Pubblicato il 29/02/2012 14:46:20
a cura di Giorgio Bonacini
Ho letto le sue poesie "Il sogno e la sua infinitezza", sono versi che danno voce e scrittura alle infinite possibilitā di affondare con l'intuizione pensante, di cui solo la poesia č capace, in un mondo fisico, naturale, fatto di tutto ciō che c'č. Ma che non č ciō che normalmente appare, non č semplicemente un prendere su di sé, con i propri suoni, le proprie significazioni, una veritā palpabile, naturalmente data. No, questa sua incursione dentro questa "bella d'erbe famiglia e d'animali" come scrive Foscolo, č propriamente un ri-percepirne l'essere e la memoria, in ogni "vocalizzo-parola" che prende musica e unisce i gesti che rendono concreto il dire. Perché l'attraversamento del reale in scrittura di poesia non si dā cosė, spontaneamente, ma deve farsi carico dei ricordi posseduti dall'acqua, dalle rocce, dall'erba, dal respiro che ne coglie la dolcezza e dall'intelletto che ne struttura la forma e la sostanza. E nel suo bellissimo inizio,"Non che io conosca la geometria dell'aria", che ci dice, con tanta umiltā, l'impossibilitā di conoscere totalmente una forma di senso (la geometria), essendo l'aria materia sensibilmente mobile, ma in ogni caso sa che una geometria c'č. E non l'abbandona. Infatti ritorna in una "geometria di sguardi" e in una "geometria del fango". E in fondo, allora, conoscere, vedere, toccare, come insetti: con necessitā e con il poco che serve. Questa č la poesia: una conoscenza che ritorna si rinnova sempre, fedele a un sentimento intellettivo che"come lume /.../ristora la tenebra". Correggio, 29/02/2012 Giorgio Bonacini
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