ERMANNO REA: 'La parola del padre'
Falso storico in forma di monologo.
'Caravaggio e l'Inquisitore' con uno storyboard di Lino Fiorito.
Presentano Lino Fiorito e Massimiliano Virgilio.
Venerdì 3 marzo - ore 18 Fondazione Banco di Napoli Via dei Tribunali 213 -.
Napoli L'Inquisitore accusa Caravaggio: di non ubbidire a Santa romana Chiesa, di essere un ribelle, un seguace dell'eretico Giordano Bruno, di dipingere prostitute, ubriaconi e tavernieri nella convinzione che Dio va cercato proprio lì. È un monologo in cui le parole e le espressioni del pittore si raccontano attraverso gli occhi e la voce dell'Inquisitore. Il quale è un uomo a un passo dalla morte: più volte durante il suo discorso gli mancano le forze, ed è sfiorato dai dubbi di chi sta facendo i conti con la fine e non può certo mentire a se stesso, ed è quasi tentato di riconoscere le ragioni di Caravaggio, di cedere all'ammirazione che nutre per lui. Ma sono solo istanti, perché il suo dovere è richiamare all'obbedienza, all'obbedienza dell'Autorità, all'obbedienza del Padre: il padre che è Dio, il padre che è il Papa, il padre che è il Cesare, il padre che è il genitore.
Questo testo è un documento carico di tensione civile, una riflessione sull'autorità, sulla ragione critica e la difficoltà di esercitarla, è un viaggio attraverso i quadri di Caravaggio, uomo libero, è l'arringa di un potere ottuso, che si immagina nel Cinquecento ma in realtà ci parla del potere di oggi. Sinossi. Si racconta della vostra passione, di anno in anno sempre più incontenibile, per uomini e donne di basso rango; della vostra smania di riprodurre sulla tela bari, indovine, musici, ubriaconi, tavernieri; del vostro concepire la pittura quasi come cronaca o specchio di quella vita degradata che alligna ai margini di tutte le città – ma soprattutto oggi qui a Roma, diventata la capitale di ogni genere di malaffare – nella convinzione che è là che Dio va cercato.
Per voi insomma è la carne il luogo di residenza di ogni verità. E questa, prima ancora che una bestemmia, è un’eresia. L'Inquisitore accusa Caravaggio: di non ubbidire a Santa romana Chiesa, di essere un ribelle, un seguace dell'eretico Giordano Bruno, di dipingere prostitute, ubriaconi e tavernieri nella convinzione che Dio va cercato proprio lì. È un monologo in cui le parole e le espressioni del pittore si raccontano attraverso gli occhi e la voce dell'Inquisitore. Il quale è un uomo a un passo dalla morte: più volte durante il suo discorso gli mancano le forze, ed è sfiorato dai dubbi di chi sta facendo i conti con la fine e non può certo mentire a se stesso, ed è quasi tentato di riconoscere le ragioni di Caravaggio, di cedere all'ammirazione che nutre per lui. Ma sono solo istanti, perché il suo dovere è richiamare all'obbedienza, all'obbedienza dell'Autorità, all'obbedienza del Padre: il padre che è Dio, il padre che è il Papa, il padre che è il Cesare, il padre che è il genitore.
Un documento carico di tensione civile, una riflessione sull'autorità, sulla ragione critica e la difficoltà di esercitarla, è un viaggio attraverso i quadri di Caravaggio, uomo libero, è l'arringa di un potere ottuso, che si immagina nel Cinquecento ma in realtà ci parla del potere di oggi. “Io stesso mi facevo personaggio dell'intreccio”, scriveva Ermanno Rea. E raramente è stato così vero: in 'La parola del padre' il comunista critico, il fotografo che è arrivato alla grande letteratura partendo dalla durezza del giornalismo d'inchiesta, si fa Caravaggio che passa dalla aspra e vile realtà, e si fa Inquisitore che vive di dubbi e riconosce la stoltezza delle certezze incrollabili.
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