Oltre 7 mila morti in un anno. I numeri della persecuzione dei cristiani nel mondo.
La mappa dell'odio anti-cristiano
Oltre 7.100 cristiani hanno perso la vita a causa della loro fede nel 2015 nel mondo (e in questo 2016 il dato dovrebbe aumentare ancora), mentre 2.400 sono state le chiese attaccate, secondo il report dell'associazione Open Doors. 10 milioni sarebbero invece, secondo le stime della Caritas, i cristiani che sono dovuti scappare dalle persecuzioni nei loro paesi d'origine.
Un fenomeno in continua crescita
I martiri cristiani sono in aumento. L'estremismo islamico, il nazionalismo religioso e la paranoia dittatoriale sono in continua ascesa e quotidianamente rivolgono la loro intransigenza verso le minoranze religiose, in particolar modo verso quella cristiana. Dai 4.344 morti del 2014, si è passati agli oltre 7 mila del 2015. E il prossimo anno, stando alle stime, crescerà ancora. L'aumento di omicidi è correlato a un'accresciuta violenza contro i luoghi di culto. Erano state 1.062 gli assalti a chiese e monasteri nel 2014, sono saliti a 2.400 nel 2015.
L'esodo dai luoghi di massacro aumenta vertiginosamente: sono 10 milioni i cristiani in fuga
Secondo le stime fornite dalla Caritas sarebbero circa 10 milioni i cristiani che sono stati costretti ad andarsene dai loro luoghi d'origine. Solamente in Iraq sarebbero oltre 2 milioni le persone scappate dalla violenza islamista dello Stato islamico, un altro milione è fuggito dalla Siria. Sarebbero invece 1,5 milioni in Nigeria e nelle regioni limitrofe. L'aumento dell'intolleranza religiosa in Bangladesh e Pakistan e la stretta nazionalista in India ha causato la fuga di 1,8 milioni di cristiani.
A novembre il Foglio aveva realizzato uno speciale sul genocidio dei cristiani, a pochi giorni dagli attentati islamisti a Parigi. Il direttore Claudio Cerasa nel presentarlo aveva evidenziato come "l’atteggiamento dell’opinionista collettivo è spesso simile a chi, osservando le notizie di un cristiano ammazzato oggi in Siria, uno domani in Iraq, uno dopodomani in Sudan, in Nigeria, in Eritrea, in Arabia Saudita, in Iran, si asciuga le lacrime senza troppa convinzione, dicendo, tra sé e sé: ma che ci vuoi fare, scusa, in guerra c’è molta gente che muore, e quando si è in guerra, tra i tanti che muoiono, non ci possono che essere anche dei cristiani", sottolineando come "in medio oriente, ma non solo lì, essere cristiani è diventato un peccato mortale e la furia islamista ha ormai scelto da tempo di indirizzare le sue lame e il suo tritolo verso i simboli del cristianesimo dando vita a uno sterminio di massa che giorno dopo giorno assume sempre più i contorni niente affatto esagerati di un genocidio cristiano".
Su queste colonne era intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che aveva indicato come "la persecuzione a carattere religioso non è mai a se stante, ma è parte della violazione, feroce e sistematica, delle libertà fondamentali dell’uomo, di cui il diritto a professare, a predicare, persino a cambiare la propria fede religiosa, senza dover subire discriminazioni o addirittura violenze, è elemento fondamentale".
(Il Foglio, 3 agosto 2016)
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