Ranieri Teti … tra l’ombra dell’uomo e la lirica esternazione del poeta. “Entrata nel nero”, silloge - Kolibris Edizini 2011.
Se è pur vero che in quanto esseri antropici sperimentiamo interiormente ogni volta un ruolo diverso, per quanto marginale rispetto ai disagi che il vivere quotidiano mette in gioco sulla scacchiera dell’esistenza, allora s’impone il superamento del limite noto, dell’assuefatto, in ragione di un atteggiamento inverso a un’attesa timorosa di qualcosa che, pensiamo, debba verosimilmente accadere. Al dunque, assistiamo ad una fuga a ritroso da ciò che stiamo e/o pensiamo di vivere, mettendo al centro del nostro essere “l’altro” che vive per noi nel buio di una profonda notte che neppure il chiarore della luna rischiara.
L' "altro" che trova rifugio nell’antro oscuro del nostro essere, sprofondato nell’angolo buio dell'incoscio e che per questo ci fa paura, ma che ormai abbiamo inconsciamente somatizzato ...
“Ci accostiamo alle forze oscure della natura che con i nostri nomi non riusciamo a comprendere, come i bambini giocano con il fuoco”. (Rilke).
L' "altro" che, in quanto metamorfosi di noi stessi, soggiace allo sdoppiamento che gli abbiamo imposto, nel fitto buio di uno specchio nero in cui pur si rifrange ciò che siamo, e che governa dal di dentro le sommosse della nostra anima, ponendoci di fronte alle molteplici, inusitate questioni, che di per sé penetra nell’indagare, gestendo il nostro potenziale virtuale con o senza il nostro consenso, in funzione di quella ‘verità’ che manteniamo nascosta, in quanto rivelatrice del nostro essere segreto, e che nello sdoppiamento in essere ha nome ‘paura’.
Una maschera quindi, una delle tante che indossiamo in certe età cosiddette ‘di passaggio’: dalla pubertà alla fanciullezza, alla giovezza, e che spesso scompaiono con la maturità. Salvo a ripresentarsi come fantasmi senza volto negli anni della senilità, e che solo l’entrata nella vecchiaia mette definitivamente da parte. Tuttavia i due soggetti continuano a sopravvivere nell’unicità che pur siamo, in quanto entrambi co-protagonisti, "l’uno e l’altro", della vita che viviamo: elemento centrale del nostro infinito essere ...
Per quanto “..con la sua scrittura – scrive Flavio Ermini – R. M. Rilke si assume il compito di posare lo sguardo sul lato umbratile dell’anima, al fine di nominarne la natura. Ciò avviene grazie a una nominazione che non pretende luce, bensì ‘sottomissione”. (*)
Metaforicamente parlando, l’estemporanea ‘veridicità’ di un possibile dualismo delineato da Ranieri Teti in “Entrata nel nero” svolge qui entrambi i ruoli dell’ “uno” e dell’ “altro” come in simbiosi, rivelando con forza l’ ‘ermeticità dell’ombra’ dell’uno, e l’ ‘esternazione poetica’ dell’altro. Il conflitto, se di conflitto si tratta, è per così dire, giocato sulla scacchiera ‘a pezzi fermi’, dove lo specchio rigorosamente nero dal quale osserviamo non senza un certo distacco, riflette al contrario di ogni situazione possibile regressa, senza esclusione di colpi. Pertanto ogni mossa all’interno dei riquadri è solo presunta, verosimilmente vincente o perdente da parte dell'uno e/o dell’altro, e che l’autore codifica in …
“quel riflesso nell’astensione tra ascesa e attese / l’entrata in nero dall’ultima riga mormorata”. [...] “con il pretesto del buio nello svanire delle posizioni / il lato minore della notte è un ripiegare di difese // nel respiro delle fondamenta vive / la biografia dell’oscurità”.
Lo si direbbe un gioco: “..quasi un richiamo dalla parte dell’eco” ma non è così. Se soltanto lo fosse non avrebbe alcun senso parlarne, la realtà attraversa invece ogni riquadro ‘bianco’ e ‘nero’ dell’ideale scacchiera sulla quale Ranieri Teti ha costruito il suo edificio poetico-narrativo, mettendo in contrapposizione rispettivamente la ‘luce’ e il ‘buio’, nella possibilità di cadere nell’incertezza della scelta …
“nel precipizio in equilibrio sui crinali di un’attesa uguale al ‘nero’ che vive nella ‘luce’ del giorno”.
Come dire che il ‘nero’ accoglie in sé tutte le sfumature che si attribuiscono ai colori di una tavolozza abbandonata dal pittore, cui una minima sorgente di luce, seppur lontana, li risveglia nella loro essenza di tinte, nella gradazione della loro intensità coloristica …
“tutto quello che è nascosto e grida / in suoni sordi nel loro ritrarsi // al (nel) nero che assedia i colori”.
Tuttavia c’è una parola 'di mezzo' che pur sembra latente nel verso poetico di Ranieri Teti, in cui egli afferma: “il tempo che passa da una parola all’altra”, quasi una 'assenza' ingiustificata, compresa nel “punto che moltiplica le differenze”. Giustificazione che è invece presente nel gioco che Artur Rimbaud introduce nell’accostare ai suoni vocali i rispettivi colori: “A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, io dirò un giorno le vostre nascite latenti” (**).
Parola che Ranieri Teti sostiene, se … “respirata più volte si allontana / la destinazione che diserta nel suo contrario", […] e che essendo “senza fondamento nella densità del vuoto / a riva di continente o corrente di strada // amplificando suoni visioni aria che ingoia / lo stesso grigio che traduce un crollo / di nuvole a dirotto nel buio innumerevole”.
Buio - egli aggiunge - “dove tutto è qui tutto essendo altrove […] nient’altro che baratro offerto a chi è deserto / e abbia anche la bocca che divora la voce […] in ripetizioni differenti a ritrarsi / tra ultime porte la memoria delle cose” […] qui non ha colore il rovescio dell'onda / né profilo la costa guardata dalla notte".
Ed eccola la parola smarrita, era lì, impigliata nella chiusa finale, giunta “da vasta terra per rive lontane a un arrivare / alla casa d’erranza radice inabitabile / dove possedere stretto un non avere // quando nella pienezza è radicata l’assenza // aver custodito una chiave fino allo smarrimento”.
L’autore:
Ranieri Teti, co-fondatore e responsabile del Premio Lorenzo Montano, è curatore del periodico on-line “Carte nel Vento”, sul sito www.anteremediziponi.it. Figura di spicco nella direzione artistica del Festival annuale VeronaPoesia è inoltre presente in numerose antologie e in volumi ad essa dedicati, per la quale opera con costante impegno e sollecitazione.
Note:
(*) Flavio Ermini, “Rilke e la natura dell’oscurità”, Edizioni AlboVersorio, 2015 (**)Artur Rimbaud, “Vocali”, in “Meridiani”, Mondadori 1990.
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