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I racconti della cataratta

Racconti

Filippo Cruciani
Giuliano Ladolfi Editore

Recensione di Maurizio Soldini
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Pubblicato il 06/03/2012 12:00:00

I racconti della cataratta potrebbero ben evocare dal titolo una qualche storia fluviale, magari una saga come Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli o una storia d’amore o di avventure tra le sponde del Nilo e le piramidi egizie. Invece siamo davanti ad un libro di racconti che riguardano l’impoetico, a prima vista, di una patologia dell’uomo, la cataratta, ovvero l’opacamento del cristallino. Sono racconti della cataratta e non il racconto, o meglio la storia della cataratta, come a dire che non si tratta della storia medico-chirurgica di questa affezione, ovvero non si affronta il problema col metodo storico, in tal caso storico-medico, ma sono racconti, narrazioni con al centro personaggi talora reali talora fittizi, che in qualche modo hanno avuto a che fare con la cataratta. Tanto meno si parla di questa patologia con l’esclusivo linguaggio della scienza medica. Per quanto il libro sia stato scritto da un medico-chirurgo oculista. Ma Filippo Cruciani è da anni un noto commediografo in lingua e in dialetto ed è molto conosciuto soprattutto nelle Marche. Così un libro che a prima vista potrebbe essere visto come impoetico, si presenta da subito come un libro di prosa narrativa con una intelaiatura tipica della commedia che si basa molto sul dialogo tra i vari personaggi, facendo emergere caratteri, vizi e virtù, situazioni e quant’altro che fanno assaporare il mondo di un’umanità, che gira intorno al problema della cataratta o comunque intorno al problema della vista e della cecità. Si parte da Omero, il poeta cieco; poeta per antonomasia e cieco anche per antonomasia. E si passa attraverso racconti che riguardano Ippocrate, Achimele, Catone, Virginia, Plotinio,  Celso, Teofilo, Frediano, il Cardinale Petrocchini, Benevoli, Cristoph  e Jacques Daviel, Strampelli, don Alberto, Tullia Grandocchi e Nasser. Personaggi veri o fittizi, tutti comunque realistici, che abitano i loro mondi e le loro età, dall’antichità classica greca e romana, a quella medioevale, a quella moderna fino all’epoca a noi contemporanea e addirittura con una proiezione nel futuro dove Nasser, personaggio  immaginario, ci  catapulta in un’era tutta virtuale e robotica. Cruciani ha un indiscutibile talento narrativo, col quale riesce a immergere il lettore nel racconto. E crea un’aura di empatia tra autore e personaggio, tra personaggio e lettore, quindi tra autore e lettore. Il plauso per l’autore di questo libro, I racconti della cataratta, è tale anche perchè contribuisce attraverso le sue storie a sensibilizzare ogni lettore sul problema di una patologia, che se non curata può portare alla cecità. Attraverso questa operazione, infatti, Cruciani fa azione preventiva, che non è solo medica e sociale, ma fondamentalmente letteraria e in quanto tale umana. Egli si rivela infatti fine dicitore e narratore, che attraverso le armi della retorica sa bene imbrigliare il lettore al punto da immergerlo in queste storie con finalità sia estetica che etica. Per Roberto Maggiani, “la poesia ha l’obbligo di espandersi sui territori della scienza, fino ai suoi estremi confini. Sia la poesia che la scienza sono fatti umani, pertanto devono incontrarsi nell’uomo e donare l’una all’altra la libertà di muoversi nei territori che ognuna ha raggiunto o conquistato”. Che mi sembra sia quel che riesce a fare molto bene con la sua plasticità poetica, ovvero creativa, Filippo Cruciani, il cui bel libro, valido sul piano sia etico che estetico, consiglio di leggere a tutti, per cogliere la capacità del nostro autore di addivenire ad un linguaggio, che riesce molto bene a soddisfare agli auspici di Novalis, come ricordato sempre da Roberto Maggiani, il quale si è occupato con molta perspicacia dei rapporti tra arte e scienza: “La forma compiuta delle scienze deve essere poetica”. Le scienze devono essere poetizzate, e mi sembra che Cruciani, con I racconti della cataratta, nel cercare di ottenere questo, prima di tutto ci provi e quindi ci riesca, contemporaneamente, in modo egregio.



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