Quella danza selvaggia entrò, passo dopo passo, un pugno in faccia.
Ho perso tempo – una, due e ancora un’altra volta – Cancellate quella versione,
vi prego.
C’è la luna nel salone – la vedi?
Una luce nel riflesso – osservo col binocolo la recitazione.
In fondo a sinistra, dietro l’angolo, prima dell’attaccapanni,
finalmente, lì seduto, lui appoggiò l’anima
sulla spalliera della sedia.
Lui, in piedi, Lei a parlare, l’uomo invece era pronto a sparare.
Chissà dove nascondeva tutte quelle armi
o perché le portò a casa mia, mi chiedo…
«Vado di fretta», disse…
– la sceneggiatura cinematografica –
Dove avete nascosto il cadavere?, urlava in testa la donna.
Ogni giorno una nuova follia sulla riga del copione,
la ragazza dalle bretelle pronta per combattere
Sta facendo gli esami, adesso torna indietro,
chiede di entrare nel racconto di Iosif
Il titolo è appeso sull’appendiabiti
accanto al cappotto grigio dai bottoni quadrati,
la sceneggiatura restò aperta
tra le mie braccia.
Le mie mani divelsero scure sopra il suo golf nero.
L’assassino degli occhiali restò lì fermo, impassibile,
davanti a me per ricordarci.
che gli sguardi non hanno parole per mentire.
Proprio dietro i suoi cristalli lui ci guardò.
Ritornerei a quella scena,
scommetto che l’ha dimenticata – Lo ammetta!
Se la ricorda?
I giorni come i sassi fanno finta di scontrarsi l’uno con l’altro davanti al mare,
vengono spinti in riva
nonostante da lontano si senta il rumore
di quella guerra
Il regista ha finito il suo lavoro.
C’è un giardino che cresce dentro questa stanza,
glielo dica a quel malvissuto: «Provi a trovarla,
se l’aspetta fuori, lei se ne andrà,
uscirà dalla scena».
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