Pubblicato il 10/01/2017 11:03:36
"Dammi un motivo" il nuovo romanzo di Giorgio Bianco – EEE editrice 2015
In realtà c’è più di un motivo per parlare di questo romanzo di Giorgio Bianco che fin dalle prime pagine sottopone all’attenzione del lettore una scrittura dinamica e agevole per quanto surrogata dal linguaggio orale e schietto del quotidiano. Dal quale, come tutti noi sappiamo, apprendiamo quella certa filosofia del vivere che ci permette di guardare ‘oltre’ le trame ordite dallo scrittore e farci partecipi del ‘vissuto’ dei suoi personaggi, così come del loro destino. Un quotidiano che man mano si snocciola come i grani di un rosario recitato da una figura insolita, se non che presente in una certa letteratura di lontana origine ‘gotica’ (mi si passi il termine se pure oggi in disuso), in cui la protagonista, Giulia, veste i panni di una cartomante, cinquantenne alcolizzata, che attraverso le ‘Sibille’, fa e disfa il proprio destino di sopravvissuta alle molte negazioni della vita, in cerca di un affrancamento dall’alcol e dalla dissolutezza che abbia un barlume di redenzione.
L’occasione si presenta a Giulia, cosciente dell’autodistruzione cui va incontro, nel salvare una bambina, Céline ricca e viziata, da un naufragio causato dalla follia del padre per un crack finanaziario, e decide così di tenerla con sé contando sul fatto che la bambina è ritenuta affogata nell’affondare dell’imbarcazione. Trascorrono così un peiodo insieme, inventando una parentela che giustifichi la presenza della ragazzina a casa della cartomante, nella volontà di creare una qualche complicità che però stenta a decollare. Ma la conflittualità che nasce dalla disperazione di entrambe e dallo scontro fra età e situazioni sociali diverse, lascia loro poco spazio nella ricerca di un comune scopo di vivere. Intanto progettano una fuga impossibile dall’altra parte del mondo che ponga rimedio alla tendenza distruttiva del ‘destino’, segnato dalle carte.
“..Ma lei è lì, bella come un rimpianto e chissà, forse tutto potrebbe cambiare. Vale la pena d’illudersi, vale la pena?”
La risposta è sì e comunque, o almeno quando s’incontra l’amore che paralizza ogni altro sentimento, e si pensa che debba essere per sempre.
“..Per sempre non si dice, tutto passa, ma l’amore va oltre le vite, resta nel mondo e gli permette di continuare a sperare.”
Tuttavia la cartomante sa di non poter cambiare il proprio destino, almeno non nella sua nemesi finale, costantemente in agguato, declinante e ascendente nel far valere le sue ragioni, in cui “..vivere è costruire una nave e vararla per un viaggio che sarà il primo e l’ultimo, (..) nell’inconsapevole avidità della vita, la preziosa illusione d’immportalità.” Che è poi la chiave di lettura di questo romanzo che si scompone in flashback talvolta violenti segnati da eccessi fin troppo brutali quanto realistici pari se non superiori a quelli che ritroviamo nella cruda realtà delle cronache.
Per quanto Giorgio Bianco diluisce e scompone tanta brutalità della vita in pagine di scrittura poetica in cui l’amore abbraccia ogni cosa d’intorno: una certa portualità genovese, quella dei carruggi e delle arcate; dei colori e delle intemperie che vengono dal mare; di una religiosità a uso e consumo degli umani. Nonché delle piccole tradizioni locali tipiche della costa ligure in cui si onorano le trofie al pesto, così come gli ulivi nelle tele di quadri e certe nuvole portate dal vento: “..veloci e perfette, nate dall’acqua e modellate nel ghiaccio, (che) adornano la vanità del cielo.” Ma come è mio solito non racconto fino in fondo la trama del romanzo, non avrebbe senso, preferisco lasciare ai lettori di scoprirne la tessitura, di farsi partecipi del ‘destino’ amaro eppur glorioso dei suoi protagonisti, soprattutto della intrepida Giulia, per quanto eroina negativa, mi auguro ai soli occhi dei benpensanti che abiurano tutto ciò che non è costruttivo o morale, ed ai quali rammento «..che la vita, nel bene e nel male, vale la pena di essere vissuta»; e ché sulla strada dell’esistenza i sogni non sono tutti belli, come neppure le illusioni.
“Perché un sogno sa essere crudele, nella delusione che infligge a tutti coloro che hanno la sventura di svegliarsi.” Con un tocco di penna poetica ancor più che narrativa, Giorgio Bianco parla a ridosso della sua trama amara e tuttavia ‘vera più del vero’ che si stempera in una: “Alba maledetta, tinta di viola … Nulla accade per un tempo indefinito, il porto è un pezzo di vetro sudicio e ostile, nessuno respira, mare corrotto, aria ferma, è l’ora del nulla che anticipa il crollo. (..) Ma la vita continua, finché può, e il peschereccio molla gli ormeggi.. (..) Ma le carte non hanno colpa, se il giorno dopo continua a piovere (sul bagnato). (..) Il cuore batte sugli ultimi passi lungo le strade di casa. (..) Scorre la spazzola sui capelli biondi (di Céline, la bambina co-protagonista del romanzo che lascio a voi di scoprire), carezze del vento, respirano gli ulivi, il mare si tocca con gli occhi, il pozzo borbotta fra edera e ruggine, parlare non serve, non sempre, a volte basta un dono.”
Così la strega, Giulia, “..per non piangere ride, ma ridere è una maschera inutile (..) la verità ha un sapore sottile, quasi impercettibile, è acqua d’arancio” – conclude l’autore dopo averci trascinati nell’illusione di un’esistenza negata, nella furia e nel rimpianto, nell’odio e nell’emozione dell’amore, nella disperazione della solitudine in cui ci abbandona tutti, nella paura di morire ma, soprattutto, di vivere.
L’autore: Giorgio Bianco è vicedirettore del ‘Corriere di Chieri’, è autore inoltre di “Notizie fredde” – ExCogita edit. 2010; “La morte vola” – ExCogita edit. 2010; “Il cacciatore di foglie secche” – Neos edit. 2012.
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