PENSIERI SULL'AMICIZIA TRA LEOPARDI E L'EDITORE PIETRO BRIGHENTI DI BOLOGNA, SPIA DEGLI AUSTRIACI.
Stavo cercando in rete del materiale sul Leopardi e dei suoi rapporti con l'editore Pietro Brighenti, editore e letterato bolognese e nota spia degli austriaci, ed ho incrociato un'opera del caro amico Pietro Zerella di San Leucio del Sannio, deceduto da qualche anno, appassionato scrittore di storia patria e risorgimentale a cui ero legato da una fraterna amicizia avendolo incontrato più volte nei suoi bandi letterari ed anche perché aveva presentato per primo a San Leucio, l'8 Agosto 2010, il mio secondo volume di poesie "Ad occhi chiusi - Poesie d'amore" appena stampato da qualche giorno in quell'anno.
E proprio cercando notizie su Leopardi incrocio anche uno dei suoi volumi, "PRETI, CONTADINI E BRIGANTI" (Edizione La Scarana, 2000 - Benevento) dove si parla di briganti ed anche di spie e di come i governi gestivano le spie per eliminare gli avversari politici ed i briganti dai loro territori.
Un letterato si limita in genere ad una analisi letteraria delle opere scritte, un sociologo, invece, approfondisce situazioni e analogie e si pone anche domande e tra queste domande sorge anche spontanea quella delle motivazioni che spingono un editore-spia ad ospitare un poeta. Ed approfondendo questi fatti sorge spontanea la domanda di quale fosse l'interesse effettivo ed il ruolo di una spia austriaca, che l'editore Pietro Brighenti impersonava, per dare ospitalità ad un letterato come il Leopardi, e si pone spontanea l'altra domanda se l'interesse fosse solo letterario oppure non fosse motivato dala necessità di controllare le idee del poeta per poter utilizzare le informazioni per ricavarci un profitto. In fondo il mestiere della spia è solo questo.
In diverse opere del Leopardi emerge con forza il suo spirito patriottico e, soprattutto, nella sua ode “All'Italia”, scritta nel 1818, anno di inizio dell'amicizia con il Brighenti, forte è il richiamo agli antichi valori e splendori della grandezza di Roma e forte la sua invocazione al risveglio morale, culturale e patriottico di uno spirito nazionale che lui cerca di suscitare attraverso la poesia.
Poteva una spia non pensare anche a questo, ovvero al suo ruolo di investigatore per scoprire eventuali collegamenti del Leopardi con elementi eversivi ostili ed oppositori al Governo austriaco?
E l'ospitalità che nel 1825 offre al Leopardi, durante il suo soggiorno a Bologna, non può essere intesa come occasione per un controllo delle idee e di eventuali collegamenti del poeta con elementi patriottici o carbonari che tramavano contro il governo austriaco?
Non aggiungo altro, ma penso che la mia esternazione (se tale possa essere dimostrata di essere) dia occasione anche agli studiosi di letteratura di fare i conseguenti collegamenti logici ed analizzare a fondo il vero significato di quella amicizia che potrebbe nascondere altri interessi e non solo quello eclusivamente letterario.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 7.8.2019)
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ALL’ITALIA (Di Giacomo Leopardi)
O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l'erme
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo
non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
i nostri padri antichi. Or fatta inerme
nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
che lívidor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
e al mondo: dite dite;
chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
che di catene ha carche ambe le braccia,
sì che sparte le chiome e senza velo
siede in terra negletta e sconsolata,
nascondendo la faccia
tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
le genti a vincer nata
e nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
mai non potrebbe il pianto
adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
che, rimembrando il tuo passato vanto,
non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? dov'è la forza antica,
dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
o qual tanta possanza,
valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
e di carri e di voci e di timballi
in estranie contrade
pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
un fluttuar di fanti e di cavalli,
e fumo e polve, e luccicar di spade
come tra nebbia lampi.
Né ti conforti? e i tremebondi lumi
piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
l'itala gioventude? O numi, o numi:
pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
non per li patrii lidi e per la pia
consorte e i figli cari,
ma da nemici altrui
per altra gente, e non può dir morendo:
alma terra natia,
la vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
l'antiche età, che a morte
per la patria correan le genti a squadre;
e voi sempre onorate e gloriose,
o tessaliche strette,
dove la Persia e il fato assai men forte
fu di poch'alme franche e generose!
Io credo che le piante e i sassi e l'onda
e le montagne vostre al passeggere
con indistinta voce
narrin siccome tutta quella sponda
coprir le invitte schiere
de' corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
e sul colle d'Antela, ove morendo
si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
e il petto ansante, e vacillante il piede,
toglieasi in man la lira:
beatissimi voi,
ch'offriste il petto alle nemiche lance
per amor di costei ch'al Sol vi diede;
voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.
Nell'armi e ne' perigli
qual tanto amor le giovanette menti,
qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come sì lieta, o figli,
l'ora estrema vi parve, onde ridenti
correste al passo lacrimoso e duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
ciascun de' vostri, o a splendido convito:
ma v'attendea lo scuro
tartaro, e l'onda morta;
né le spose vi foro o i figli accanto
quando su l'aspro lito
senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de' Persi orrida pena
ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
or salta a quello in tergo e sì gli scava
con le zanne la schiena,
or questo fianco addenta or quella coscia;
tal fra le Perse torme infuriava
l'ira de' greci petti e la virtute.
Ve' cavalli supini e cavalieri;
vedi intralciare ai vinti
la fuga i carri e le tende cadute,
e correr fra' primieri
pallido e scapigliato esso tiranno;
ve' come infusi e tinti
del barbarico sangue i greci eroi,
cagione ai Persi d'infinito affanno,
a poco a poco vinti dalle piaghe,
l'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
beatissimi voi
mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
spente nell'imo strideran le stelle,
che la memoria e il vostro
amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
verran le madri ai parvoli le belle
orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
o benedetti, al suolo,
e bacio questi sassi e queste zolle,
che fien lodate e chiare eternamente
dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
ch'io per la Grecia i moribondi lumi
chiuda prostrato in guerra,
così la vereconda
fama del vostro vate appo i futuri
possa, volendo i numi,
tanto durar quanto la vostra duri.