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La partenza intelligente

di Alfio Cataldo Di Battista
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Pubblicato il 27/06/2010 23:29:14

Claudio si fermò in una specie di piazzola di sosta lungo la superstrada che di super aveva ben poco. La calura era insopportabile e quando vide l’ombra di quella pianta solitaria che stava in una rampa d’uscita abortita come molte opere pubbliche del sud Italia decise che sarebbe sceso dalla macchina.



La camicia azzurrina era tutta bagnata, le si era attaccata sulla pelle.

Se la tolse e rimase a torso nudo ad inseguire il suo sguardo verso la valle dove un gigantesco invaso d’acqua faceva venir voglia di tuffarsi.

Leggere folate di scirocco asciugavano il sudore sulla sua pelle dandogli una sensazione di fresco che lo ristorava più di quanto avrebbero potuto tutte le parole di buon senso del mondo.

Lei non era più con lui che se ne stava lì appoggiato ad un paracarro cercando una ragione per non tornare in città.

Rita era partita una settimana prima per quel dannato villaggio turistico all inclusive, lui l’avrebbe raggiunta dopo, non appena terminato il lavoro che doveva consegnare.

Si erano sentiti al telefono la sera e ogni volta lui aveva ascoltato il rosario delle cose che sua moglie aveva fatto. Il risveglio muscolare, l’acquagym, i sospiri per la sua assenza e tutto l’armamentario della moglie ansiosa che aspetta, come se non sapesse che prima del venerdì successivo non ce l’avrebbe fatta.

Fece di tutto per liberarsi prima, così il giovedì alle dieci in punto era in autostrada diretto a sud soddisfatto per la sua partenza intelligente che gli avrebbe evitato le code bibliche del fine settimana.

“Adesso le telefono e le dico che sono già in viaggio” pensò previdente.

“Ma no, meglio di no, poi si preoccupa. Gli faccio una bella sorpresa!”

Aveva almeno altre dodici ore di viaggio da fare ma la cosa non lo dispiaceva, la vacanza era appena iniziata il lavoro l’aveva finito in anticipo e si sentiva libero come un biker on the road sulla mitica route 66.

Erano appena passate le undici e mezza di sera quando esausto depositò i bagagli davanti al banco della reception del villaggio. Dopo qualche minuto arrivò un ragazzotto in t-shirt e bermuda così magro che pareva avesse i vestiti appesi addosso, schioccava le ciabatte sul pavimento.

“Buona sera signore, posso aiutarla?”

“Ecco il voucher della prenotazione, mia moglie è già qui da qualche giorno in quale camera alloggia?”

Lui scorse i documenti armeggiò sulla tastiera del computer e gli rispose. “Camera 321, l’ascensore è di là in fondo a destra”

Claudio annuì con un cenno del capo e seguì l’indicazione del ragazzo.

Salì al terzo piano e si diresse verso la camera leggendo le indicazioni ben evidenziate su una targa appesa al muro.

Stava per bussare sulla porta quando la sua attenzione fu attirata da certi gemiti inequivocabili che parevano provenire dall’altra parte della parete. In un attimo il pensiero balenò alla velocità della luce verso scene che il suo istinto rifiutava di focalizzare ma loro spingevano per entrare nella sua mente.

Tornò giù nella hall con tutta la calma e la freddezza che la circostanza gli permetteva. Chiamò il ragazzo e gli chiese se poteva dargli il pass-partout, non voleva svegliare sua moglie, quindi tornò immediatamente su.

Infilò la card nell’apposita feritoia ed entrò. La cruda conferma lo umiliò.

Si sentì come se avesse un frullatore in testa che faceva a pezzi la sua vita.

I gemiti venivano proprio dalla sua camera, solo che non era lui quello lì.

Non si accorsero neanche della sua presenza, lui intravide nel buio della camera dei glutei bianchicci e irsuti che si dimenavano sopra quelli della moglie estasiata dal piacere. Se ne andò senza far rumore, afferrò la sua valigia lì davanti all’ascensore, riprese i suoi documenti, la sua macchina e ripartì.

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