Pubblicato il 14/11/2010 19:18:32
Bisogna che lo affermi fortemente che, certo, non appartenevo al mare anche se Dei d’Olimpo e umana gente mi sospinsero un giorno a navigare, e se guardavo l'isola petrosa, sopra ogni collina c'erano lì idealmente il mio cuore al sommo d'ogni cosa, c'era l'anima mia che è contadina un'isola d'aratro e di frumento senza le vele senza pescatori il sudore e la terra erano argento il vino e l'olio erano i miei ori
Ma se tu guardi un monte che è di faccia, senti che ti sospinge un altro monte un'isola col mare che l'abbraccia ti chiama un'altra isola di fronte e diedi un volto a quelle mie chimere le navi costruii di forma ardita, concavi navi dalle vele nere e nel mare cambiò quella mia vita e il mare trascurato mi travolse: seppi che il mio futuro era sul mare con un dubbio però che non si sciolse senza futuro era il mio navigare
Ma nel futuro trame di passato si uniscono a brandelli di presente, ti esalta l’acqua e al gusto del salato brucia la mente e ad ogni viaggio reinventarsi un mito a ogni incontro ridisegnare il mondo e perdersi nel gusto del proibito sempre più in fondo
E andare in giorni bianchi come arsura, soffio di vento e forza delle braccia, mano al timone e sguardo nella pura schiuma che lascia effimera una traccia; andare nella notte che ti avvolge scrutando delle stelle il tremolare in alto l’Orsa e un segno che ti volge diritta verso il nord della Polare. E andare come spinto dal destino verso una guerra, verso l’avventura e tornare contro ogni vaticinio contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate, verso altri amori, verso forze arcane, compagni persi e navi naufragate; per mesi, anni, o soltanto settimane La memoria confonde e dà l’oblio, chi era Nausicaa, e dove le sirene Circe e Calypso perse nel brusio di voci che non so legare assieme. Mi sfuggono il timone, vela, remo, la frattura fra inizio ed il finire, l’urlo dell’accecato Polifemo ed il mio navigare per fuggire.
E fuggendo si muore e la mia morte sento vicina quando tutto tace sul mare, e maledico la mia sorte non trovo pace forse perché sono rimasto solo ma allora non tremava la mia mano e i remi mutai in ali al folle volo oltre l’umano.
La vita del mare segna false rotte, ingannevole in mare ogni tracciato, solo leggende perse nella notte perenne di chi un giorno mi ha cantato donandomi però un’eterna vita racchiusa in versi, in ritmi, in una rima, dandomi ancora la gioia infinita di entrare in porti sconosciuti prima
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