Breve la vita per buttarne. Certo
la si può vivere di matematica
ad essere perfetti.
Dai numeri è richiesto. Ma noi
riusciamo a trattare gli altri
come numeri, credendoci ben altro
- in più o meno - Usando
impropriamente radici
ed ennesime potenze. Ritmi
troppo logoranti e tangenziali
troppo distanti dal centro.
E il fulcro ne risente.
Con preferenze di operazioni
moltiplicazioni e somme
in casa propria e, per l’altro mondo
sottrazioni e divisioni;
o di storia, al rogo i restanti
in personali fasti;
geografia, col proprio fertile terreno
nel deserto altrui;
o di tutto il resto: io dottore
e pazienti gli altri, vicini e distanti.
È sotto tutti gli occhi
… telecamere comprese!
E penso al vivere di poesia
dov’è inutile ogni verso
senza suo fratello, ché nel insieme
trova il suo senso.
Dove si stringono patti esclusivi
a stretto contatto
ma, d’adiacenza e lontananza
partecipano tutti
alla stessa singolare
e inimitabile poesia.
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