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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Sole nero

Romanzo

Marco Righetti (Biografia)
Leone Editore

Recensione di Paolo Polvani
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Pubblicato il 09/11/2012 12:00:00

Nel romanzo Sole nero convivono più generi: il racconto lungo, di cui ricalca velocità narrativa e parametri di lunghezza.

Il frontespizio riporta, appena sotto il titolo, la dicitura – cortoromanzo – che non sappiamo se sia cugino del già citato racconto lungo e in quale rapporto di parentela, o almeno di affinità, si collochi col romanzo, col quale condivide, seppure ridotti in scala, intreccio, numero dei personaggi, respiro, e del quale conserva il tono espositivo ampio, la tessitura della trama, i piani narrativi dislocati in spazi temporali differenti.

 Nel corso della lettura affiora netta la sensazione di essere dentro un film d’azione, con cambi improvvisi della prospettiva, una varietà ricercata di inquadrature, dissolvenze e primi piani si alternano, così come concitati dialoghi e riflessioni private.

Dal fondo della scrittura sembra persino di sentire una colonna sonora che sottolinei i momenti cruciali del racconto.

E in certo qual modo Sole nero sconfina persino nel fumetto, quello colto, d’autore, per certe allucinate raffigurazioni, per certe ardite e stranite inquadrature; per la fissità icastica di alcune allocuzioni, per un fraseggio breve in cui l’accelerazione è finalizzata a tener dietro al passo della storia.

L’incipit del romanzo vede un Frecciarossa tagliare la pianura padana alla velocità raggiunta nel 2022. Tra i tanti generi corre l’obbligo di ricordare che non resta immune il territorio della fantascienza, col racconto proiettato in un futuro che si può toccare allungando appena la mano, quando l’attività solare raggiunge un picco mai registrato in precedenza. Ma forse qui fantascienza non è altro che fantasia applicata alla scienza, a quella che privilegia le energie rinnovabili, col termodinamico in fase di sorpasso rispetto alla tradizionale fonte di approvvigionamento energetico, il petrolio.

Di qui lo scatenarsi di appetiti e incontrollabili passioni.

Si muove a suo agio tra i vari ingredienti una porzione di giallo condita da una fettina di spionaggio internazionale. Righetti fa entrare il lettore nel cuore del racconto con una telefonata notturna al geochimico Federico Loriga. A chiamarlo è il fratello Gian Mario, al lavoro nel pieno del Sahara: una comunicazione criptica e sibillina lo invita a raggiungerlo nel deserto.

I personaggi chiave non sono numerosi, come si conviene a un cortoromanzo.

Che rivela infine una chiara parentela col cortometraggio, film dalla veloce trama, e col documentario, che possiede intenti divulgativi, che documenta appunto una realtà.

Sullo sfondo vediamo agitarsi i sussulti della grande finanza, le neghittosità della politica, gli interessi dei famosi poteri forti, misteriose apparizioni e altrettanto difficili scomparse. E non è esente da mistero il principale personaggio femminile, Alissa, concretissimo asse portante nel plot, sulla quale il noir accende le sue luci per lo sconcerto del lettore.

La globalizzazione certifica una presenza massiccia attraverso un tipaccio inglese dai modi poco british, Carew, lo spagnolo ingegner Fuente, i nomadi del deserto, una enigmatica ragazza giapponese, i viali di Milano, le dune e le rocce del Sahara, la fascia del Sahel, e ancora la laguna di Cabras, Oristano e le sue tradizioni, le feste di Lentini.

Tale ricchezza nell’offerta di generi si traduce in una serie di positive caratteristiche che rendono appassionante la lettura: avvincente quanto basta per rimandare la chiusura del libro al prossimo capitolo, e poi a quello successivo, che immagino costituisca l’aspetto più gratificante, il vero premio, per un autore.

Si rivela ulteriormente interessante perché affonda le mani dentro un tema già attuale e impellente.

Scrive l’autore:

 

- Le macchie solari che ogni 11-12-13 anni lanciano tempeste solari sulla terra e creano piccoli o grandi blackout sono fenomeni certificati dalla scienza, così come sono temi veri la mafia del petrolio (in Algeria è ben presente) e la rete di centrali solari termodinamiche (con specchi riflettenti su una cisterna) che tappezzerà il Maghreb... -


Nel romanzo questa rete si chiama Lightstorm mentre nella realtà il progetto è realizzato da Desertec, un consorzio di 55 imprese internazionali, e sono già all’opera i primi appalti in Marocco e Tunisia. È recente la notizia che nel 2014 inizierà la fase operativa per queste centrali che copriranno l’Africa del nord con una rete di 825 mila eliostati.

 

Ed eccoci finalmente allo svelamento del protagonista effettivo del romanzo: certamente è il dipanarsi della trama ciò che lo rende avvincente, la sua plausibilità, la definizione dei personaggi, il ritmo della narrazione, insieme ad altri fattori.

Ma è la scrittura il reale binario sul quale s’incanala l’attenzione e si accende la passione della lettura.

Ci sono stati periodi storici recenti in cui la scrittura si fermava nella cucina di un ipotetico appartamento del linguaggio, in altri nella camera da letto, in altri sostava nell’ingresso.

In questo romanzo la scrittura ritorna nel salotto buono, torna alla tradizione della tessitura testuale ricca, variopinta, densa, profonda.

È questo che il lettore avveduto chiede: scorrevolezza ma eleganza, ritmo ma corposità della parola.

Una qualità che rivela la provenienza dell’autore dai cieli di una poesia alta, da una dimestichezza con la parola, da una padronanza piena del linguaggio.

Cito a esempio la descrizione contenuta in questo brano:

 

- Dalla finestra vedo transitare una fila di cammelli, evanescenti sullo sfondo dell’altopiano, inconsistenti, irreali.

Qualche esemplare porta due persone, altri seggiolini vuoti. No, mi sono sbagliato, sono tutti occupati, la carovana è al completo, passa esausta e leggera.

Il minuto seguente è un filo di sabbia che si distingue dagli altri, una linea del deserto che si sfila e prende una strada sua, mettendo nell’aria l’odore aspro della pelle animale.

Il blu dei mantelli riga la sabbia nella disumana lentezza del movimento, la carovana ha tutto il modo di comporre un episodio sognato, il contrasto tra le tuniche accese e il giallo scuro delle dune tende a ricomporsi, a sedare ogni ansietà, proclamando l’unione tra silenzio e luce, viaggio ed erranza.-

 

È questa lingua lussuosa, misurata eppure esuberante, che fa di Sole nero un romanzo da leggere e da gustare, insieme con la indiscutibile attualità dell’argomento trattato, con la velocità del racconto. Ma è soprattutto la eleganza della parola che per il lettore esigente fa di questo percorso un luogo di ininterrotta festa.


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