Scrivere in versi. Metrica e poesia di Gabriella Sica pubblicato nel 2011 per Il Saggiatore è alla terza edizione aggiornata e riscritta in alcune parti ed è stata ampliata di una nuova introduzione, con una nuova lettera sulla poesia, 2011. Gabriella Sica è tra i maggiori poeti del nostro tempo e questo manuale è un’indiretta esemplificazione del suo lavoro di scrittura, in qualche modo della sua esperienza e di come ella intenda la poesia; in qualche modo nel libro ritroviamo la sua teoria della poesia e contemporaneamente la sua poetica.
Cifra della postmodernità può essere considerata la decostruzione, che in campo letterario ha determinato, tra le altre cose, la fine della metafisica e del logocentrismo. E se è vero come è vero che la dichiarazione della fine dell’uomo e di Dio sono stati l’appropriazione ultima del nichilismo, anche la letteratura, la poesia e l’arte attraverso la loro dissolvenza, mercé il decostruzionismo, hanno avuto il loro approdo al nulla. In modo particolare l’avere contestato e messo in discussione il logos, la parola, il discorso, la concettualità, ma anche l’espressione, che non è altro che l’impressione incarnata nella parola, hanno celebrato la fine del senso. Senso umano e letterario, della persona come dell’arte, della poesia, che in qualche modo andava e va ri-costruito sull’onda della memoria e di un passato che necessitano essere ri-attualizzati. Occorre un impeto estetico e nello stesso tempo etico, che scavi nel passato letterario e in opere che presentano valori di contenuto e forma e di riferimento.
Proprio per questo scrivere versi oggi può avere una valenza di recupero. Recupero fondamentalmente di un canone ancorato ai valori di una tradizione che ha fatto sì che ancora oggi si senta la necessità di scrivere in versi per mantenere non disgiunti, come sosteneva il Petrarca, la virtù e lo studio delle lettere. Virtù, amore, salvezza; di cui oggi abbiamo più che mai bisogno e che rimangono soltanto delle idee fintanto che non vengono incarnate nella parola e nell’azione, col duplice effetto di fare estetica e etica contemporaneamente. Ineludibile pertanto l’opera di ricostruzione, a fronte della decostruzione, che mostri l’ineludibilità e la centralità della parola con un ritorno al logocentrismo metafisico proprio della persona autentica. E per traslato dell’artista autentico, del vero poeta.
Croce affermava che “la materia poetica corre negli animi di tutti: solo l’espressione, cioè la forma, fa il poeta”. E che cos’è la forma? Se non l’anima della poesia che è anche il verso, il metro, la rima; quei piedi con cui tracciare un percorso iniziato secoli fa e che oggi i poeti continuano a percorrere, per quanto con maggiore libertà. Ma pur sempre con quel respiro che è traccia e fondamento della dicibilità poetica nel gioco tra inspirium ed espirium, che determina la ritmica connaturata col senso, col corpo e con la musicalità della poesia, come aveva intravisto anche sant’Ignazio di Loyola. Scrivere versi non è altro che rendere alta la parola, dare espressione ai sentimenti, alle intuizioni e alle impressioni in un modo e in una forma che, come dice Gabriella Sica, fanno sì che si scriva “non solo con la propria generazione nel sangue, ma attingendo all’immenso patrimonio metrico della tradizione classica e moderna”.
Ecco perché questo libro, che parla di poesia, sulla poesia e con la poesia, lancia una duplice sfida per il presente e per il futuro agli appassionati di poesia, ma soprattutto ai poeti: da una parte di ricostruzione formale e materiale della poesia attraverso la conoscenza delle tracce delle forme metriche, che si sono succedute nella poesia nel corso dei secoli, dall’altro di ricostruzione sostanziale, in quanto “questo libro sulla metrica non ha come fine la metrica, ma la persona”. Non dimenticando, con Martha Nussbaum, che la poesia ci aiuta ad accrescere le nostre capacità e a diventare persone coltivando l’umanità.