‘dove poggiano le ore’ (*)
nello scolorire dei muri riarsi delle case
dietro le imposte chiuse delle finestre
denro le stanze avvolte nella penombra
negli armadi silenti che pure parlano di noi
di certe solitudini che pensavamo dimenticate
appese alle pareti racchiuse nelle cornici
nei portaritratti sul mobile antico
che mute s’avvalgono dell’arcano del tempo
del tempo che ritrovato posa nel silenzio
della polvere ricordi d’una felicità ingenua
condivisa coi fratelli e le sorelle di ieri
che dell’oggi hanno svanita l’essenza
dietro le porte socchiuse o forse mai aperte
coi genitori la cui assenza rende all’illusione
ciò che pensavamo fosse per sempre
una realtà in illo tempore dismessa
nelle sere d’inverno quando agli schiamazzi
seguivano gli strepiti del nascondino
e i rimbrotti: ‘fate piano’ e ‘non correte’
quando poi raccolti d’intorno alla stufa
si cavavano le caldarroste e il buon vino
rosso come i nasi e le orecchie d’ognuno
ad ascoltar le fole cui pure credevamo
partecipi dei timori della notte
fole che nella quiete delle ombre si posano
lasciando spazio ai sogni che della realtà
hanno talvolta solo i colori d’una tavolozza
confusi nel quadro che dell’esistenza rende
un luogo di commiato senza meta
che la sosta è solo permanenza
soglia di nocumento o forse pregiudizio
per chi non crede nell’alterità del pensiero
acciò che l'oggettività nega del mondo estremo
di quel non-essere che pure incombe
sinonimo di diversità indice di differenza
cui siamo legati da indissolubile parvenza
capaci/incapaci di misurare il tempo della nostra
resilienza allo sgretolarsi dei riarsi muri
che hanno plasmato la nostra logora identità
e ci hanno visti crescere e morire
nell’illusione del tempo, dove poggiano le ore
(*) Un grazie di cuore a Giovanni Baldaccini e a Luciana Riommi per la gentile concessione della foto qui utilizzata e per aver dato il titolo a questa mia composizione.
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