Ho pronunciato il nome consapevole
che nessuna voce diventa presenza
se la fonte rimbalza a caduta, ma l’eco
si ostina a tirare la coda all’udito.
È tutta farina del mio sacco.
È quella con la quale impasto frammenti
e il turno di notte sforna bocconi amari
senza alcuna reticenza.
La memoria è un panificatore che ti lascia
a stenti. E tu che usi la solitudine
come pala che gira e rigira
diventa farcitura, stringi i denti
perché il morso non ti sfugga di bocca.
L’eco che risponde alla distanza
rende le parole accidentali. Non si pronuncia.
Eppure ha tutte le voci, come ricordo.
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