Pubblicato il 07/09/2008 14:42:19
Leggere una poesia è viaggiare nella nostra seconda vita, quella che non vediamo e che pure ci appartiene. E' come entrare in un ginepraio senza sentieri, dove tutto ciò che scopri è tua invenzione, anche cose e persone concrete che ti circondano ogni giorno o che ti sono sempre rimaste dentro. Delle persone che incontri riconosci solo il bello, quindi si somigliano tutte, perchè la bellezza è una ed è riconoscibile in un batter d'occhio. E' un sentimento. Chi scrive versi usa pochi fatti, descrive l'immobilità, e di conseguenza parla di te prima che cominci ad agire, o subito dopo, quando ti chiedi se negli ultimi anni, o fin da quando hai cominciato a camminare, hai sbagliato qualcosa. Parla di te che sei appena un'ombra dentro il sogno di tutti. Nei suoi "Pensieri", Gustav Flaubert ci dice che la poesia è una pianta selvatica, cresce dappertutto senza essere stata seminata. Il poeta è solo un paziente botanico che s'inerpica sulle montagne per andare a raccoglierla. Se la poesia esiste vuol dire che è necessaria alla nostra vita. Non c'è nulla, proprio nulla di inutile sulla terra, e nel cielo. Ogni cosa serve a un'altra. La poesia si troverà sempre in natura, almeno fintanto che ci sarà qualcuno disposto a cercarla. E fino ad oggi, malgrado le mille calamità della storia, i poeti non sono mai mancati. La poesia serve agli uomini, come gli uomini alla poesia. Anche nel cuore del più brutto dei mondi si trova qualcuno che si arrampica nel silenzio del vento, e va a scovare i profumi della nostra esistenza autentica, fatta di sensibilità e di immotivate emozioni. I versi sono musica, e perchè dovremmo ascoltare, come direbbe Voltaire, la musica dell'anima? Difficile rispondere a questa domanda. Forse solo i bambini hanno la risposta, solo loro vivono di eterne sorprese. Ma non hanno ancora l'abbecedario. Diventeranno grandi e scopriranno che i ricordi più belli sono quelli che abbiamo dimenticato, e stanno scritti nella poesia.
Da "L'Unità" di domenica 7-9-08
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