Pubblicato il 05/03/2008
La mia, cari signori, non vuol essere una giustificazione, che non posso e non voglio darne, ma è la ricerca ad alta voce di un senso. Come tutte le principesse ho vissuto, sin dal principio, in un “paese lontano - lontano”, cosa sommamente scomoda, come immaginerete, visto che non è segnato sulle carte geografiche ed è così “lontano – lontano” che nessuno viene mai a trovarmi. Oltre tutto, nella mia terra, non si coltivano piselli, tale è la paura di ritrovarseli sotto il materasso e soffrire d’insonnia. E, come se non bastasse, non sappiamo mai che ora è visto che, in base non so a quale cretina superstizione, sono stati messi al bando tutti i fusi, compreso quello orario. Scusate, mi sto perdendo in digressioni. Dunque… dicevo che abito in questo paese e, da brava principessa quale sono e fui, ricevetti a tempo debito la visita dell’immancabile strega, la terribile Coscience. Così fu che ricevetti la mia prima, vera maledizione e mi misi ad attendere il Principe Azzurro. Ovvio che nel frattempo non conobbi uomo, in senso biblico e letterale. Le mie damigelle ciarlavano, notte e giorno, di robusti cavalieri e dolci paggi ed io, da vera Principessa di sangue blu cobalto, commiseravo le poverine. Esse non avrebbero saputo mai quale fosse il vero amore: un amore paziente che sa attendere, un amore intransigente che vuole tutto o niente. Nel frattempo, però, mi annoiavo a morte e, oltre tutto, mi irritava un po’ sentire tutti quei discorsi: anche le principesse hanno un cuore… e con tutto il resto intorno! Quindi, pensai di superare l’empasse mettendomi a dormire. Nel frattempo sognavo il mio bel principe. Così venne il gran giorno: mentre sonnecchiavo beata mi parve nel sonno di sentire uno strano rumore ed un leggero puzzo di diesel, poi lo scatto di una portiera. Era Lui, appena sceso, azzurro come non mai, dalla sua fiammante “Ritmomilleeseiturbodieseltuttiglioptionalchiaviinmanorivalutiamoiltuousato”. Mi si avvicinò e, prima di ogni altra cosa, mi colpì il suo inconfondibile profumo “per l’uomo che non deve chiedere mai”. Lo guardai, mi guardò. Gli dissi: “Beh, che è quello sguardo ebete ed un tantino lubrico?” Risposta (con ammiccatina ahum, ahum): “Ho fatto l’amore con Control!”. Adesso credo sia possibile trovare il senso della mia reazione, capire perché, dopo aver scritto con la vernice rossa sulla capote della sua ritmo “scemo, maschio fallocrate”, sia andata nel fienile con lo stalliere delle scuderie del Re mio padre e mi sia data alla pazza gioia. E adesso ho deciso di fare un viaggio: mi trasferisco, armi e bagagli, nel bosco, mi vesto di rosso e vado a cercare il lupo cattivo. Ah, il fascino del perverso!
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