di alcuni prodotti finanziari diventati poi famosi con il nome di derivati, ideati e gestiti proprio da Goldman Sachs, JP Morgan e Merryl Linch. Alla fine dello stesso anno 2001 questi derivati hanno portato il governo greco al collasso, perché i profitti, alti in un primo momento come uno specchietto per le allodole, sono improvvisamente crollati, rivelandosi per quello che effettivamente erano, e cioè una solenne fregatura. Oggi in Grecia c’è una continua protesta popolare, che rischia di portare allo sfascio delle istituzioni, ma nessuno ne parla, perché è stato messo il bavaglio anche alla stampa. Nell’estate del 2011 Mario Draghi è passato a dirigere la Bce e nel novembre dello stesso 2011 Mario Monti, imposto sempre dall’Europa, veniva chiamato da Giorgio Napolitano a formare un governo tecnico. Si consumava così il golpe ai danni di Berlusconi, che aveva avuto il grande torto di opporsi alle indicazioni dell’UE e, soprattutto, aveva rifiutato le offerte dell’FMI, dicendo che l’Italia era pronta a riprendersi la sua sovranità monetaria. Lo stesso Berlusconi però, piuttosto stranamente, avrebbe appoggiato il suo successore. I danni del governo tecnico di Monti e del successivo governo di quel bullo di campagna che si chiama Matteo Renzi sono stati incalcolabili. Ne riparleremo. Ci tocca solo aggiungere ai nomi dei già citati traditori del popolo italiano quello di Romano Prodi, che, pur di aderire allo sciagurato euro, svalutò la lira del seicento per cento e truccò i bilanci, con la complicità del ministro Carlo Azeglio Ciampi. Questi quattro signori si trovano ora sul banco degli imputati presso il Tribunale di Trani, che, pur tra mille difficoltà, sta cercando di fare luce su molte oscure vicende italiane degli ultimi anni. Il 3 gennaio 2012 Mario Monti, presidente del Consiglio e ministro dell’economia e finanze, ha pagato alla Morgan Stanley, della quale il figlio Giovanni era vice presidente, la somma di due miliardi e mezzo di euro, sotto forma di sanzione, a causa del declassamento, falso e criminale, dichiarato da Standard & Poor’s, che, a sua volta, era controllata dalla Mc Graw Hill, della quale Morgan Stanley è tuttora azionista preminente. S&P con il declassamento si era semplicemente vendicata, perché, dopo 17 anni, il governo italiano aveva interrotto un lucroso contratto di collaborazione. Spero che la vittoria di Trump negli Stati Uniti, il “NO” deciso degli Italiani al referendum costituzionale e l’uscita coraggiosa della Gran Bretagna dall’Euro, diano una frenata a questo neoliberismo selvaggio e che si torni a parlare di lavoro, di diritti e di benessere per l’intera collettività. Sarà difficile, dato che la classe imprenditoriale è omologata alle teorie imposte dalla finanza globale e dato che noi non possiamo mettere in campo validi progetti di industrializzazione, non disponendo di quei capitali, che l’Europa continuerà a negarci. Rimane però la speranza che il buon senso e la politica riprendano a farsi valere e nulla ci vieta di sperare che il buon Dio ci dia una mano e ce la mandi buona..!
Alfredo Giglio
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