“Qualcosa di scritto”, e aggiungerei: “...perché nulla vada dimenticato” finalista al Premio Strega (ha perso per 2 voti rispetto a Piperno), è tutto un rincorrersi di ‘congiungimenti e allontanamenti’ come le pagine di un diario che l’autore, Emanuele Trevi, scrive ad effetto per incastrarvi il “suo presente” fatto di ricordi e annotazioni, che è all’origine del titolo. Una sorta di deja-vu cinematografico in cui vengono esaminati fotogrammi di esistenze passate, interni ed esterni di vite vissute interiormente, piuttosto che realisticamente, in cui l’autore ‘forza’ il lettore a entrare, volente o nolente, e ricercare nell’oblio della memoria, la zona in ombra di un sé che all’inizio nulla dice della profonda conoscenza dei due ‘soggetti letterari’ P.P.P. e L.B. (alias Pier Paolo Pasolini e Laura Betti). Ma subito il dialogo romanzato coi due si interrompe per dar luogo al ‘saggio’ tout-court, in cui ‘riporti’ e ‘congiunzioni’ del passato offrono all’autore momenti significativi di un vissuto ‘limbico’ che non poteva aver assaporato a suo tempo. Se c’è più Trevi in questo diario/saggio solo lui può dircelo. Vero è che lo scopriamo più attento e misurato, ma forse solo più maturo, che abbandona le valutazioni della politica per abbracciare in pieno la forma letteraria e la congiunzione culturale col passato che solo l’esperienza gli permette di riscoprire. Forse più vicino al ‘saggio’ che al romanzo (non per saggezza s’intende), questo ulteriore scritto di Trevi s’impone per l’accostamento al ‘partecipato’ (interiormente parlando), a quella cultura (fonte di conoscenza) che ancora, e soprattutto oggi, ci riscatta da un oblio esacerbante in cui ‘tutto’, dall’infimo al sublime, viene dimenticato. Ma non solo questo è il tema del libro, per quanto profondo possa sembrare il riscatto o l’espiazione cui sembra tendere l’autore, sempre che egli speri (?) in una redenzione che non arriverà. Altresì egli propone una sorta di “viaggio iniziatico” per affrontare l’antico ma sempre valido discorso dell’ “eterna congiunzione”, o forse “diversificazione” (dipende da che parte la si osserva), tra il ‘bene’ e il ‘male’. Lì dove il ‘male’ va ricondotto, secondo Georges Bataille, all’essere “l’unica congiunzione possibile al bene”. È così che ‘Salò’, ‘Divina Mimesis’ e ‘Petrolio’ come tante altre opere pasoliniane fanno il loro ingresso nell’immaginario letterario/cinematografico del ‘male’ a fin di ‘bene’, ove infine scopriamo che ‘non può esserci bene se non si tocca il fondo del male’. Così Dante, Sade, Caravaggio, Michelangelo, Genet, Artaud, Dostoevskij, Bukowski, Baudelaire, Wilde, Pier Paolo Pasolini, e tutti gli altri ‘maledetti’, non avrebbero ragione di essere. Lo stesso vale per Laura Betti, rediviva Demetra/Persefone nelle vesti di ‘mater maleficarum’ dei misteri eleusini, avrebbe qui ragione di essere rappresentata, se l’autore non le avesse imposto l’insolita veste di ‘maitresse’ violata e violante di esistenze altrui, affacciata al limite della soglia, oltre la quale si è perduti per sempre. Quella stessa soglia che Trevi dice va attraversata in ragione del ‘conseguimento’ o il ‘raggiungimento’ di quell’assoluto, bene/male, cui noi tutti infine tendiamo, ma che forse non ci è dato. “Qualcosa di scritto...” dunque, “...per non dimenticare”, apre a un fare ‘letteratura’ originale e innovativa, da cui ripartire per una nuova stagione del romanzo introspettivo.
Di Emanuele Trevi, scrittore e critico letterario, collaboratore di la Repubblica, Il Manifesto, Il Foglio, Il Messaggero va qui ricordato per la sua recente conduzione su Rai Radio 3, di “Le musiche della vita” in onda la domenica, a cura di Diana Vinci.
Emanuele Trevi sarà protagonista della serata dedicata a “Incontri con l’Autore” alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto - 8 luglio ore 21.30, ingresso libero - per la presentazione del suo ultimo romanzo, appena pubblicato da Ponte alle Grazie.