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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Mabel dice sì

Narrativa

Luca Ricci
Einaudi

Recensione di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 26/02/2013 12:00:00

“Mabel dice sì” di Luca Ricci – Einaudi 2012 Ecco un piccolo-grande libro che si legge in un’ora o poco più, un tascabile della collana “L’ Arcipelago” Einaudi che spazza via tanti tomi voluminosi per dire, in fondo, le piccole-grandi cose di cui pure ci si dovrebbe occupare e delle quali invece non ci si occupa mai e che sono il vero sale della vita. Di quelle “vite degli altri” che in certo qual modo ci riguardano da vicino, che ci sfiorano o ci toccano nel vivo del nostro quotidiano, coinvolgendoci nella loro scia e, qualche volta, spazzando via i nostri logori sentimenti di critici impertinenti. Mabel nella scrittura dinamica e scaltra di Luca Ricci è qui a dirci che possiamo anche continuare a vivere nell’ignoranza totale dell’umanità che ci gira intorno, ma che non abbiamo alcun diritto di giudicarla, perché ciò che a noi qualche volta ‘sembra’ non è detto che poi corrisponda a verità, sempre che la verità stia dalla nostra parte. E, inoltre, a dirci che si può essere uguali pur nella disuguaglianza dei pareri, pur nella diversità degli intenti, e che non bisogna ergersi a giudici e frettolosamente giudicare, mai. “Così è, se vi pare” – fa dire Pirandello alla signora Frola e che “Mabel” di Ricci trasforma in “Così è, se vi piace”, con lo stesso distacco ma con la stessa umanità che trova nelle semplici parole dette – che il critico Andrea Cortellessa ha definito “ridotte al grado zero”, e che pure ci danno l’esatta dimensione “dell’inimmaginabile”. Quella stessa ‘verità’ che in fondo tutti noi inseguiamo da sempre e che vorremmo far nostra perché dovrebbe convincerci che siamo nel giusto quando, al contrario, non lo siamo quasi mai. Questa è la tesi che – secondo il mio immodesto parere – dobbiamo altresì smettere di mettere in campo ogni volta per appropriarci del ‘presente’ e trascinarci in un futuro che non ci appartiene, perché nel giudicare gli altri ci limitiamo a non giudicare noi stessi e non facciamo della nostra vita “quell’opera d’arte” che Mabel, a suo modo e in tutta libertà, ha deciso di “fare” della sua, e che a mio parere le riesce benissimo. Mi permetto qui di aggiungere una massima che il grande sociologo Zigmunt Bauman ha scritto nell’incipit di un suo libro: “La nostra vita è un’opera d’arte, che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no …”, a cui mi permetto di aggiungere “… e che ognuno deve sentirsi libero di ‘spendere’ come più gli piace … che noi lo vogliamo o no”.


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