“Il libro vero parla sempre al momento giusto. Lo inventa lui, il momento giusto; con il colore della parola, con la singolarità della battuta, con il piacere della scrittura” - scrive Ezio Raimondi in “Le voci dei libri”, ed è così. Avviene tutto per sintesi, addirittura potremmo dire per simbiosi, data dalla necessità interiore che ci fa stendere la mano verso un libro e non un altro. Perché è proprio quello di cui necessitiamo in quell’istante e che funge da richiamo. Così accade per il colore o la mancanza di colore di quella copertina, della grafica che ci cattura lo sguardo, ci lusinga, ci abbindola. Quante volte abbiamo aperto un libro e scorrendo le sue pagine ci è sembrato di aver trovato proprio quello che volevamo leggere, o magari, solo sentirci dire? Ogni libro ha un suo odore, non è forse così? Poco dopo che lo maneggiamo, riconosciamo nella carta e nell’inchiostro un sottofondo odoroso che lo fa nostro, per cui sappiamo dire finanche dove siamo arrivati a leggere senza l’uso del segnalibro. Altre volte, rammento, di aver sfogliato un libro e averlo subito riposto, perché non lo sentivo adatto a me; oppure averlo ricevuto in regalo e messo via, nel limbo delle attese. Come dire, in stand-by, aspettando il momento migliore per leggerlo e che talvolta è arrivato dopo anni, che quasi non rammentavo neppure di averlo. Invece era lì, come è detto in apertura, aspettava il momento giusto, per imporsi alla mia attenzione, e accipicchia, quante volte l’ha spuntata Lui, il Libro e devo ammettere che ‘in qualche modo’ mi ha cambiato la vita. È accaduto con “Pinocchio”, “Cuore”, “Tre uomini in barca”, e con “Bel-Ami” quando ormai avevo l’età giusta, con “La luna e i falò”, “I fratelli Karamazov”, “Il Maestro e Margherita”, e tantissimi altri. Ma il grande libro che più mi ha conquistato, e che è quasi stupido citarlo, è stata “La Divina Commedia”, a seguire “I promessi sposi”, “Iliade” e “L’Odissea”, “Don Chisciotte” e poi “L’interpretazione dei sogni”, “L’idiota”, “La nausea”, “L’odore dell’India”, “Cent’anni di solitudine”, “Memorie di Adriano” e immancabilmente e irrimediabilmente “La Recherche” di Marcel Proust. Quanti altri? Tantissimi, che per uno come me, che legge anche il biglietto del tram, non basterebbe questa recensione per elencarli tutti. Ma forse avrei dovuto citare, oltre quelli degli scrittori, i nomi dei poeti che dopo Dante si sono susseguiti instancabilmente nelle mie letture: Leopardi, Pascoli, D’Annunzio, Marinetti, Pasolini, Ungaretti, Neruda, Hölderlin, Kerouac, Carver, ecc. ecc. O forse i grandi saggi ... Chiedo scusa, smetto subito di tediarvi. Fatto è che mi è capitato più volte di aprire un libro e “trovare”, quasi come un trovarobe di teatro, qualcosa che in verità non stavo cercando ma che, guarda caso, era esattamente quello di cui avevo bisogno. A dircelo è il curatore di questa intelligente e originale raccolta Romano Montroni, la cui idea di mettere assieme, per quanto diverse, le esperienze letterarie di cento scrittori, giornalisti, compositori, attori, più o meno conosciuti, più o meno lettori, più o meno impegnati. I quali, hanno dato fuoco ai loro ‘segreti’ librari, lasciandosi scoprire in attitudini letterarie inconsuete e, in qualche caso, inaspettate e, “con generosità hanno accettato di condividere emozioni, sensazioni e pensieri nati dalla lettura”. Inutile dire che la geniale idea non poteva che venire a un esperto del settore librario quale è Montroni “un uomo che dei libri ha fatto una delle ragioni della propria vita”, il quale, con questa raccolta, ci propone anche qualche ripensamento, ad esempio, affiancando pareri diversi di uno stesso libro; ri-proponendo alcuni libri “secondi” destinati al dimenticatoio e che, guarda caso, vale invece la pena di riscoprire. Inoltre ci sono libri di cui, personalmente parlando, non conoscevo l’esistenza, perché forse il loro odore, il loro colore, il loro ‘essere’ essenzialmente lontani dai miei interessi, a suo tempo, non mi avevano attratto. Ed ecco un altro termine di raffronto, l’attrazione, il fascino, la seduzione e l’incanto, lo scherzo intelligente di esistere eppure di nascondersi a noi cercatori d’oppio letterario che, stanchi, lasciamo talvolta al caso di offrirci le sue leccornie passate. È il caso de “La gola”, “Il profumo”, “Follia”, “Ritratto dell’Artista da Saltimbanco”, di cui, forse, non troverete notizia neppure in questa raccolta ma che pure consiglio di leggere per la loro ricercatezza e nascosta seduzione. “Un libro fatto di libri” quindi, che riapre una discussione sempre in corso e mai conclusa, sulla lettura e sui lettori, nel momento in cui i mezzi, gli scrittori, gli editori, i lettori, stanno cambiando con il cambiare della società e dei suoi interessi. Fa colpo trovare lo “Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana”, proposto da Cesare Bartezzaghi, nel momento in cui la ‘lingua’ sta perdendo e acquisendo connotati talvolta controversi. O “L’arte della cucina moderna” proposto da Allan Bay, quando ormai sembra non si parli d’altro ma che forse torna utile per contrastare le ‘stupidità’ di certi programmi televisivi, improbabili quanto inutili. Interessante è dir poco l’enunciato di Ginevra Bompiani che in “Vari” ipotizza quanto segue: “Se i libri non ti cambiano la vita, certo la fanno. (..) Direi piuttosto che i libri ti costruiscono la vita, la ondeggiano, la sprofondano e poi la sollevano, come un sentiero in cresta fra le colline. (..) I primi libri, quelli letti da bambino, le danno la patina l’illusione specifica. (..) I libri letti da ragazzi non hanno autore, sono sottomarini anonimi che colpiscono e affondano la corazzata bambina. Non c’è difesa da loro, non c’è protezione. L’emozione e la cattura sono totali. (..) L’emozione non ha sempre a che fare con la qualità, piuttosto con la forza. Quando si invecchia, si scopre che l’emozione è una forma di malattia. Non sempre si guarisce, ma quando la malattia si spegne, si rimane svuotati, come in una mattina di ottobre, tersa, pungente, senza veli di nebbia, persi in un orizzonte che non ha segreti”. Ed è questa malattia che spesso diventa ‘magia’ capace di stravolgere la vita con le parole. Una ‘magia’ che incanta e che lascia spazio ai sogni, alle illusioni, al canto lirico e alla poesia, quando ottimisticamente “credevamo altresì di trovarci all’alba di qualcosa di nuovo”, quel qualcosa che Enrico Brizzi nel parlarci de “Il giovane Holden” di Salinger, ci ha condotti per mano nella sensazione d’incredulità irreligiosità e diffidenza che ci attraversa tutti. Romano Montroni per primo, forse, ha dato a questa nostra epoca, la dimensione di come davvero “I libri ti cambiano la vita”.