*
È mezzanotte. Ho bevuto e
contro la tristezza il metro inciampa.
Io t’amo, traditrice che serbi
i cocci della mia immortalità.
Sai che ti dico? Toccami, infedele.
A te, fantasma del mio corpo,
a te argentaria, fiera
delegata dello spirito, depositaria si
di un vestigio eterno, zufolatrice,
Signora, a te io mi sacrifico.
Fammi scrittore salvo
se non reputi furente, troppo,
l’amplesso della mia calligrafia.
*
Per caso, se un mattino, all’alba
puoi figurarti il cielo a scala
tutto abitato da sapienti mondi,
e nel giardino udire piante
che riflettono o pietre sul sentiero
intelligenti o spiriti che insegnano
nell’aula di una selva, allora
làsciati pur prendere per pazzo e
gètta giú i tuoi libri dalla rupe.
Davanti alla tua casa, sulla soglia,
un ospite ti attende. Ti osserva
un viso sottinteso, contro il muro.
Ti chiama, ti saluta. Cos’è,
un fidanzato? Non lo sai. Ma
tremando ti arrendi a quell’invito.
*
Dietro a lui cammini dentro l’erba,
sospeso. Tuona. Fa vento. L’Insigne
ti somiglia. Come un uccello
di garbo inaccessibile spicca il volo be
dal colle della tua povera elegia.
L’ambasciatore disteso sulla coltre
della terra, tinto di cinabro,
percorre il cielo della sera.
Cosparso di piume il tuo balcone,
ti rapisce. Quando seduti a cena,
dono del buio trapela la sua luna,
prende forma l’Invisibile, parlando
come da altissima montagna.
[ da Gli ospiti nascosti, Gian Piero Bona, Einaudi ]