L’occidente gioca con vita e famiglia? Putin le difende. E l’Europa dell’est lo segue. Il ruolo del patriarca Kirill.
Roma. Una “nuova Guerra fredda”, con la Russia da una parte e gli Stati Uniti e l’Europa occidentale dall’altra. Non soltanto geopolitica, su Ucraina, Crimea e Siria. Ma anche ideologica, in particolare sui temi della vita e della famiglia. In Russia ha appena raggiunto il mezzo milione di firme una petizione per vietare l’aborto definendolo “omicidio legale”. A promuoverlo il patriarca di Mosca Kirill e la nuova incaricata dal presidente Vladimir Putin per i diritti dei minori, Anna Kuznetsova. La senatrice Yelena Mizulina, vicinissima al Cremlino e architetto delle battaglie pro life, ha detto che gli aborti sono responsabili per “il livello di aggressività nella società”. Più di due decenni sono passati da quando la prima generazione di gruppi anti aborto è emersa in Russia nel 1990. Prima di allora, la maggior parte dei russi non considerava l’aborto come un problema morale. L’Unione sovietica aveva addirittura varato la prima legge permissiva sull’interruzione di gravidanza. Oggi i pro life, forti dell’alleanza con la chiesa e Putin, hanno un obiettivo: “Salvare la Russia dal calo demografico, un bambino alla volta”. Nel settembre 2015, Kirill ha detto che tutte le diocesi “saranno dotate di rifugi per le donne che non vogliono abortire”. Il patriarca e il ministro della Salute, Veronika Skvortsova, hanno firmato un accordo che identifica la prevenzione dell’aborto e “la promozione dei valori della famiglia” come i principali settori di attività congiunta per la chiesa e il governo.
Nel 2003, Putin impose le prime restrizioni alla legge che regola gli aborti dai tempi di Stalin, eliminando il diritto ad abortire nel secondo trimestre per motivi di “vulnerabilità sociale”. Putin ha poi dato un bonus alle donne che danno alla luce due figli. Nel 2012, Putin ha introdotto un periodo di attesa obbligatorio chiamato “settimana di silenzio” prima che una donna possa abortire. E’ stata vietata la pubblicità delle cliniche dell’aborto nei luoghi pubblici ed è stato proposto che le donne che vogliono abortire abbiano prima una ecografia, rendendo, così “obbligatoria la visione dell’embrione e del battito cardiaco”. La proposta è attualmente in fase di esame da parte del governo.
Ogni volta che l’occidente apre sui temi della vita e della famiglia, Putin chiude. La Francia, la Corte suprema degli Stati Uniti e l’Irlanda legalizzano le nozze gay? Putin mette al bando le adozioni di bimbi russi alle coppie occidentali. L’occidente promuove l’Lgbt a scuola? Putin lo criminalizza. L’occidente (Italia compresa) vara il divorzio breve? Putin tassa il divorzio (compreso il suo). Una tecnica inglese unica al mondo consente la nascita del primo bambino con tre genitori? Il giorno dopo, Kirill chiede la “proibizione della tecnologia di riproduzione assistita”. L’occidente adotta l’aborto “on demand”, su richiesta? Putin restringe il diritto di abortire. L’occidente si divide sul Fertility Day? Putin ne promuove due, tre all’anno. Un approccio molto popolare in Russia: secondo il Levada Center, l’84 per cento dei russi è contro le nozze gay.
E come i sovietici durante la Guerra fredda, Putin estende la sua influenza sui paesi dell’est europeo. Come scrive il Catholic World Report, “il vecchio termine ‘cortina di ferro’ ha indicato la barriera invisibile che ha tenuto prigioniere dei comunisti intere nazioni”. Oggi, una cortina di ferro è alzata “in particolare sui principi conosciuti come ‘non negoziabili’: la vita, la famiglia, l’istruzione”.
La Polonia sta discutendo il bando totale dell’aborto e l’Ungheria di Orbán, come Bulgaria e Slovacchia, ha inserito in Costituzione la difesa dell’embrione e del matrimonio uomo-donna. Ivan Korcok, ministro slovacco per gli Affari europei, ha parlato di “rischio trincee fra ovest ed est”. Perché come scrive su First Things Filip Mazurczak, “in Europa orientale è in corso una rivoluzione pro vita e pro famiglia”. E’ una nuova Guerra fredda: ieri, fra lotta di classe e libero mercato; oggi, fra liberalismo occidentale e “reazione” orientale.
(Il Foglio, 30 settembre 2016.)
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