Memoria e verità di un plurale femminile nella poesia di Rosa Rivelli
E’ dedicata alle sue sorelle, donne come lei, più o meno fortunate e dalle piccole gioie desiderate o derubate questa raccolta poetica, con cui Rosa Rivelli inizia il suo cammino poetico condiviso.
La sua poesia germoglia tra i tanti silenzi di vita, tra quei graffi dell’interno che tante donne mogli/madri/bambine si portano dentro, in questa società in cui vive imperante il mito carnefice del “maschio” (del dio Maschio) inventato dai maschi perché “non c’erano donne/ quando un’allucinazione concepì/ senza orgasmo il suo condannato”, colui che con l’imbroglio e la menzogna, con la prepotenza e la forza ha derubato per sempre la loro gioia del cuore “mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie,/ nessun essere si immagini/inchiodato nudo di abbandono”.
Resta in ascolto Rosa Rivelli. In ascolto di un mondo che la circonda fatto di storture e sofferenze, mancanze ed assenze, imparando a riconoscere “l’odore della belva/ pronta ad azzannare”, senza dimenticare “la luce del sole nell’azzurro/ che si è appena svuotato di neve”.
C’è denuncia dentro i suoi versi, richiesta di attenzione e di rispetto per quella dignità “femminile plurale” presa a morsi dalla vita, ma anche bisogno forte di sorellanza, di richiamo alla tenerezza, alla bellezza rarefatta e onirica del sognodai gesti semplici e rari, come semplice e raro è il titolo altamente poetico che dà voce all’intera raccolta.
Di seguito due poesie tratte dalla plaquette “Luna bianca al mattino”:
*
Neppure un titolo
Tragica castità vestita di nero
spinge artigli
su corpi bambini.
Infuria la pazzia
del possesso che uccide,
spaccato d’obbedienza coatta.
Orfani di rivolta
tacciono i burattini
del solo dio maschio inventato da maschi.
Non c’erano donne
quando un’allucinazione concepì
senza orgasmo il suo condannato.
Mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie,
nessun essere si immagini
inchiodato nudo di abbandono.
E fate e incantatrici e primule
tornino a spuntare
nelle aurore rosate degli incavi di donna.
*
Sorridile ancora salice
Imparò a riconoscere l’odore della belva
pronta ad azzannarle l’anima inquieta,
e a decifrare indizi di realtà
e maschere del desiderio fatuo.
Rimestò fango in un acquitrino muto
e prestò occhi alle mani
che avevano pescato fiori di loto.
E pianse quando si accorse che
non era inverno
ad abitarle il cuore.
E così piantò un ramo di biancospino
nel corpo rugoso di un vecchio albero
e attese senza fretta il cambio di musica.
Aveva raffinato i sensi
e colto la sonata dei salici che ridono
Rosa Rivelli, Luna bianca al mattino, Collana di Scritture clandestine stampate a tiratura limitata e numerata, a cura dell’Associazione Culturale LucaniArt, Ottobre 2012
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