Sbadiglia ancora l’ultima notte,
pallida arriva la luce.
Albeggia.
Scuoti dal sonno le pesanti coltri,
risveglia il corpo col primo sbadigli.
Venere.
Polvere bruna nella caffettiera algida,
gorgoglia vapore fragrante sulla fiamma;
illumina i primi pensieri.
Aprono gli occhi le finestre luminose,
sbadigliano le serrande fragore di tuono
ed ecco!, già il tram sferraglia sulle rotaie lucide
tra le pietre.
La citta‘ si sveglia.
Volti tirati emergono dai palazzi e svaniscono
nelle auto, giù in metro, sugli autobus;
stomaci tesi, sguardi bassi, la distanza tra realtà
e sogno è spessa una palpebra.
Ma quanto sono distanti alla prima luce del giorno
che si dirama sulle chiese di mattoni rossi,
tinge di viola il cielo, di rosa pastello il marmo
del Duomo.
Brilla la Madonnina il suo buongiorno.
Sei uscita anche tu, tra gli altri;
un secondo caffè nel bar già affollato
con lo sguardo distratto che vaga
tra le colonne di S. Lorenzo.
Brinda alla luce maestoso Costantino il Grande.
Perche‘ non hai voglia di affrontare il giorno?
Da quando la vita ha fuggito il tempo?
Nevrotici, veloci, disconnessi.
Basterebbe un minuto sul prato davanti alla chiesa
di Sant’Eustorgio,
un buon libro sotto il cielo ormai chiaro.
Un minuto in piu’.
Sorseggiando il caffè con aria sognante
scosti una ciocca di capelli dal viso
con un gesto leggero della mano ed ecco,
chiudi gli occhi a mandorla
e si apre la via dove cammini veloce
mentre si appressa l’Arco di Porta Ticinese,
sulla destra la Darsena dove nell’acqua fresca
si specchia alto il sole. Scivola una barca leggera.
Non ti stupisce si alzi in volo un gabbiano?
Ruzzolano numerose le auto per via, si fa pesante
l‘aria.
Cammini leggera lungo il corso del Naviglio Grande,
entri in una libreria ombrosa che profuma di carta
dove scricchiola il pavimento di legno che
ricorda un antico non visssuto.
E’ tempo di un terzo caffè seduta all’aperto,
un libro di Knausgard da sfogliare
e un respiro profondo.
Poi torni a te stessa, paghi ed esci dal bar.
Sei pronta alla sfida del giorno.
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