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La funzione del poeta nella lett. del 900 ed oltre

Argomento: Letteratura

di Francesca Luzzio
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Pubblicato il 18/06/2012 10:05:10

La funzione del poeta nella letteratura del primo Novecento è strettamente connessa al contesto tecno-scientifico della seconda metà dell’Ottocento, quando in tale ambito si assiste a un notevole progresso;straorinarie invenzioni ( treno, telefono, automobile) sconvolgono l’immaginario collettivo e determinano una nuova percezione dello spazio e del tempo: le distanze immediatamente si accorciano e gli orari diventano sempre più frenetici.

La nascita del nuovo mondo dove protagonisti sono la tecnica e il denaro, culmina tra l’ultimo decennio del sec. XIX e il primo del XX con la Seconda rivoluzione industriale; questa avrebbe completato il mutamento, suscitando entusiasmo per il crescente benessere e alimentando il mito della belle epoche, cioè di un’epoca di spensieratezza e speranza.

 La nuova società di massa favorisce anche lo sviluppo di una piccola borghesia intellettuale che vive lavorando nella burocrazia statale,nell’insegnamento, nell’industria culturale, pertanto i letterati e in genere gli intellettuali diventano dei salariati legati al mondo del lavoro.

L’Italia, in questo processo che vede il passaggio dal decollo alla maturità industriale,arriva per ultima, ma riesce a recuperare.

 Successivamente, l’accentuarsi dei contrasti tra i diversi imperi economici e politici e la diffusione del militarismo e del nazionalismo sfoceranno nella Prima Guerra mondiale. La guerra totale(1914-18) tuttavia non risolve i problemi d’instabilità, di crisi economica, sociale e demografica.

 In questo contesto, l’arte cade dal trono e diventa merce che non solo vale per quanto produce, ma tende anche ad essere considerata dalla classe borghese emergente come strumento di svago, di divertimento e, di conseguenza, si tende a banalizzarla per renderla rispondente a questo scopo, si direbbe ludico, che si vuole attribuirle. Gli artisti perdono il loro prestigio e propendono a raffigurarsi come dei clown con il trucco sbavato.

Le alternative al declassamento sono la denuncia impotente e la provocatoria ribellione di Baudelaire e dei Poeti maledetti( Verlaine, Rimbaud, Mallarmé), ma anche degli Scapigliati italiani, o l’affermazione della figura del dandy, ossia di chi ostenta la propria bellezza, eleganza e ricercatezza nella snobistico culto della propria superiorità contro la volgarità borghese e costruisce la propria vita come fosse un’opera d’arte, per cui arte e vita finiscono con l’interscambiarsi e il confondersi.

 Quest’ultimo tipo di“eroe decadente” è presente nella vita e nell’opera di molti scrittori europei, basta ricordare O. Wilde, anche perché esordisce nel mondo della letteratura come poeta; in Italia,esempio emblematico in tal senso, è G. D’Annunzio, la cui personalità è comunque impensabile al di fuori della società di massa, egli infatti inaugura la figura della star dei nostri tempi, del divo che si afferma in ogni ambito letterario e trova, proprio in quella società che pur disprezzando sa anche spregiudicatamente lusingare,l’acquirente dei suoi prodotti artistici.

A prescindere dalle modalità delle reazioni,il poeta perde importanza, fugge dalla realtà e non è più vate, ossia propositore di alti e nobili valori morali e civili. Nell’ambito della letteratura simbolica e decadente,il poeta vate viene sostituito dal poeta sacerdote, interprete privilegiato e rivelatore dei significati profondi della natura e della vita; l’impegno civile e la realtà storico sociale scompaiono dalle loro opere, dove predomina la tematica esistenziale, l’io, lo strato profondo della sua psiche, ma anche la natura ora romanticamente in sintonia con lo stato d’animo dell’artista, ora in contrasto con il suo essere e con i l suo sentire.

 In Italia, i Poeti crepuscolari, pur nel persistere di un realismo scabroso e il Pascoli della poetica del fanciullino sono gli esempi più importanti di tal modo di concepire la poesia e il ruolo del poeta. Saranno comunque soprattutto i primi che metteranno del tutto in crisi i tradizionali ruoli del passato e, opponendosi soprattutto ai clamori dannunziani,affermano la vergogna dell’atto poetico. Secondo Gozzano, la poesia non può indicare prospettive, né affermare significati positivi perché essi riguardano ormai i valori sorpassati di una civiltà scomparsa, pertanto può solo cantare la quotidianità delle piccole cose. La letteratura così si caratterizza per la consapevolezza della sua inutilità e perciò scrivere significa per Gozzano prendersi in giro da soli (l’ironia diventa autoironia), per Palazzeschi diventa divertimento, per Corazzini è possibile solo la proclamazione in modi dolenti, del rifiuto stesso della poesia.

L’esperienza crepuscolare è solo una delle multiformi e variegate esperienze poetiche dei primi decenni del Novecento, infatti, tramontati i sogni della belle èpoche, comincia a sentirsi il disagio della civiltà. Tale espressione viene coniata da S. Freud per indicare l’inquietudine, l’alienazione e il malessere causati dalla vita nelle grandi metropoli, dalla meccanizzazione, dal trionfo della burocrazia, ma anche dall’espansione imperialistica e dalla “Grande Guerra.

Quest’ultima non risolvendo i problemi da cui scaturisce, da un lato agevolerà il trionfo di regimi autoritari di massa,quali Fascismo, Nazismo, Franchismo, dall’altro, ancora in corso, favorisce in Russia, in un contesto socio-economico prevalentemente agricolo, la Rivoluzione socialista (1917), ponendo le premesse per l’instaurazione della dittatura di Stalin, lontana dagli originari principi del marxismo-leninista.

In tale contesto, l’intellettuale manifesta il bisogno di recuperare un attivo ruolo sociale attraverso la pubblicazione di riviste politico-culturali. Il Leonardo, Il Regno, Hermes, La Voce, La cerba, L’Unità, Il Baretti, La Ronda sono le principali pubblicazioni edite a Firenze in quegli anni, nelle quali con la varietà delle posizioni sostenute, con le reciproche polemiche, è riconoscibile la testimonianza delle inquietudini culturali del tempo.

La descrizione di altre esperienze poetiche nate in questo periodo,implica la necessità di definire il concetto di“Avanguardia”. Al di là della specificità di ogni movimento avanguardistico, tutti si caratterizzano per il rifiuto del passato anche quello più recente, per la dimensione collettiva, l’internazionalità e l’interartisticità.

Tra questi ricordiamo l’Espressionismo, i cui temi dominanti sono la città mostruosa e tentacolare, la civiltà delle macchine sentita come caos senza senso, che si esprime attraverso i sogni e le allucinazioni. Con l’Espressionismo, il dettaglio si scioglie dall’insieme e, a livello soprattutto onirico, diventa inquietante. La tecnica della zoomata, usata soprattutto nel cinema per focalizzare il particolare perturbante, si pratica anche in letteratura, inoltre il periodo diventa breve, il verso libero, il linguaggio spesso gergale o dialettale, scelto per il suo valore provocatorio. All’interno dell’Espressionismo, con caratteri specifici si sviluppa il Futurismo, fondato da F. T. Marinetti, che nel 1909 pubblica il manifesto del movimento sul ”Figaro”, affermando la necessità di abolire i musei, le accademie e le biblioteche, espressioni di un passato tutto da distruggere ed esaltando il progresso, la macchina, la velocità, la violenza, la guerra, sola igiene del mondo. In ambito letterario, il Manifesto tecnico della letteratura futurista propone le parole in libertà, che conducono alla distruzione della sintassi, all’abolizione della punteggiatura, all’uso dei verbi all’infinito, delle onomatopeie, dei segni musicali e matematici, sino all’acrostico, proposto da Apollinaire, ma anche da Marinetti. Invece il Dadaismo rifiuta il moderno, la novità, ma rifiuta anche la letteratura del passato fondata sull’umanesimo, la comunicazione esistente e la concezione del linguaggio come rivelazione dell’assoluto, in quanto semplice espressione di suoni, spesso senza senso. Infine, appare opportuno accennare al Surrealismo per il quale l’arte deve esprimere l’incoscio, concepito come luogo in cui reale ed immaginario, passato e presente si mescolano; da qui la proposta di una scrittura automatica,che proponga senza mediazioni i moti profondi del’io, attraverso libere associazioni mentali.

La poesia europea, prescindendo da qualche artista già menzionato, vede soprattutto emergere:in Francia, nell’ambito del movimento Dada, Breton, che fu pure tra i padri del Surrealismo; in Romania,Tzara; in Russia il futurista Majakovskij, che lega lo sperimentalismo di una nuova poesia alle istanze rivoluzionarie della società in cui vive.

In Italia la rottura con i padri della poesia avviene oltreché con i versi crepuscolari e futuristi di cui si è già brevemente detto, anche con la produzione di artisti che, al di fuori di tali movimenti, vivono comunque un lacerante conflitto con il mondo : il sonnambulo di Sbarbaro girovaga nella dimensione labirintica della città, nella modernità, alla ricerca di un senso; cercare il significato dell’esistenza è anche l’ obbiettivo della poesia di Rebora che, dando voce ai soldati della Prima Guerra mondiale,offre un terrificante esempio di come i conflitti possano rendere consapevole l’uomo dell’insensatezza della propria vita,di fronte alla quale l’unico conforto è dato forse dall’amore; in lacerante conflitto con il mondo è anche la poesia di Campana,nella quale la realtà quotidiana cova particolari perturbanti che all’improvviso emergono per sottolineare il senso di sradicamento e di esclusione del poeta dall’universo circostante.

Nel 1925il Fascismo diventa regime, ma l’affermazione di un sistema totalitario di destra non è solo un fenomeno italiano,in Europa con diverse denominazioni già menzionate, riguarda anche la Germania, la Spagna, il Portogallo e in Asia, il Giappone.

La politica aggressiva ed imperialistica, soprattutto della Germania nazista, è una delle cause decisive della Seconda Guerra mondiale, durante la quale si impiegano armi terribili, come la bomba atomica e si effettuano stragi inenarrabili, in particolare nei confronti del popolo ebraico. Bisogna rilevare anche che essa viene influenzata da campagne politiche di propaganda condotte soprattutto attraverso la radio e il cinema, infatti i nuovi media sono ormai gli strumenti attraverso i quali condizionare il gusto e le idee della popolazione.

In Italia, negli anni trenta, l’avvento di una cultura di massa in larga parte controllata dallo stato, suscita la reazione degli intellettuali che spesso assumono una posizione di distacco e di superiorità, chiudendosi nella loro repubblica delle lettere, però non tutti reagiscono in tal modo, infatti si delineano due tipi di letterati: “ il letterato-letterato”, che si astiene dall’impegno socio- politico e “il letterato ideologo”, che agisce all’interno degli apparati ideologici e politici per sostenerli o contrastarli.

Il letterato-letterato, sulla scia crociana,si arrocca nella città delle lettere e trova nella rivista Solaria il suo principale strumento di proposizione di una poetica votata al disimpegno e che propone in prosa, il vagheggiamento memoriale o la trasfigurazione del dato reale in una dimensione arcana e simbolica,in poesia,il rifugio nel proprio io, la solitudine esistenziale, l’ascetica ricerca della parola essenziale, chiusa, difficile. Da queste premesse estetiche nasce una corrente poetica che, proprio per tali sue caratteristiche estetiche, viene chiamata dal Flora ” Ermetica”.L’influsso dell’intellettuale ideologo che si oppone al regime,come il liberale Gobetti o il comunista Gramsci,in questo momento è marginale perché è messo a tacere; bisognerà attendere la Seconda Guerra mondiale perché egli attraverso la condivisione della lotta partigiana,contribuisca in modo determinante al sorgere di un nuovo corso della storia:la nascita della Repubblica italiana le cui fondamenta sono dati dalla Costituzione, varata il primo gennaio del ‘48 e tuttora carta d’identità del nostro paese. In quegli anni, preminente è invece la letteratura che si muove nell’ambito del sostegno al regime, basta ricordare i nomi di Bartolini, Soffici, Rosai collegati al movimento Strapaese e alla rivista il Selvaggio di Mino Maccari, o ancora M. Bontempelli, collegato al movimento Stracittà e alla rivista “900”.

 La poesia ermetica viene considerata una delle maggiori, se non la maggiore espressione della poesia italiana del Novecento:Ungaretti,Quasimodo, Gatto, Sinisgalli, Cardarelli e in parte anche Luzi e il primo Montale ne sono i principali rappresentanti. Questa schematica elencazione di autori esige tuttavia una distinzione, infatti se ad Ungaretti spetta il ruolo di iniziatore e maestro, Quasimodo, Gatto, etc… sono inseribili nella cosiddetta “Scuola ermetica” che nasce successivamente e si caratterizza per una esasperazione dei nuovi moduli lirici.

Ungaretti procede da un’iniziale rivolta contro le forme poetiche tradizionali ad una lenta e faticosa realizzazione di volontà di canto che lo porta a riconquistare e rinnovare il tradizionale endecasillabo. Sul piano umano, la strada percorsa dal poeta va da un’ideale constatazione della solitudine e del dolore dell’uomo, relitto nel naufragio della guerra, che pur imprime nel suo animo un profondo attaccamento alla vita e alla fraternità in Allegria di naufragi, silloge formalmente ermetica, alla drammatica riconquista delle certezze offerte dalla fede tradizionale, alla coscienza di ripercorrere nell’esperienza dolorosa della propria esistenza, una strada che è comune a tutti gli uomini, in Sentimento del tempo e in Dolore. La poesia di Ungaretti ha uno stretto legame con la sua vitae, non a caso, il titolo Vita di un uomo, che il poeta ha voluto per la sua opera omnia, diventa un’ espressione di poetica.

Ungaretti ed in genere gli Ermetici attribuiscono una rilevante importanza alla ricerca della parola essenziale, pura, che depurata da qualsiasi intento oratorio e sciolta da legami logico-sintattici,attraverso il puro gioco analogico sa rilevare il quid profondo, la pregnanza semantica che la parola aveva nella notte dei tempi.

Il retroterra culturale è complesso e vede l’influsso non solo di modelli italiani, quale quello dell’ultima Voce di De Robertis con la sua poetica del frammento o di Solaria, ma anche di modelli stranieri:dai Simbolisti di fine Ottocento,alla presenza di Valery e della sua esigenza di geometrica perfezione da raggiungere con un coscienzioso lavoro tecnico.

Alla chiusura ermetica si oppone la poesia chiara ed onesta di Saba, chiarezza ed onestà che il poeta deve perseguire in primo luogo in relazione con la sua funzione sociale,che consiste nel rapporto profondo che la poesia è in grado di stabilire con le leggi elementari della vita, quali l’eros.

Dopo la Seconda Guerra mondiale, con l’irruzione delle masse nella storia, avvenuta attraverso la partecipazione alla resistenza, con la nascita dei grandi partiti e lo sviluppo dei sindacati, la posizione di chiusura degli intellettuali era destinata a non sopravvivere e ciò lo dimostra la presenza dell’impegno civile anche nell’ermetico Quasimodo, che nella silloge Giorno dopo giorno, viene ispirato da momenti ed eventi della Seconda Guerra mondiale.

I teorizzatori per eccellenza della necessità dell’impegno furono, come già si è detto, Gobetti con“La rivoluzione liberale” e poi “Il Baretti” e Gramsci con” L’Ordine nuovo”. Essi, pur partendo da posizioni politiche diverse, considerano l’attività letteraria in rapporto con le questioni più vive della società; in particolare Gramsci nei Quaderni del carcere,propone la figura dell’intellettuale organico,ossia legato organicamente al gruppo sociale.

Nasce così il Neorealismo, sinonimo d’impegno, di denuncia, di realtà, che trovano ampia esplicazione nella narrativa e nel cinema, ma che non manca neanche nell’ambito della poesia: la già citata silloge di Quasimodo e molta poesia di Montale, solo per ricordare gli autori più noti.

Una forte influenza sulla poesia italiana di questo periodo ha la letteratura europea e anche a tal riguardo rilevante è la sollecitazione alla sprovincializzazione della nostra cultura delle già menzionate riviste Il Barettie Solaria, che favoriscono la divulgazione in Italia dei principali autori stranieri. Nell’ambito della poesia, il filone europeo diffusosi in Italia è quello del cosiddetto “Classicismo moderno”, che si caratterizza per una riscoperta della tradizione, unita però ad una forte consapevolezza della crisi moderna delle certezze; esso è rappresentato soprattutto dall’angloamericano Eliote dal francese Valery, già ricordato per il suo influsso sugli Ermetici.

 Dall’incontro con il modello dantesco la poetica di Eliot riceve una maturazione decisiva che sfocia nella teorizzazione dell’innovazione tecnica attraverso la quale esprime la propria poetica : il correlativo oggettivo,ossia il tentativo di comunicare i propri sentimenti non in prima persona,ma attraverso un corrispettivo esterno alla mente e alle emozioni, insomma un’allegoria, un ‘immagine o un giro di frase che deve essere capace di suggerire contenuti logicamente staccati dal sentire.

 In Italia, il poeta su cui maggiormente Eliot influisce è sicuramente Montale, la cui poesia già dalla seconda raccolta, Le occasioni, diventa allegorica. Come suggerisce Eliot, egli abbandona lo stile aspro e arido attraverso il quale esprime il male di vivere in Ossi di seppia e tende a realizzare uno stile più alto ed una metrica più regolare, oltreché un più chiaro allegorismo. Così Clizia (storicamente Irma Brandeis) diventa, come in Dante la figura di Beatrice, donna–angelo, portatrice però, non di valori cristiani, ma umanistici. La terza silloge, La bufera ed altro, nelle prime sezioni presenta il tema della Seconda guerra mondiale, nelle successive, di fronte alla delusione post-bellica e all’affermazione di una società di massa sempre più vasta ed omogenea, mette in dubbio la stessa sopravvivenza della poesia e Clizia è costretta alla fuga nell’oltre-cielo dei valori e, al posto delle allegorie umanistiche, propone quelle di animali che indicano la strada della salvezza nel mondo degli istinti e dell’eros, nel fango della vita concreta; da qui, per esempio, l’emblema dell’Anguilla, o la presenza di Volpe (M. Luisa Spaziani), donna concreta e passionale, salvezza per il poeta, ma non per tutti. Nell’ultima sezione della raccolta,Conclusioni provvisorie,prevale la convinzione che la crisi della civiltà occidentale e dei suoi valori sia irreversibile e la stessa poesia appare ormai improbabile; tali convinzioni inducono Montale a un decennio (’54- ’64)di silenzio poetico. Dopo la morte della moglie Drusilla, chiamata allegoricamente Mosca, tornerà in suo omaggio a scrivere versi, ma

 Satura e le raccolte successive si caratterizzano per una scelta prosastica e satirica, che ricorre, soprattutto nelle ultime, alla citazione o all’autocitazione parodica.

Nel 1975 Montale riceve il premio Nobel per la letteratura e in tale occasione pronunzia un discorso in cui rivela tutto il suo pessimismo di fronte alla possibilità di sopravvivenza della poesia. Essendo la società attuale dominata dalla tendenza allo spettacolo e al consumismo, “ l’arte, sostiene Montale, è diventata produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via, in attesa di un mondo nel quale l’uomo sia riuscito a liberarsi di tutto,anche della propria coscienza. In tale paesaggio di esibizionismo isterico (cioè di esagitata mostra di sé cui ci abituano giornalisti e televisione), quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia?” A questa domanda che si ripete più volte non dà risposta, ma fa comunque intuire il suo pessimismo.

Quanto sinora si è detto giustifica,da un punto di vista esclusivamente estetico, la distinzione, effettuata da Pasolini,di tre filoni a partire dagli anni ‘20 nell’ambito della poesia italiana: uno novecentista e due antinovecentiste. Il primo è considerato a lungo centrale nel Novecento e si collega ad Ungaretti e in genere agli Ermetici; delle due linee antinovecentiste, una è legata alla poesia narrativa di Saba e nel suo ambito è possibile inserire i poeti: Penna, Caproni, Bertolucci, Pavese, Noventa, l’altra al filone allegorico di Montale, a cui sono collegabili Luzi, Sereni e Fortini,anche se in quest’ultimo poeta è sicuramente presente l’influsso di entrambe le tendenze.

La domanda postasi Montale nel 1975 è valida anche adesso,perché ancora non siamo in grado di dare una risposta. Gli anni che vanno dal 56 alla fine del millennio, secondo molti intellettuali, segnano un passaggio epocale: all’età moderna succede l’etàpost-moderna, le cui caratteristiche si connotano soprattutto a partire dagli anni 70, visto che il decennio precedente si caratterizza ancora per la fiducia nel progresso, di cui sono espressione da un lato il boom economico di quel periodo, dall’altro i movimenti sociali e politici di contestazione ( il cosiddetto Sessantotto, dall’anno in cui esplodono). Gli anni settanta invece sono caratterizzati da una profonda crisi energetica, legata alla guerra arabo-israelana del Kippur e all’innalzamento del prezzo del petrolio, ma in Italia anche dallo svilupparsi degli atti terroristici.

 Alla crisi economica si aggiunge una crisi culturale: domina un senso di sconfitta e di chiusura nel privato,di abbandono degli atteggiamenti di rottura e di contestazione; gli intellettuali si ripiegano a lavorare su testi e stili del passato,che vengono citati o rimontati insieme spesso in modo disimpegnato e divertito.

Intanto nel 1989, la caduta del muro di Berlino preannunzia la fine dell’URSS e ciò determina un nuovo assetto geo-politico nell’Europa dell’est e nuove guerre, come conseguenza dei rigurgiti nazionalisti dei vari stati; inoltre il Medio-Oriente continua ad essere in una condizione di guerra permanente. Le industrie fanno fronte alla crisi attraverso processi di tecnologizzazione del lavoro e di espulsione della mano d’opera tradizionale, mentre,frattanto, si entra nella fase della mondializzazione dell’economia. Le multinazionali non interagiscono più con i singoli stati, ora pochi gruppi industriali agiscono al di fuori di ogni controllo nazionale e sovranazionale e la politica direttiva dello stato sull’economia non è più possibile. Inoltre l’informatica acquista un ruolo di primo piano, non solo nella ristrutturazione industriale tradizionale,ma nel generare, con il conseguente sviluppo delle telecomunicazioni e della telematica,un nuovo tipo di produzione: la produzione dell’informazione, del sapere, dello spettacolo dell’intrattenimento, diventando così la cultura ancor di più merce e sconvolgendo il modo di vivere il tempo,lo spazio e le distanze. L’universo dei linguaggi diventa pervasivo,fino a rimpiazzare il mondo delle cose e dell’esperienza reale: è il trionfo del virtuale, che segnala una difficoltà crescente ad avere rapporti concreti con il mondo circostante.

La crisi culturale,il trionfo virtuale, la globalizzazione sono gli elementi caratterizzanti il cosiddetto Post-moderno. Ma esso è ancora in corso? Oggi, a seguito dei tragici avvenimenti con cui è iniziato il nuovo millennio (l’11 settembre nel 2001, la seconda guerra del Golfo nel 2003,i potenti flussi migratori verso i paesi ricchi,mentre alcune zone del mondo sprofondano in una miseria sempre più nera) si registra la fine del disimpegno (comunque non integralmente diffuso neanche prima),insieme ad una rinnovata attenzione nell’ambito della letteratura e dell’arte, per le problematiche sociali e in genere per la realtà.

In questo contesto storico-culturale, la poesia ha un posto sempre più marginale, ma non perché manchi il dibattito ideologico, bensì perché diventa sempre più esiguo il numero dei lettori.

Nel 56 nasce la rivista “Officina” ad opera di Pasolini, Leonetti e Roversi;essa si propone di opporsi sia al Neorealismo che al Novecentismo, ossia la tradizione lirico-simbolico-ermetica e propone lo sperimentalismo, forme di scrittura nuove; queste posizioni vengono condivise dalla rivista “Il Verri”, diretta da Anceschi, che però non condivide l’impegno contenutistico proposto da Pasolini. Il dibattito culturale produce la prima manifestazione esplosiva del nuovo:l’antologia ” I Novissimi”, che contiene poesie di Giuliani, Sanguineti, Balestrini,etc…; questi poeti si chiamano Novissimi nel senso di ultimi, con la volontà di meravigliare il pubblico e di provocarlo con i loro versi incomprensibili,infatti essi considerano il linguaggio quale luogo e strumento attraverso il quale esprimere le contraddizioni della moderna società di massa.

Il passo successivo è la fondazione a Palermo del” Gruppo 63”e la Neoavanguardia diventa a questo punto il fatto più nuovo. Del Gruppo 63 fanno parte tanti illustri artisti: Guglielmi, Barilli, Sanguineti, Leonetti, R. Di Marco, etc… ed esistono al suo interno anche tante posizioni, ma quella prevalente propone il pastiche, ossia il puro montaggio linguistico, come unico atto rivoluzionario possibile, prescindendo dai contenuti e dai messaggi.

 Appare opportuno rilevare come a partire dagli anni Sessanta, la capitale siciliana manifesti una notevole vivacità culturale, un’energia intellettuale aggregante che si manifesta per più di un ventennio,favorendo, fra l’altro,il sorgere del” Centro culturale Pitrè” e del movimento avanguardistico” l’Antigruppo”,così chiamato in antitesi al Gruppo 63. Il primo, nato nel 1970 con l’idea ispiratrice di incrementare la cultura siciliana, grazie all’impegno e all’entusiasmo di promotori come Elio Giunta,riesce a stabilire un dialogo fattivo prima con la cultura araba e poi con quella nazionale, infatti insigni personalità, quali S. Ramate M. Luzi, offrono al Pitrè occasioni di apertura a livelli alti e qualificati; il secondo si caratterizza per atteggiamenti polemici,manifestazioni di piazza,rifiuto dell’establishment editoriale e culturale del nord Italia; tra i suoi leaders emerge Ignazio Apolloni, che poi con la rivista “Intergruppo”, mantenendo un atteggiamento avanguardistico, propone la singlossia, ossia la fusione del linguaggio verbale con quello iconico-visivo.

 Allargando nuovamente lo sguardo alla realtà nazionale, è necessario rilevare che venuta meno la rivista “ Officina”, parte della sua eredità viene raccolta dal “Menabò” di Vittorini e Calvino. Questi tentano una mediazione tra le posizioni contrastanti delle due precedenti riviste: Calvino, in particolare, invita a non considerare la letteratura come l’unica contestazione possibile, agente esclusivamente sul piano tecnico-formalee propone di uscire dal magma indifferenziato o palus putredinis, come chiama Sanguineti la caotica realtà contemporanea;Vittorini afferma che il tema industriale deve entrare nelle poesie e nei romanzi.

 Ma intorno al 74 -75 la Neoavanguardia è già finita, infatti diviene egemone, ad opera di ex contestatori, quali Cacciari e Vattimo, un irrazionalismo fondato sull’asse Nietzsche-Heidegger. Da ciò deriva in ambito poetico, la pubblicazione di un’antologia dal titolo, La parola innamorata. Ma i poeti (De Angelis, Conte, etc..), le cui liriche sono raccolte nella suddetta silloge, sono anch’essi post-moderni perché riprendono l’idea della supremazia del linguaggio, tuttavia tale elemento viene poi rivissuto secondo i moduli della tradizione del Simbolismo e dell’Ermetismo; si tratta, dunque, di una posizione eclettica,di un post-modernismo tradizionalista.

Un momento significativo di quegli anni è il1984. In quest’anno, promosso dalla rivista “Alfabeta” si svolge a Palermo un notevolissimo dibattito,titolato”Il senso della letteratura” e, in questa occasione, la “Parola innamorata” e ciò che essa comporta raggiungono il massimo successo. Nel medesimo tempo, affiora una tendenza minoritaria che da Alfabeta viene definita espressionista eneoallegorica.

 Nel1989 i giovani che sostengono quest’ultima tendenza ( Lello,Voce, Cepollaro, Baino, Frixione) fondano il” Gruppo 93” con chiaro intento ironico nei confronti del Gruppo 63, proponendosi, come poi di fatto avviene, di sciogliersi nel 93. Questo perché credono che non sia più possibile un’avanguardia a cui il costituirsi in gruppo pur richiama.

 Nell’ ultimo ventennio è difficile indicare direzioni ben precise perché tantissimi sono i poeti ed eterogenee le tematiche e le modalità espressive adoperate,anche se, come già si è detto non manca un ritorno all’impegno. Quello che manca davvero alla poesia contemporanea è chi la legga, al punto che spesso si ha l’impressione che i versi stampati in un libroopubblicati in un sito letterario siano soppiantati da quelli messi in musica, modulati dalla voce dei cantautori.

Di certo la canzone riesce a raggiungere un pubblico enormemente più vasto rispetto a quello appena lambito dai poeti. Ma è anche vero che se poesia e canzone condividono l’uso letterario del linguaggio, di fatto si differenziano poi per tutta una serie di caratteristiche che impediscono la semplicistica equiparazione delle due forme espressive. I cantautori, ad esempio, devono tener conto della necessità di unire parole e musica, di dover ricercare l’effetto e l’identificazione emotiva e sentimentale del pubblico pagante.

Ma perché la poesia non viene letta? E’difficile dare una risposta anche a questa domanda e da parte della critica vige un costante imbarazzo di fronte a un panorama mutevole delle tematiche e degli stili: ora si scrive ancora seguendo moduli ermeticio eccessivamente elaborati, sino alla destrutturazione del linguaggio, o viceversa utilizzando moduli prosaici, semplicistici,se non addirittura banali. In tutti i casi, il pubblico dei lettori è lontano dalla poesia contemporanea e, di conseguenza,i grandi editori,che agiscono inevitabilmente secondo la logica di mercato, non pubblicano ciò che non si vende.

Allora che fare affinché la poesia non continui a vivere nel limbo ?Non bisogna trascurare l’importanza di trattare temi interessanti e soprattutto legati alla realtà dei tempi, inoltre è necessario innovare le modalità espressive. Il linguaggio non deve essere eccessivamente aulico o filosofico, né quotidiano o banale, ma medio, semanticamente definito,con una strutturazione grammaticale-sintattica pressoché logica, in maniera tale che si renda fruibile ad una prima lettura il senso generale della frase e dei versi, affidando la dimensione poetica dell’espressione alla musicalità delle parole, al ritmo, a sporadiche rime o quasi rime, a tropiconnotativamente rilevanti, ma facilmente decodificabili. Per dirla in breve, bisogna rivenire ad alcuni di quegli elementi retorici e metrici della tradizione letteraria che rappresentano un’inesauribile ricchezza a cui bisogna attingere non in modo indifferenziato, ma gestendoli, adeguandosi alla realtà della comunicazione odierna.

 Insomma non bisogna rinunzi area quella oraziana medietà linguistico-formale che, pur non trascurando qualche “callida iunctura”, garantisca al verso la comprensione dei significati insieme al godimento estetico. Tali caratteristiche dovrebbero considerarsi gli elementi necessari perché la poesia,utilizzando anche la fruibilità comunicativa che internet ed i più tradizionali mass-media offrono, ricominci ad essere letta e riacquisti la popolarità dei tempi passati.



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