Quando sarò in un letto d’ospedale
con la flebo infilata dentro un braccio
nel dormiveglia, tra chi starà più male,
ti inseguirò sfilando in motoretta.
Sarò impotente, non potrò volare,
come volavo nei miei giorni andati
ma i sogni miei nessun potrà rubarmi
quelli li ho tutti in cuore conservati.
E scorreranno là, nella mia mente,
inutilmente al letto mi han legato
su quel Vereto in mezzo all’uliveto
io sto correndo libero sul prato.
E guarderò dall’alto la pianura,
le case bianche e i mandorli fioriti
che tutto coloravano il sentiero
che a primavera allora mi hai spediti.
Ricorderò le fughe nella notte
la pioggia che scrosciava e la tempesta
ed anche se m’affogherà il dolore
a te io penserò vestita a festa.
Salvatore Armando Santoro
(Donnas 23.3.2022 – 15:53)
Nella foto: l’appunto che Cesare Pavese lasciò sul comodino dell’albergo torinese dove si è suicidato.
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