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Equinozio di Primavera / Il rito della Pasqua

Argomento: Religione

Articolo di Giorgio Mancinelli (Biografia)

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Pubblicato il 25/03/2017 07:54:48

Equinozio di Primavera / Il rito della Pasqua
(musica ‘classica’per una festa)

Fin dai tempi più remoti il plenilunio di primavera porta con sé una grande festa stagionale dedicata al risveglio della natura, allorquando si festeggiava con processioni rituali il culto della rinascita andando per i campi ad aspettare il sorgere del sole allorché questi faceva il suo ingresso nel segno zodiacale dell’Ariete.
Il successivo culto cristiano della Pasqua innestatosi su quelli pagani con la morte e la risurrezione di Cristo sembra non aver intaccato il significato preponderante di allora, bensì mescolandosi ad esso, facendone un tuttuno che la religiosità popolare, rendendola pregna, a sua volta, di senso e significati diversi.

Acciò passo a presentare un essai tratto dalla bellissima per quanto drammatica lauda, in forma di rappresentazione, di Jacopone da Todi:

‘Pianto della Madonna’

[Nunzio]
«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo beato.
Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;
credo che lo s’occide,
tanto l’ò flagellato».
[Maria]
«Como essere porria,
che non fece follia,
Cristo, la spene mia,
om l’avesse pigliato?».
[Nunzio]
«Madonna, ello è traduto,
Iuda sì ll’à venduto;
trenta denar’ n’à auto,
fatto n’à gran mercato».
(…)
[Maria]
«O Pilato, non fare
el figlio meo tormentare,
ch’eo te pòzzo mustrare
como a ttorto è accusato».
[Popolo]
«Crucifige, crucifige!
Omo che se fa rege,
secondo nostra lege
contradice al senato».
[Maria]
«Prego che mm’entennate,
nel meo dolor pensate!
Forsa mo vo mutate
de que avete pensato».
[Popolo]
«Traiàn for li latruni,
che sian soi compagnuni;
de spine s’encoroni,
ché rege ss’è clamato!».
(…)
[Nunzio]
«Madonna, ecco la croce,
che la gente l’aduce,
ove la vera luce
déi essere levato».
[Maria]
«O croce, e que farai?
El figlio meo torrai?
E que ci aponerai,
che no n’à en sé peccato?».
[Nunzio]
«Soccurri, plena de doglia,
cà ’l tuo figliol se spoglia;
la gente par che voglia
che sia martirizzato».
(…)
[Maria]
«Et eo comenzo el corrotto;
figlio, lo meo deporto,
figlio, chi me tt’à morto,
figlio meo dilicato?
Meglio aviriano fatto
ch’el cor m’avesser tratto,
ch’ennella croce è tratto,
stace descilïato!».
[Cristo]
«O mamma, o’ n’èi venuta?
Mortal me dà’ feruta,
cà ’l tuo plagner me stuta,
ché ’l veio sì afferato».
[Maria]
«Figlio, ch’eo m’ aio anvito,
figlio, pat’e mmarito!
Figlio, chi tt’à firito?
Figlio, chi tt’à spogliato?».
[Cristo]
«Mamma, perché te lagni?
Voglio che tu remagni,
che serve mei compagni,
ch’êl mondo aio aquistato».
[Maria]
«Figlio, questo non dire!
Voglio teco morire,
non me voglio partire
fin che mo ’n m’esc’ el fiato.
C’una aiàn sepultura,
figlio de mamma scura,
trovarse en afrantura
mat’e figlio affocato!».
[Cristo]
«Mamma col core afflitto,
entro ’n le man’ te metto
de Ioanni, meo eletto;
sia to figlio appellato.
Ioanni, èsto mea mate:
tollila en caritate,
àginne pietate,
cà ‘l core sì à furato».
[Maria]
Ioanni, figlio novello,
morto s’è ’l tuo fratello.
Ora sento ’l coltello
che fo profitizzato.
Che moga figlio e mate
d’una morte afferrate,
trovarse abraccecate
mat’e figlio impiccato!».

La ‘lauda’ mette in evidenza gli ultimi, drammatici momenti della vita di Cristo e si caratterizza per il fatto che l’attenzione, anziché sulla sofferenza di Gesù, è focalizzata su quella della Madonna. Attingendo ai Vangeli, ad alcuni testi latini che avevano già messo in primo piano la sofferenza della Vergine, a rappresentazioni sacre diffuse nel XII secolo in Italia settentrionale e centrale, Jacopone mette in scena una sorta di Passione della Vergine. L’impostazione teatrale di questo testo — con tutta evidenza differente da quelli antologizzati si inserisce nella tradizione della lauda perugina, che si orientava, piuttosto che verso l’ascetismo o il misticismo, nella direzione di una divulgazione del Vangelo e di una umanizzazione dei temi religiosi.

Pagine di musica sublime ispirate al ‘fatto messianico’ e a questo dedicate, sono il risultato di una religiosità popolare davvero sentita nella ricorrenza che qui si vuole testimoniare. Lo documentano le molteplici composizioni celebrative dello spirito cristiano elaborate nel corso dei secoli dai grandi maestri della musica che va sotto l’egida di ‘musica sacra’. Composizioni elogiativo-rappresentative di una devozione popolare mai venuta meno e che hanno alimentato per generazioni la ‘pietas’ cristiano-cattolica dedita alla ‘Via Crucis’. Concezione un po’ tenebrosa questa della ripetizione della Passione di Cristo che caratterizzò tutto il Medievo con i riti della Settimana Santa, comprensivi di ‘lamentazioni’ e ‘compianti’ che avevano il suo culmine nel Venerdì Santo con le sue ‘14 stazioni’ che ricordano i momenti dell’ascesa di Gesù al Calvario.

Una ‘devozione’ intrinseca della Messa, che fin dalla sua primaria concettualizzazione ad oggi, ci vuole penitenti e redenti, o dannati alla pena eterna. Condanna che ancor più abbiamo appreso dall’arte, quanto dalle grandi pale d’altare come dalle pareti affrescate delle Cattedrali. Arte la cui rappresentazione melodrammatica a partecipazione corale si è grandemente espressa tanto in forma letteraria, quanto canora e musicale con frequenti ‘lezioni di tenebra’ per tutto l’Ottocento, al suono vibrante degli organi che hanno inondato la scena religiosa di un sentimentalismo edificante, dovuto per lo più al pentimento interiore suscitato dall’infuocata oratoria dei predicatori francescani, e che ha finito per subissare tutta la produzione musicale pervenuta fino a noi.

Ne fanno riferimento quei componimenti musicali e corali che vanno sotto il nome di ‘Messa Solenne’ (Bach, Haydn, Beethoven, Schubert); le ‘Lamentazioni per la Settimana Santa’ (Lodovico da Viadana); L’‘Oratorio per la Settimana Santa’ (Luigi Rossi); i ‘Vespri’ (Monteverdi, Mozart, Rachmaninof); gli ‘Stabat’ (Pergolesi, Palestrina, Cornelius, Haydn); i vari ‘Requiem’ (Campra, Mozart, Cornelius, Verdi, Fauré); i ‘Te Deum’ (Purcell, Berlioz, Brickner ); i ‘Magnificat’ (Bach, Vivaldi); i ‘Gloria’ ( Bach, Vivaldi ). E, ovviamente, le moltissime altre elaborate da altrettanti musicisti di altissima levatura cone Byrd ‘Missa in tempore paschali’; Handel ‘Il Messia’; la ‘Passione Secondo Matteo’ e quella ‘Secondo Giovanni’ di Bach; le ‘Sette ultime parole del nostro Redentore’ di Haydn; il ‘Miserere’ di Allegri; senza dimenticare le sinfonie di rara bellezza come ‘Al Santo Sepolcro’ di Vivaldi; L’ ‘Officium defunctorum’ di Dufay e di Cristòbal de Morales; ‘Cristo sul Monte degli Ulivi’ di Beethoven; e anche ‘Redemption’ di Franck; eil ‘Dies irae’ di Honegger.

Ma diciamo che quelle appena elencate ‘per il piacere della lista’ sono solo alcune fra le più conosciute, entrate a far parte del patrimonio della musica mondiale. Molte altre però sono le composizioni per così dire più vicine ai nostri giorni e che voglio qui presentare per aprire una pagina conoscitiva di autori e di brani poco frequentati ma non per questo meno ispirati:

* A cominciare da Giorgio Federico Ghedini ed ai suoi ‘Canti Sacri’ nell’esecuzione ‘a cappella’ dell’Ensamble Vocale Tangram contenente brani dedicati facendo uso di ‘mottetti’ e ‘responsori’ di grande respiro sinfonico. Pur nella loro semplicità il compositore sembra qui recuperare il senso polifonico degli antichi maestri italiani ai quali spesso si richiama, nutrendo però le sue opere di uno spirito moderno, asciutto e mai ridondante. In ciò egli si differenzia nettamente da qualsiasi genere di ‘imitazione’ austera o di mero esercizio, sfiorando a volte, quando si tratta di testi popolari, un’aura di grande suggestione, quasi a voler immergersi idealmente nei cliomi sonori dei grandi maestri del passato, per riviverli e restituirli in maniera straordinariamente attuali.

Dall’album ‘Canti Sacri’ di G. F.Ghedini (Tirreno G. Editoriale), leggiamo la seguente laude popolare dedicata alla ‘passione’:

«Dove vai, Madonna mia …
..sola sola per questa via?
Vo’ cercando il mio figliolo,
è tre giorni che non lo trovo.
Lo trovai da piedi al monte,
con le mani legate e giunte.
Sulle spalle la croce aveva,
sangue rosso lo versava.
La Madonna l’asciugava,
l’asciugava con gran dolore.
Oggi è morto il Redentor.»

* Ascoltare oggi Cristòbal de Morales, da molti considerato come il più importante compositore spagnolo di musica sacra e vocale della prima metà del Cinquecento, la strada può sembrare impervia, per quanto abbia scritto almeno 22 messe con varie tecniche di composizione seppur basate sulla melodia liturgica gregoriana del ‘cantus firmus’ in maniera tradizionale. Scrisse inoltre due ‘Messe da Requiem’ e un ‘Officium defunctorum’, nel quale lo stile è tendenzialmente omoritmico, un termine questo proprio della teoria musicale che denota, in un brano polifonico, il fatto che tutte le voci procedono simultaneamente con gli stessi valori ritmici, pur con melodie diverse. L’occasione ci è offerta nientemeno che Jan Garbarek, musicista e compositore norvegese impegnato al sassofono tenore e soprano, attivo nei generi della musica classica e della world music; seguace della prima ora del ‘free jazz’, è considerato un pioniere delle composizioni di ambient-jazz, degno di nota a questo proposito è l’album ‘Dis’ del 1976.

Già nel 1973 però voltò le spalle alle aspre dissonanze del jazz d'avanguardia per buttarsi nelle maglie della composizione ispirandosi profondamente alle melodie folk della Scandinavia. La sua trama, che rifiuta le notazioni tradizionali tematiche a favore di uno stile descritto dai critici ‘di impatto scultoreo’, ha diviso in seguito la critica che lo ha inserito nelle fila degli artisti ‘New Age’, sebbene avesse passato l’esperienza del jazz post-bop come componente del famoso ‘European Quartet’ al fianco di Keith Jarret. È del 1993 il disco ‘Officium’ che la Hilliard Ensemble recupera dal ‘Officium defunctorum’ di Cristòbal de Morales, raggiungendo le vette delle classifiche di vendita in alcuni paesi europei.

Ma che cosa accade di nuovo in questo disco lo dicono gli interventi di Garbarek che danno alla partitura antica, ammesso che le parole ‘nuovo’ o ‘antico’ abbiano ancora qualche significato in questo contesto, un alto valore alla accentuata commistione d’intenti dei due compositori. Qui il sax rivitalizza il ‘cantus firmus’ esaltandone l’ampiezza polifonica, elevandola a quelle ‘altezze’ cui solo la musica sinfonica sacra successiva al Cinquecento riuscirà a raggiungere. Ma attenzione, gli interventi di Garbarek non vanno presi come pezzi solistifrutto dell’improvvisazione, bensì entrano di prepotenza nella partitura corale come voce solista che si esprime, per grazia ricevuta, quale goccia cristallina che sgorga dalla roccia del gregoriano e diventa stalagmite che sale con ardore verso quell’al di là ‘defunctorum’ cui l’officium si rivolge estatico.

Dall’album ‘Officium’ di Jan Garbarek e The Hilliard Ensemble (ECM 1994) è tratto il brano ‘Virgo flagellatur’ dove l’intervento del sax si fa ‘lamentazione’ eccelsa:

«Virgo flagellatur, crucianda fame religatur
Carcere clausa manet, lux caelica fusa refulget:
Fragrat odor dulcis, cantant caeli agmina laudes
Sponsus amat sponsam, salvator visitat illam.
Fragrat odor dulcis, cantant caeli agmina laudes
Gloria patri et filio, et spiritui sancto.
Fragrat odor dulcis, cantant caeli agmina laudes.»

* I ‘Carmina Burana’ costituiscono un corpus di testi poetici medievali dell'XI e del XII secolo, prevalentemente in latino, tramandati da un importante manoscritto contenuto in un codice miniato del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis 4660 o ‘Codex Buranus’, proveniente dal convento benedettino (l'antica Bura Sancti Benedicti, fondata attorno al 740 da San Bonifacio nei pressi di Bad Tölz in Baviera), dove tuttora è custodito. Il termine ‘Carmina Burana’ venne introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto comprendente 228 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con 8 miniature, molti dei quali di argomento moralistico-sacrale probabilmente aggiunti all'inizio del secolo XIV. Mentre gli altri testi toccano argomenti evidentemente molto diversi tra loro, e dimostrano la poliedricità della produzione goliardica. Se da un lato troviamo i ben noti inni bacchici, le canzoni d'amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall'altro emerge un moralistico rifiuto della ricchezza, e la sferzante condanna verso la curia romana, della quale molti membri erano ritenuti sempre e solo dediti alla ricerca del potere.

Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i canti poetici, cosicché si può ricostruire l'andamento melodico solo per 47 di essi. Molti dei canti infatti sono scritti in ‘campo aperto’, ovvero con neumi senza pentagramma, per cui se la melodia è riconducibile al canto gregoriano il problema è quello armonico e ritmico, in quanto manca qualunque indicazione. Portati alla ribalta da Carl Orff nel 1937 che ne diede una versione ‘classica’ basata sulla scia delle grandi opere per orchestra e coro, in seguito ne fu proibita l’esecuzione per ragioni strettamente politiche. Per quanto un'interpretazione certa ed oggettiva sia oggi molto difficile e varie soluzioni possano essere valide, tra i pochi tentativi di una corretta interpretazione filologico-musicale si possono citare lo studio e le incisioni realizzate dal Clemencic Consort, da I Madrigalisti di Genova e dallo Studio der Frühen Musik - Early Music Quartet di Thomas Binkley registrato nel 1964 (Teldec).

* A rendere i ‘Carmina Burana’ appetibili alle generazioni degli anni ’80 ci ha pensato
Ray Manzarek il pianista statunitense noto per essere stato il tastierista della rock band ‘The Doors’, e frequentatore di meditazione trascendentale che nel 1983 ne ha ricavata una versione rock impostata sulla ritmica accelerata degli strumenti, con inclusioni tipiche del jazz-rock. In realtà, sia nelle esecuzioni dal vivo sia nel primo album, grazie alla sua buona tecnica, Manzarek fu anche pianista-bassista, utilizzando un Rhodes Piano Bass, al posto del tradizionale bassista dei gruppi rock e che gli permise l’utilizzo dell'organo sulle ‘ottave alte’, dando alla melodia quel suono deciso e tagliente che gli rese tanta fortuna. Ray insieme a Jim Morrison fu inoltre autore di molte delle melodie alla tastiera della famosa band: oltre alla celeberrima ‘Light My Fire’, vanno ricordate inoltre ‘Riders on the Storm’, ‘The Crystal Ship’, ‘When the Music's Over’, ‘L.A. Woman’ e ‘Strange Days’, divenuti capisaldi di questa band, entrata di prepotenza fra i gruppi ‘cult’ della storia del rock.

Dall’album ‘Carmina Burana’ di Ray Manzarek (A&M Records) leggiamo, questa volta in italiano, il testo rinvenuto nel ‘Codex Buranus’:

Carme 10
« La morte ormai regna sui prelati che non vogliono
amministrare i sacramenti senza ottenere ricompense
[...]
sono ladri e non apostoli,
e distruggono la legge del Signore »
« La

Carme 11
« Sulla terra in questi tempi
il denaro è re assoluto.
[...]
La venale curia papale
ne è quanto mai golosa.
Esso impera
nelle celle degli abati
e la folla dei priori, nelle loro
cappe nere, inneggia solo a lui »

Queste parole dimostrano chiaramente come gli autori di questi versi, i cosiddetti ‘clerici vagantes’, non fossero unicamente dediti al vizio, ma che si inserissero anche loro in quella corrente contraria alla mondanizzazione degli uomini di Chiesa. Tuttavia non sono contro la Chiesa come istituzione divina, anzi, il concetto è dato per scontato in ogni canto. Nessun canto attacca la Chiesa cattolica ma solo i suoi membri corrotti. D'altra parte la varietà di contenuti di questo manoscritto è anche indiscutibilmente ascrivibile al fatto che i vari ‘carmina’ hanno autori differenti, ognuno con un proprio carattere, proprie inclinazioni e probabilmente propria ideologia, non trattandosi di un ‘movimento letterario’ compatto ed omogeneo nel senso moderno del termine. I testi originali sono inframmezzati da notazioni morali e didattiche, come si usava nel primo Medioevo, e la varietà degli argomenti, specialmente religioso e amoroso ma anche profano e licenzioso, e delle lingue adottate, riassume le vicende degli autori, i ‘clerici vagantes’, altrimenti detti goliardi (dal nome del mitico vescovo Golia (Pietro Abelardo)) che usavano spostarsi per motivi di studio tra le varie nascenti università europee, assimilandone lo spirito più concreto e terreno.

* Noi tutti conosciamo Andrew Lloyd Webber per la sua prodigiosa produzione in fatto di Musical (Jesus Christ Superstar, Cats, The phantom of the opera ecc.), ma non tutti sanno che inoltre, nel 1985, ha composto un ‘Requiem’ di tutto rispetto che ha poi diretto Lorin Maazel con la English Chamber Orchestra e il Winchester Cathedral Choir diretto da Martin Neary e interpreti d’eccezione quali Placido Domingo, Sarah Brightman e Paul Miles-Kingston. La ‘requiem mass’ si compone di otto brani tradizionali: Requiem & Kyrie, Dies irae … (Rex tremendae); Recordare; Ingemisco … (lacrymosa); Offertorium, Hosanna, Pie jesus (per voce bianca ripresa dalle Piae Canciones) e Lux aeterna & Libera me. Come si può ben intuire i brani non seguono l’andatura canonica come la si ascolta oggi, bensì si rifà a quella speciale ‘Messa per i morti’ istituita da San Odo a Cluny nel 13° secolo, referente al rito franco-gallicano.

Il perché di questa scelta non è pervenuto, probabilmente per averla egli ascoltata nel rito Gallicano che ancora oggi è professata dai sacerdoti nelel chiese adibite al rito. Ciò che colpisce è però l’utilizzo dell’impianto musicale con un’enfasi descrittiva che trasferisce la ritualità della ‘messa’, abitualmente ascoltata nel luogo di culto, in ambito teatrale e quindi, ma solo in alcune parti, eseguita con tutti gli elementi tipici dell’ ‘opera-musical’. Un esercizio fine a se stesso? – vi starete chiedendo. La risposta è no, perché la resa è comunque esaltante, vuoi per le voci straordinarie soliste messe in campo e gli accompagnamenti corali, vuoi per la bellezza della scelta del missaggio musicale che inoltre agli strumenti propri dell’orchestra, si aggunge il suono dell’organo da chiesa e alcuni suoni metallofoni propri del rock. Il ‘Requiem’ di Webber inoltre ad aver segnato un momento di svolta nella vita del compositore ha ottenuto un certo successo presso il pubblico entusiasta che, ancora oggi, a distanza di trenta anni, è forse quello più ascoltato dalle giovani generazioni.

Dall’album ‘Requiem’ di A. Lloyd-Webber (EMI 1985) è tratto il brano ‘Dies irae’ attribuito a Tommaso da Celano 1200:

«Dies irae, dies illa.
Solvet saeculum cum Sibylla.
Quantus tremor est futurus.
Quando juedex est venturus.
Cuncta stricte discussurus!
Tuba mirum spargens sonum.
Per sepulchra regionum.
Coget omnes ante thronum.
Mors stupebit et natura.
Cum resurget creatura.
Judicanti responsura.
Liber scriptus proferetur.
In quo totum continetur.
Unde mundus judicetur.
Judex ergo cum sedebit.
Quidquid latet, apparebit:
Nil inultum remanebit.
Mors stupebit et natura.
Cum resurget creatura.
Judicanti responsura.
Quid sum miser tunc dicturus ?
Quem patronum rogaturus.
Cum vix justus sit securus ? »

«Dopo la riforma liturgica si fa ben poco – scriveva Landa Ketoff sulle pagine de La Repubblica già nel Marzo del 1978 – e che voglio qui ricordare in quanto grande conoscitrice di musica, una donna curiosa e appassionata, ed un’eccellente giornalista quanto una straordinaria promotrice di cultura. Questa è la risposta più frequente che riceve chi cerca di tracciare una mappa delle funzioni pasquali con musica, un tempo eseguita da Cappelle di fama o da Cori di volenterosi che si esibivano ovunque in Italia. Tante erano le funzioni per la Settimana Santa accompagnate da canti gregoriani e musiche polifoniche antiche e moderne, che il Vaticano ne pubblicava un calendario. Poi, nonostante le riforme apportate dal Concilio Vaticano II e l’introduzione di nuove musiche e nuovi strumenti per avvicinarsi alle giovani generazioni, con l’abbandono di lodevoli iniziative che ora i giovani riscoprono con entusiasmo, non se ne sente più parlare. L’elenco degli appuntamenti che nella sola Roma, pensate, erano qualcosa come più di cento nel periodo, si è molto ridotto sebbene l’interesse per la ‘musica sacra’ non sembra venuto meno. Prima della riforma liturgica il Sabato Santo era in pratica l’anticipazione della Pasqua. Ora il Sabato Santo è dedicato, nelle chiese, solamente alle visite al ‘Sepolcro’, una sorta di monumento di fiori e di candele , in mezzo a cui sta la statua del Cristo morto’. Tutte le cerimonie che erano del sabato mattina sono state trasportate nella ‘veglia pasquale’ che si svolge durante la notte tra sabato e domenica, una lunga funzione liturgica carica di simbolismo, ma che spesso si svolge nel silenzio della funzione della Messa. Viene da chiedersi se c’è ancora una musica pasquale che tanto ha dato alla devozione popolare?»

Volendo potete raccontare le proprie esperienze nella sezione ‘commenti’ di questo stesso articolo. Grazie per la volenterosa partecipazione.

(continua)








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