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L’amor segreto e altre storie

Poesia

Guido Pellegrini
Edizioni Gazebo

Recensione di Gian Piero Stefanoni
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Pubblicato il 15/10/2013 12:00:00

 

Libro di vita prima che d’amore questo di Guido Pellegrini per le care e sempre preziosi edizioni della Gazebo dell’ inossidabile duo Bettarini-Maleti. Libro di vita dicevamo che si compone di due parti in realtà strettamente correlate nel dire d’ognuno lo sfondo d’inquietudine e erranza che solo l’incontro con l’altro può sciogliere nel compimento. Entrando direttamente nel testo, un verso lo testimonia con forza, ma anche con una tenerezza ed un urgenza quasi che ci appassiona, nei “Sonetti erotici”. “Non può lasciarsi andare chi non è/ mai stato abbandonato..” ci sussurra infatti nel bel rovesciamento del concetto di chi per abbandono è restio ad affidarsi. Poesia che nel rovescio stesso della struttura ci racconta suddividendosi, al contrario di quanto suggerisce il titolo, in un prima di movimento e mutazione soprattutto personale e interiore di “Altre storie”, la parte iniziale appunto, e della lotta e della presa comune d’amore della seconda, “L’amor segreto”, poi. Anche se a dire il vero motivi e forme del fervore e delle dispute umane sono legate dal medesimo conduttore della finitudine che ci è propria e dalla condizione di dolore e di fatica connesse. Ciò che le caratterizza è una dolenza che fieramente non si insegue ma che rimette nel registro delle trasformazioni in cui siamo iscritti la naturalezza d’ogni possibilità, e di ogni incisione, nella lotta e nella stretta d’insieme. E’ un versificare allora questo di mondi continuamente in dialogo a riaffermare della mortalità quella pienezza di vita che viene dal suo ciclo di rinascita e fine e che proprio nel respiro e nella forma continuamente rimodellata (seppur nella pena, seppur nell’affanno) dice della terra stessa, da noi, la sua continuità e il suo divenire. Rimodellare ed apertura di terra ma soprattutto di mondi ben cadenzata nella prima parte nella sezione (“Dei due mondi”) dedicata da Pellegrini allo spazio duplice del proprio farsi e della propria memoria rappresentata dall’incontro tra la Montevideo e l’Uruguay della sua infanzia e la Toscana della ripartenza che qui s’indovinano nella rievocazione d’amore tra il pittore uruguayo Domingo Laporte e Giulia Marinelli figlia della seconda moglie di quel genio pittorico chiamato Giovanni Fattori. Nella vicenda ritroviamo dunque gran parte delle istanze e dei temi del libro: da un destino che va seguito nel coraggio della cura alla realtà vivificante dell’ amore in cui nulla mai davvero si perde ma tutto si accompagna e ci muta reciprocamente nell’altro facendo sì che senza questa misura a nulla valgono le pretese dell’io (e il corpo e il nome stesso), alla direzione in noi di padri e di madri che ancora si rivelano e di figli che è “ tutto il miracolo che abbiamo ” . E ancora , anche, le sospensioni tra sosta e movimento, tra scelta del silenzio e dovere dell’ascolto e della parola in un presente che nelle diverse disposizioni con ostinazione si profonde solo nel confronto , nel “prendere il volto degli altri” , perché “l’eternità è un fatto orizzontale , / (..) / è la sua corsa sotto questo cielo”. Coscienze e consapevolezze che trovano poi, entro le cinque sezioni de “L’amor segreto” (nella struttura nobile del sonetto che in una lingua chiara, incisiva e pressante praticamente abbraccia l’intero libro) dilatazione interrogante e ricongiungente nella figura di lei e di un amore celato, non svelato per il timore di chi dubita vedendo nella radicalità d’ ogni autentico amore la sua sconvenienza di vita, il suo contraltare d’opposizione alla morte. E ripronunciamento, qui magnificamente simbolizzato nei quattro componimenti di “Danza nel cielo” nelle cui figure dell’aquila ferita, che nel nido sconta il dolore in attesa di perdersi nello sfondo che lo compie, e del falco addestrato, che nell’istinto che ancora gli è proprio gira in deviazioni non richieste portando tra l’altro sollievo di cibo alla stessa aquila, è possibile scorgere nelle forme dell’ accettazione e della sofferenza quella prossimità della natura presente anche in noi che in Pellegrini ha valore di pensiero e di orizzonte. Ma l’orizzonte, sa anche bene, ha bisogno di un suolo, di una destinazione forse definitiva che in questi versi appare ancora nel volo del falco che scendendo nel giardino atterra e sposa la sua preda coraggiosa, l’amante segreta come detto, la donna tenace e pugnace pronta anche alla guerra e alla scommessa della perdita nella preservazione del sentimento, consapevole giustappunto che è soprattutto nella consistenza del nostro incidere e del nostro imprimere la discrimante tra vivere e passare. Così l’amore sensuale e l’amore domestico con cui ci saluta nelle poesie finali ha nel volto e negli abbracci dell’amata, che sempre gioiosamente e miracolosamente ritorna, il senso del sé di ieri ora raggiunto, e che ne “La finestra di camera da letto” ha fertilità di colore - e nuova direzione- nel quadro di se stesso che perdendosi nel panorama dei luoghi degli affetti cari ne sa vera fecondità in lei dentro la stanza. E’ una lezione questa appresa tra slanci e perdite, tra ritrovamenti e dolori che hanno in queste pagine il sapore e l’odore della forza di un’ esistenza sempre in gioco nella consapevolezza, amara forse ma terribilmente concreta nella sua costrizione di spina, che (come sostiene in “Risveglio dei mortali”) nel perdurare è il male, e che solo argine alla dissolvenza è la corrispondenza nel tempo aperto dell’inadeguatezza e della solitudine. Fatica di vivere e morire, come detto. E di amare, dunque, nel riconoscimento che ci fa più caro, e libero, il respiro. Nella particolarità del libro, nella petrosità del suo esserci, alla fine a noi sciolto e donato.

 

 


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