Pubblicato il 01/02/2008
...tuttavia non posso continuare a percorrere le tue sponde, a ostruire la piena delle tue acque con l'affetto che il mio cuore farnetica.
Sarò il più silenzioso e lontano degli amanti. Mi piace, in fondo, saperti presente tra le valli sinuose della California, dalla quale il tuo grido di gioia può sormontare petrose distese e giungere ancora alle mie orecchie, attente a quella misteriosa allegria che sale da un cuore amante della vita, che ha saputo ricevere amore. Non starò in attesa sulle sponde del tuo fiume, ho già bevuto la tua acqua sorgiva, limpida e fresca di sorrisi e sguardi benevoli.
Potrai cercarmi e trovarmi (perché te lo permetto) nel luogo dove il deserto mangia gli spazi che il sole gli mostra e roventi terre gialle si innalzano come onde immani verso l'azzurro che impera e sottomette, costringendo ad abbassare lo sguardo e a chiedere tregua al desiderio di ombra. In quel luogo poserò i piedi piagati cercando di evitare la stessa sorte di amori errabondi, allontanatisi, imprudenti, dal refrigerio delle acque, nello sconforto e senza rafforzare la propria anima nella cecità della fede in un più ampio mistero d'amore.
L'anima che ama, rivestita di una luce nobile, simile a quella di un'alba eternamente immobile, sa patire sul proprio corpo le piaghe causate dall'assenza dell'amato. Così rafforzato, l'amore sa non essere amore, sa rimanere nell'oscurità della sua stessa assenza e, nonostante questo, allargare il proprio amore all'infinito ed eterno attimo che lo circonda. Forse nel deserto si muore veramente, ma forse soltanto si crede di morire, perché forse la morte non è ciò che crediamo, oblio, ma il suo esatto contrario.
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