La Francia dei campanili in preda alla “cattofobia”.
E dire che aveva lanciato il millennio della cristianità medievale. L’islam prolifera. Non parliamo più di separazione di stato e chiesa, “neutralità”, vera o presunta, ma di soppressione del cristianesimo nella sfera pubblica. In una lunga inchiesta apparsa sul Figaro, Delphine de Mallevoüe lo ha chiamato, senza infingimenti, “jihad laico”.
La statua di Giovanni Paolo II a Ploërmel è stata rimossa perché violerebbe la legge sulla laicità. I simboli cristiani oggi in Francia sono minacciati.
"Tutto è cristiano”, scriveva Jean-Paul Sartre dopo la guerra. Duemila anni di cristianesimo hanno lasciato nella cultura, nella lingua e nel paesaggio francese tracce così profonde che vanno cancellate, come se fossero un peso insopportabile. E’ quello che Jean-François Chemain, autore con Rémi Brague del libro “Une autre histoire de la laïcité”, ha chiamato “sradicamento di ogni segno cristiano dal paesaggio pubblico”.
Un anno fa si infiammò la polemica a Ploërmel, una cittadina del dipartimento di Morbihan. Il tribunale di Rennes decise che la statua di Papa Giovanni Paolo II, eretta in una piazza della città bretone, andava rimossa. Il motivo? Secondo i giudici era in contrasto con la legge che prevede la separazione tra stato e chiesa.“La statua di Giovanni Paolo II eretta in una piazza pubblica della città di Ploërmel nel 2006 è circondata da un arco con sopra una croce, simbolo della religione cristiana che, per la sua disposizione e le sue dimensioni, ha un carattere ostentato”, ha spiegato il magistrato rimarcando che la statua del Santo Padre viola le disposizioni della Costituzione e della legge 1905. Più precisamente i giudici hanno spiegato che non è tanto la statua di bronzo che raffigura il Papa (con incisa la celebre frase “Non abbiate paura”) a essere “fuorilegge”, quanto la sua collocazione nella piazza, sotto un arco in cima al quale è posta una grande croce. Otto metri di altezza in tutto. Secondo il tribunale, quindi, il monumento, “per la sua collocazione e le sue dimensioni, presenta un carattere ostentatorio”.
Come ha scritto Charles Consigny su Le Point, “a forza di questa tabula rasa del suo passato, la Francia farà piazza pulita del suo futuro”. Non parliamo più di separazione di stato e chiesa, “neutralità”, vera o presunta, ma di soppressione del cristianesimo nella sfera pubblica. In una lunga inchiesta apparsa sul Figaro, Delphine de Mallevoüe lo ha chiamato, senza infingimenti, “jihad laico”. Adesso è la statua della Madonna a mandare nel panico la Francia goscista e laicista. A una città nella Francia orientale è stato ordinato di rimuovere una statua della Vergine Maria. Un tribunale amministrativo ha ordinato al comune di Publier, nella regione dell’Alta Savoia, di rimuovere l’immagine religiosa, che esisteva in un parco pubblico dal 2011. Perfino il sindaco socialista, Gaston Lacroix, è rimasto senza parole: “Non pensavo si arrivasse fino a questo punto”. Il sindaco dovrà distruggere la statua che reca le parole: “La Madonna del Lago di Ginevra vigila sui vostri figli”. La città ha tre mesi di tempo per eseguire la sentenza, in caso contrario andrà incontro a una multa salata. La decisione di installare la statua, ritenuta “contraria ai principi del secolarismo”, aveva spinto alcuni cittadini e un’associazione di attivisti che sostengono il “libero pensiero” a portare il caso alla giustizia.
Più 40 per cento di atti contro luoghi di culto, persone e simboli cristiani. Chiese vandalizzate, sagrestie incendiate, preti aggrediti. E il governo sta zitto. Sul caso della Madonna di Publier, la senatrice Nathalie Goulet ha parlato di “ayatollah del laicismo”. I giornali della gauche, scandalizzati dal divieto di burkini in Costa Azzurra, avallano invece simili decisioni. Nella città di Hénin-Beaumont, anche un piccolo presepe natalizio ha “violato il principio di neutralità” secondo il tribunale di Lilla. Il Consiglio di stato ha appena stabilito che “l’installazione temporanea di presepi su iniziativa di un personaggio pubblico in un luogo pubblico è legale se ha un valore culturale, artistico o di festa, ma non se esprime il riconoscimento di un culto o di una preferenza religiosa”. Quali precauzioni per giustificare una millenaria tradizione. La guerra della laicità francese contro i simboli cristiani è così forte che l’Osservatorio sulla laicità, istituito un anno fa dal Presidente della Repubblica Hollande, ha pubblicato una guida per i funzionari locali per “gestire” queste dispute. Contemporaneamente anche l’Associazione dei sindaci francesi (Amf) aveva fatto uscire un “vademecum” che giudicava illegale l’esposizione dei presepi negli edifici pubblici. Secondo l’Amf, bisognerebbe anche impedire ai calciatori, perlomeno quelli che “giocano nella Nazionale”, “di farsi il segno della croce in campo”. E perché? “In Nazionale bisogna fare attenzione al fatto che, quando si rappresenta la Francia, quando si rappresenta la République, ci può essere un codice comportamentale da adottare. Bisogna parlarne”, ha dichiarato il vicepresidente dell’Amf, Patrick Molinoz, riferendosi al gesto più comune tra tutti i calciatori del mondo, cioè quello di toccare l’erba con la mano e di farsi un segno di croce all’entrata in campo.
A Scaer, nel Finistère, una casa di riposo è stata oggetto di denuncia per la presenza di un affresco della Madonna col Bambino. Poi è stata la volta della mangiatoia nella stazione ferroviaria di Villefranche-de- Rouergue, in Aveyron, a causare polemiche. A Boissettes, nella Seine-et-Marne, sono le campane della chiesa a essere state denunciate e oggi sono mute per decisione del giudice. Anche quelle minavano la laicità. Quando agli studenti di una scuola in visita al castello di Vincennes l’insegnante ha fatto visitare la locale cappella, una manciata di loro, recalcitranti, s’è rifiutata di entrare. E ha gridato al conflitto di opinioni, al “proselitismo”, alla “violazione della laicità”. A Fontgombault, piccolissimo comune francese di 282 abitanti nella regione del centro, l’abbazia di Notre Dame, fondata nel 1091, gioiello dell’arte romanica e abitata da settanta monaci, è stata al centro di un altro caso incredibile. Il tribunale di Châteauroux ha stabilito la radiazione di dieci monaci dalla lista degli elettori attivi di Fontgombault. I giudici, che hanno accolto le accuse degli Indignati, hanno sentenziato che i dieci monaci in questione non vivono più nell’antica abbazia ma in quella di Saint-Paul de Wisques. I monaci impedirebbero “l’avvento della laicità” nel villaggio. I nuovi giacobini non esitano a evacuare con la forza anche le chiese. E’ successo questa estate con la chiesa di Santa Rita nel quindicesimo arrondissement di Parigi, in rue François Bonvin. Sacerdoti trascinati dalla polizia in tenuta antisommossa. Una “scristianizzazione democratica”, che come scrive Eloise Lenesley sul Figaro, ricorda la strage a Saint-Étienne-du-Rouvray.
“Attaccare una chiesa e uccidere un prete è profanare la Repubblica”, aveva detto il presidente Hollande. “Aggredire un sacerdote e il suo gregge in piena messa, che cos’è allora?”. Alla periferia di Metz, le campane della chiesa di Sainte Ruffine sono state ridotte al silenzio dalle autorità statali laiciste. E’ successo anche nel villaggio bretone di Hédé-Bazouges. Un francese che vive a Saint-Martin o Sainte-Marie potrebbe vedersi il villaggio ribattezzato. Un rapporto ufficiale del governo socialista del dimissionario Manuel Valls ha raccomandato di rimuovere ogni riferimento cristiano ai nomi di paesi e borghi. Intitolato “Toponomastica della Francia alla luce del vivere insieme”, il rapporto è stato firmato da due parlamentari della sinistra, Yann Galut ed Esther Benbassa. Un dejavu rivoluzionario, visto che durante il dominio robesperriano paesi come Saint-Quentin, in Aisne, furono “decristianizzati”. Oggi in Francia ci sono 3.927 località che iniziano con “San” (10,7 per cento delle città francesi). Il santo più comune è san Martino (222 comuni), seguito da san Giovanni (170 comuni) e san Pietro (155 comuni). 471 altre città hanno la parola “santo” nel loro nome. C’è stata anche la proposta di legge presentata da una senatrice radicale volta a proibire alle insegnanti, negli asili, di citare Gesù, Maria e ogni altra “divinità” che possa compromettere la serena crescita laica dei bambini. L’Osservatorio della laicità, l’organo voluto dal presidente François Hollande per coordinare le sue politiche neosecolariste, ha anche proposto di eliminare alcune feste nazionali cristiane per far posto a quelle islamiche, ebraiche e laiche.
L’idea è arrivata da Dounia Bouzar, membro del direttivo dell’Osservatorio: “La Francia deve sostituire due feste cristiane per far posto allo Yom Kippur e all’Eid”. Un anno fa fu l’Eliseo a finire sotto accusa. “Si è dimenticato la Pasqua”. Questa l’accusa al presidente Hollande, che in occasione delle festività pasquali non ha ritenuto opportuno rivolgere gli auguri ai cristiani di Francia. Se non fosse che appena pochi mesi prima il capo dell’Eliseo aveva invece rivolto i suoi migliori auguri di “felicità”, salute e successo ai musulmani di Francia, in occasione della festa dell’Aid, che chiude il Ramadan. “Il saluto di Hollande ai musulmani è di natura opportunistica e politica. Per il Partito socialista, si tratta di una clientela elettorale essenziale”, ha detto il filosofo francese, editorialista di France Catholique e Radio Notre-Dame, Gerard Leclerc, in un’intervista al quotidiano Figaro. La cristianofobia, reale o annunciata, vede sullo sfondo l’avanzata dell’islam. La natura aborre i vuoti. “La Francia non è più un paese cattolico”, scrive Frederic Lenoir, caporedattore della rivista Le Monde des Religions. Le Figaro si è chiesto se l’islam possa già essere considerato come “la prima religione in Francia”. Si stima che oggi in Francia, per un musulmano praticante, ci siano tre cattolici praticanti. Ma se si approfondisce questa analisi, il rapporto sarà invertito. Confrontando solo la frequenza settimanale alla preghiera del venerdì in moschea con la messa domenicale in chiesa, lo scenario è chiaro: il 65 per cento dei cattolici praticanti ha più di cinquant’anni. Al contrario, il 73 per cento dei musulmani praticanti ha meno di cinquant’anni. La tendenza indica che in Francia c’è un giovane cattolico praticante per tre giovani musulmani praticanti. Vale anche per la costruzione dei siti religiosi. Oggi, in Francia, ci sono quasi 2.400 moschee, rispetto alle 1.500 del 2003: “Questo è il segno più visibile della rapida crescita dell’islam in Francia”, secondo il settimanale Valeurs Actuelles. La Corsica detiene il record: nel 2003, sull’isola non c’erano luoghi di culto islamici, ora ce ne sono undici.
La Douce France, la Francia che ha lanciato il grande millennio della cristianità medievale incoronando Carlo Magno imperatore, la Francia dei campanili e delle chiese che si innestano tra i vigneti e i campi di grano, la Borgogna delle abbazie, è sull’orlo di una terribile voragine.
(Il foglio, 12 dicembre 2016.)
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