La poesia non ha mete.
Quando arriva è sempre una nascita"
(Marina Minet)
Si inoltra nei labirinti e nelle pieghe più remote dell’animo umano la poesia di Marina Minet, che con la parola poetica scandaglia in un vortice impetuoso e dirompente ogni anfratto, ogni trama della coscienza, ogni cosa fittizia mascherata a nuovo, smuovendo e (dis)velando falsità e ipocrisie, maschere e comode verità, “le carezze senza tatto e le virtù/ disseccate sotto il sole” ostentate senza etica. Si vive infatti senza più speranza di salvezza, “siamo crepe senza santi” scrive in un bellissimo verso della raccolta, a sottolineare la brutalità di parole e gesti svuotati e privi ormai di qualsiasi pietà o grazia.
E’ una poesia scomoda quella di Marina Minet che non ha paura di puntare l’indice contro un mondo che ci piega a suo volere e piacimento e contro chi si lascia modellare per comodato o quieto vivere.
Ed è in questo rifiuto che la sua poesia diventa poesia della “resistenza”. Di una resistenza interiore che non lascia pace, né silenzio al verso, che non perdona alcuna resa, alcun compromesso“stringendo ancora umanità fino a morirne”.
C'è nei suoi versi il coraggio di virare dove l’acqua è alta, in bilico, un dibattersi senza posa, accettando un destino da percorrere per intero, tra luci e ombre, sentieri scoscesi e impervi. In territori della coscienza desolati e disabitati, dove la vita sembra farsi prossima alla morte e dove la parola muore e rinasce, si reinventa “a rotazione”, assetata fino all’inverosimile di umanità e vita.
Di seguito due poesie scelte, tratte dalla raccolta "Onorano il castigo":
*
Con le parole
Non piangete la mia morte se accadrà
io la vedo tutti i giorni e mi deride
liquidandomi dai giorni la speranza
del riposo (mai sfamato)
Affidatemi di cenere ai n u r a g h i
culla e madre del buon vento
nascerò
dipanando la pietà fino a sentirla
pane in debito lontano.
Scavalcando cuore e nome
scalderò la fossa nuova
e di voi saprò l’istinto
l’avarizia – carità devota ai cani
le carezze senza tatto e le virtù
disseccate sotto il sole.
(…)
Non piangete mai le spoglie dissanguate
esaltatene il sollievo, l’ideazione senza gesto
e pregate che mai sia
d’affidarvi nudità con le parole.
(6 novembre 2011)
*
Giusto il tempo
Giusto il tempo di vivere, di essere,
di diventare gloria e niente, pura tolleranza dentro e fuori.
Giusto il tempo d’assistere, di consolare il cielo
e di mostrarlo ai re, come unica fortezza d’infinito.
Giusto il tempo di posarmi, di placare le nubi,
per deviarle adagio nel candore buono dell’attesa.
Giusto il tempo d’amare,
di segnarmi la fronte senza unzioni estreme
delegando il sorriso a un Dio sincero.
Giusto il tempo di osare, d’incontrarmi fiera,
di dare un gesto al corpo
e a tutte le virtù dimenticate.
Giusto il tempo di guarire,
di purificare il fango che al meglio non perdona
consumando il profumo delle rose.
Giusto il tempo di restare, di esibire il cuore
quasi come un figlio, divezzato al ventre come al seno.
Giusto il tempo d’urlare, di spezzare l’ombra della sera
senza poi scappare angosciando il coraggio e i giorni lesi.
Giusto il tempo d’assentarmi, d’inchiodarmi le ali sulle spalle
colme di perché fino a capire, senza condannare.
Giusto il tempo di pregare, di onorare la luce
fino a quando la fatica, trainerà la voce.
Giusto il tempo di credere, di murare il pianto e le paure
stringendo ancora umanità fino amorirne.
(23 ottobre 2011)
"Onorano il castigo" di Marina Minet, Collana Scritture Clandestine, Quaderno n.1 a tiratura numerata, a cura dell’ Associazione Culturale LucaniArt, agosto 2012
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