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Hôtel del ritorno alla natura

Narrativa

Georges Simenon
Adelphi Edizioni

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 03/05/2008

Il professor Müller decide di ritirarsi dal mondo “civile” e di riavvicinarsi alla natura, per poter meditare e scrivere il suo libro, va così a vivere su un’isola deserta delle Galapagos, Floreana, accompagnato da Rita, sua assistente ed allieva. La solitudine dei due è ben presto interrotta dall’arrivo della famiglia Herrmann, che il professore tollera appena chiudendosi nel suo misterioso e quasi altezzoso riserbo, che ostenta anche con Rita; sebbene i due vivano nella stessa capanna e condividano lo stesso letto – sebbene al centro di questo campeggi un tramezzo di una quindicina di centimetri – continuano a darsi del lei. A scombussolare la vita dell’isola giunge la contessa Von Kleber, accompagnata da due discutibili “amanti”, uno da lei ridotto praticamente in schiavitù, e l’altro nullafacente ed irascibile. L’idea della contessa è quella di aprire un albergo, l’hôtel che dà il titolo al libro, dove i suoi amici miliardari possano venire, a bordo dei loro lussuosi yachts, a trascorrere una vacanza nella natura incontaminata. Ma sarà proprio la presenza della contessa a contaminare la natura, ella infatti non vuole rinunciare agli agi e alle abitudini della città, inoltre i suoi eccessi mondani fanno riaffiorare pensieri e desideri che la guida dell’ascetico professor Müller sembrava aver fatto dimenticare agli abitanti dell’isola, mentre invece erano solo pensieri sopiti. In particolare Rita, si ritrova a ripensare alla sua vita sentimentale ormai completamente annullata. La contessa organizza frequenti feste nella casetta che si è fatta costruire sull’isola e passa il tempo ad ubriacarsi, a tormentare i suoi accompagnatori e a cercare di sottomettere gli sparuti abitanti dell’isola. L’unico ad opporsi fermamente ma molto civilmente alla contessa è il professor Müller, che, tra l’altro, la mette in guardia del grave problema della mancanza d’acqua. Piano piano gli eccessi della contessa diventano l’unico argomento di conversazione fra il professore e Herrmann, il quale giunge ogni giorno alla capanna del professore per raccontargli gli ultimi “pettegolezzi”, alla capanna giungerà anche uno degli amanti della contessa reso folle dalla malattia e dalle continue angherie di questa, egli vuole assolutamente andarsene per salvare la pelle. La siccità farà da giustiziera: la contessa e il suo compagno, stremati dalla mancanza di acqua e di viveri e ormai consapevoli che nessuno dei famosi amici miliardari verrà a portare loro viveri ed acqua, un giorno spariscono, preferiscono suicidarsi che ammettere la sconfitta. Dopo di loro altre morti e altre partenze faranno degli Herrmann gli unici abitatori dell’isola, insieme alla fauna selvatica. Il libro è narrato con mano felice dal grande scrittore, lo stile è spesso austero ed asciutto, ma riesce ad evocare benissimo le atmosfere torride e primigenie dell’ambientazione, inoltre con pochi particolari perfetti ogni personaggio è descritto in modo mirabile. Prima del finale del romanzo, Simenon ci descrive un tramonto con un lirismo che emoziona; l’epilogo della storia è narrato con un cambio di prospettiva e chiude in modo conciso ed elegante la narrazione. La vicenda, tratta da fatti realmente accaduti, è la risposta a tutti quelli che pensano che basta ritirasi in un luogo sperduto o selvaggio per trovare la felicità assoluta, in realtà non è così, soprattutto se si pensa che la Natura si piega ai nostri desideri, essa sa essere inesorabile con chi non la tiene nella giusta considerazione. Anche perché, come appare nel romanzo, togliendo dalla visuale della vita tutti i fronzoli della società bisogna per forza guardare diritti dentro di noi e fare i conti con quel che vi si trova. La Natura esige rispetto, sia per quanto riguarda l’ambiente e il sapervisi adeguare, sia perchè non ammette bugie, nemmeno quelle raccontate a sé stessi.

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