Avevo compiuto tredici anni da una settimana e volevo un letto tutto per me.
Abitavamo in una casa piccola ed io, mio fratello e nostra sorella, dormivamo in una stanza di cinque metri quadrati.
Per mancanza di spazio, io e il mio gemello stavamo in un letto a una piazza e mezzo. Con l'intento di convincere mamma e papà a comprare due brande separate, un pomeriggio ho preso le misure della stanza e ho disegnato sull’interno della copertina del quaderno di geometria una nuova disposizione dei letti nella cameretta, infine l’ho fatta vedere ai miei per dimostrargli che lo spazio della stanzetta fosse sufficiente per tre brande differenti.
Riuscii a persuaderli.
Avevo fatto degli schizzi a mano, per cui le linee non erano venute dritte.
Dopo qualche giorno, l’insegnante di matematica e geometria, mentre visionava i quaderni degli appunti, ha notato sul mio quelle linee di inchiostro sul retro della copertina e, senza chiedermi che cosa fossero, ha cominciato a rimproverarmi.
Muoveva il braccio teso fra un lato e l’altro della cattedra mentre teneva, fra l'indice e il pollice, il quaderno per un angolo e lo faceva ciondolare aperto per mostrare a tutti la goffaggine di quelle figure che avevo tracciato.
Io ho alzato la mano per spiegare che cosa significassero quei segni, ma la Prof. non mi ha lasciato parlare perché ha continuato a rimbrottarmi alzando la voce. Ha pure supposto che io avessi dei problemi perché, in seconda media, ero stato capace di scrivere degli scarabocchi da bambini dell’asilo.
Ho abbassato la mano e sono rimasto in silenzio a fissarla.
Stava seduta dietro la cattedra e, borbottando “che idiota!”, puntava la mano verso di me con il palmo volto all’insù, senza mai guardarmi negli occhi.
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