Pubblicato il 12/12/2020 08:09:00
Dal mio quaderno dei Canti.
CANTO PRIMO EPIFANICA
Giovane luna, madre di tutte le storie Vecchio sole, antenato di origini ignote. La terra sembra vivere avulsa dagli astri Che ciechi vanno in cerca di ombre opaline Da violare con bagli di luce diafàna. Tronchi bui nascono da parti silvani Come da fesse anali mondate dal sangue. Sono alberi scuri in sottoboschi di rovi, Epigoni di inverni appena piovosi. La parola indomata è garante di vita, Rugge e muggisce contro guardi villani, Distillando ferocia a irresponsabili Falsari di incertezze inverate. Gli uomini aspettano eccentrici amori Fusi in liquidi occhi preludio dell’eros, Oscura coloritura di piaceri sognati, Umido solco tra fottibili natiche. Saccheggiando la rostandiana poesia, Qual Cyrano che scrisse segrete parole Per sedurre l’alter di Roxanne esitante, Il nuovo poeta canta rare eleganze, Mira la diavolangela grazia di un sogno, Recupera voglie d’ un indomo fluire. Ma vaghi imitatori tornano a sognare, Inseguendo la bellezza come pretesa Di sensi assonnati per conformismi Che si arrogano illusori diritti. Quelli che per abbagli e riti a consumo, S’affannano a seguire ogni foia, a dire L’indicibile, seguendo ubbie irreali. Poeta si mosse verso letteratura Dubbiosa di vera materia indagata. Oscura è la faccia nascosta della luna Che si protegge da sentimentalismi solo All’ apparenza seducenti per anime E cuori pronti a ogni moda. Enfasi si perde, fine ingloriosa, E con quella il mercato del Brown detto Dan, Dove tra mondi celati alla luce ineffabile la terra mostra il suo fango. Sperando l’uomo guarda il poeta Ahspirando ahlitando a immobile luna Cui l’acne facciale non vieta il rimando A languidi sensi già deliquianti. Per il poeta bellezza allora fu il sogno E segreto nutrì il suo candido amore.
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