Pubblicato il 05/12/2019 15:15:43
Gli ultimi rantoli di una cieca debolezza privano l’essere di uno strame di dolcezza che invano ha nutrito gli armenti. Nudo, il freddo e le intemperie più non temo, né il pusillanime sfoggio di un arido eloquio.
Arde in me il piacimento di esser sospeso tra spazio e tempo.
Che parlottino pure gli astanti nel memento di un fugace godimento, di un bivacco ai servigi di un redivivo Bacco.
Dal mio esile esilio già basta il mormorio di un canto per gioir dell’esser vivo.
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