Questo è un POV dai piedi della notte
alla cima della barca nella china schizzata
dagli scogli. Contavamo su di loro.
Ci prese un tale inchiostro che i lumi
si accesero a ragione, ma è l’emozione
dell’ignoto che regge gli orizzonti che
in un dato momento sono la piazza
con i più comuni accessori: le panchine
nel raggio di un quarto di luna.
Una degradazione del buio, disse lei,
che fa immenso l’universo ridotto in chiaro.
L’alba riallinea, cambia l’atmosfera
in punti precisi del locale.
Il profilo dei promontori somigliava alle nocche
sbiancate che distendono le increspature
del golfo. Appiattito e per niente riscosso.
Le ha disegnate pachamama come poteva
e noi stiamo esagerando con la gomma: cancelliamo
cancelliamo, ma sono i residui che ci spazzano,
sussurrò, prevedendo quanto avrei scritto oggi.
Annuii: le femmine vedono oltre i maschi,
perché i loro occhi e il loro respiro arieggiano
il mondo, penso, come la brezza
per non cambiare genere.
Vista da qui, infiamma l’ora e se la squaglia
in un minuto ignoto. Un richiamo al giorno.
Parlò con quel tono strascicato da pescatore
che dava la sveglia ai cefali malaccorti
rimasti muti nonostante la pastura
abbia il sapore del tradimento. L’inganno
è una porzione d’amore, non tisana.
Eravamo giunti all’ultima rotonda
che immette sulla piazza in esubero
di posti - il posto preso a caso
è un volume comunque, benché poco
letto seduta stante, a mezza voce
suggerisco che il lungomare ormai
è solo libreria dell’apprendistato in erba
che non si cura di noi, anzi, cura
la libertà di crescere con distrazione.
È passata l’alba tenuta al paradosso.
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