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Eroica

di alessandro venuto
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Pubblicato il 29/02/2020 13:05:14

 

Da tutta la vita attendo 

che eroica la crepuscolare anima

mia trovi il suo canto

e non si franga simile a risacca 

contro gli scogli del giorno.

Vorrei una voce. 

Ma invece celo sotto i panni 

dell’uomo sconfitto

le vestigia del dio

che tutto vuole, 

nulla stringe, 

odierno Superman

che si nasconde da

Clark Kent. 

Ma ho udito il dio

gridare forte in Gae Aulenti

e il poeta scrivere su carta 

‘No, gente, Pan non è morto’

a conferma. 

L’ho visto scalare a forza i verticali

boschi a caccia di modelle,

ninfe di passerella

che il mondo vagano

e non fanno il nido che per

pochi giorni. 

Il sole del mattino mi scaldava

un poco

ma il Dio mi bruciava il petto. 

Volevo una voce ma non gridai

per tema del giudizio. 

Vidi Apollo sorridente in alto

nelle torri del potere e Atena

manager di Milano capitale

scendere di tanto in tanto in Sempione

con Diana per cacciare. 

Ma ancora non ero in grado di parlare.

Scorreva veloce Hermes sul filo 

L’uomo un all’altro connettendo

Ma mai qualcuno a se stesso

Che ciascun di più l’ombra sua teme

Che tutte quelle dell’intero Ade. 

Venere di notte la sua malia stendeva

fuoco nelle vene e di ogni ragazza

pelle di seta sete viva mi accendeva,

una fiamma antica senza forma

che del divino ha la sostanza. 

Per mesi mi aggirai ebbro di vita

alla ricerca del tutto.

Chiesi

alle stelle urlando

chi ero

ma nemmeno si ritrassero per sdegno

e solo il silenzio era eco al mio

chiamare. 

S’accendea Piazza Castello di luci

come un focolare, 

Zeus lanciava fulmini tra nubi plumbee

dal Duomo

verso Galleria Vittorio Emanuele.

Poi una notte che il piacere dolore

diveniva troppo forte 

una penna e un foglio di carta 

vennero in soccorso e non io,

gli dei cominciarono a parlare. 

‘Guarda l’uva che feconda nasce

in autunno quando tutto muore

e benedice i campi con dei chicchi

bruni il lor turgore. Donne la raccolgono

e insieme a bimbi e canti 

schiaccian via il succo prodigioso

che nettare a me sacro acre botti

empira’ nelle cantine odorose.

Migliorera’ invecchiando, 

insegnamento e monito a ogni uomo.

E cosi‘ tu, 

armato di divin strumento

che entusiasmo dite, 

spirito insonne, guerriero d’arte, 

a te simili invia il tuo canto

dalla tua stanza in Casoretto.  

Al timone di una barcaccia

che sembra senza fondamento

come l’Itacense assetato di esperienze, 

fa che sentano. 

Studenti, impiegati,

donne di strada o imprenditrici, 

letterati e poeti,

vagabondi e drograti

non importa, dovranno sentire. 

Non gli opinionisti: a loro

follia ha mangiato il cuore. 

A me dedica ogni strofa 

ma l’ispirazione oscena

ricerca sempre dalla Musa. 

Lascia che ti accenda. 

Primavera d’inverno,

Dell’alba tramonto, 

Homo novus 

Innalza il tuo canto!

Che dei e uomini sentano. 

Non importa come sia,

ma simile a giovane rapace lanciati

nel vuoto e 

cadendo vincerai il cielo. 

Fa della tua vita 

la tua più grande opera:

Eroica sia,

niente di meno.’ 


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