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Visodangelo

di Vincent Darlovsky
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Pubblicato il 09/07/2022 15:49:13

(Piangeva. Le mancava Mario. Il fidanzato con la testa a posto)

 

In sala insegnanti, quella mattina, ho trovato una tipa che se ne stava in piedi, piagnucolava e si toglieva le lacrime dalle guance con i polpastrelli. Mi sono avvicinato al mio cassetto, l’ho aperto, ho preso il testo che mi serviva per fare lezione nell’ora successiva, mi sono seduto e ho cominciato a sfogliarlo. La tizia poteva avere più o meno 25 anni, era magra e alta 1.70 circa. Aveva le labbra un po’ carnose ed era piatta di seno. I capelli erano castani, ricci e lunghi fino a sopra il culo.

Indossava un maglioncino con la scollatura, un paio di jeans attillati e delle scarpe di tela sui calzini bianchi.

Stava dicendo alla collega di Francese che era arrivata a Bergamo dal Salento la sera precedente ed era alla prima esperienza di lavoro.

Mentre la osservavo con la coda dell’occhio, mi è venuta la voglia di leccare le lacrime che le scorrevano sul viso.

È suonata la campanella. Mi sono alzato, ho salutato e me ne sono andato in classe.

Cinque giorni più tardi, all’inizio di aprile, questa qui mi ha chiesto un passaggio dal convitto di Bergamo Alta, dove pernottava, al piazzale della scuola. L’indomani mattina io, lei e un’altra insegnante saremmo partiti in pullman per accompagnare i liceali di quarta ad assistere alle prove generali dell'Opera alla Scala di Milano.

Nel pullman si è seduta dietro di me. Ha parlato sottovoce al telefonino per tutto viaggio di andata.

Al teatro mi si è posizionata davanti, un po' a destra. Le guardavo la vita e il fondoschiena. Al ritorno, mancavano pochi minuti per arrivare al piazzale della scuola. I ragazzi mi hanno chiesto di prendere la parola al microfono per i saluti finali. Sono andato avanti e ho ringraziato l’autista, che ci aveva portati a Milano, quindi l’insegnante di Strumento e infine mi sono congratulato con gli alunni perché durante il concerto avevano mostrato interesse. Ho posato il microfono per tornare a sedermi ma gli studenti dei primi posti mi hanno fatto notare che mi ero dimenticato della nuova prof. Allora ho ripreso l'aggeggio in mano e mi sono scusato per l’annesia dicendo che la prof.ssa Garrone, essendo giovane e carina, si era mimetizzata fra di loro. Con la mano sul petto ho fatto cenno col capo di inchinarmi verso la supplente, ho riposto l’apparecchio sopra il cruscotto e sono tornato a sedermi mentre gli alunni applaudivano e mi facevano i cori.

Dopo due/tre minuti qualcuno mi ha fatto toc toc sulla spalla. Mi sono girato. Mi stava fissando a una distanza di dieci centimetri, fra la spalliera di un sedile e l’altro:

-Grazie per i complimenti!- Era arrossita e la voce le tremava.

-Grazie di che?- ho risposto facendole l’occhiolino.

Siamo arrivati a Bergamo e l’ho riaccompagnata al dormitorio. Poi me ne sono tornato a casa e ho pranzato. Mi sono sdraiato sul letto ma non sono riuscito a dormire perché pochi minuti dopo mi è arrivato un suo messaggio in cui mi chiedeva se avessi già preso impegni per il pomeriggio. Avrebbe voluto approfittare del bel tempo per fare una passeggiata e vedere Bergamo.

Le ho risposto che ero libero e ci siamo dati appuntamento alla fermata dell’autobus di Piazza Pontida per le 16:00.

Abbiamo gironzolato per i negozi di Via XX Settembre. Poi siamo andati in gelateria e ci siamo seduti a un tavolino. Mentre mangiava il gelato, apriva la bocca come per dire O, tirava fuori la lingua rosa e slinguazzava la crema di nocciola e cioccolato.

All’imbrunire, prima di tornare a casa, le ho proposto di fare un po’ di terapia panoramica a Porta S. Giacomo.

-Terapia che?!- mi ha chiesto.

- Fidati. Ti piacerà di sicuro- (le) ho risposto.

Siamo arrivati e ci siamo seduti su una panchina a guardare verso Sud. Le ho detto che quando di notte ero agitato, andavo lì, osservavo la Pianura e immaginavo che in fondo ci fosse il mare. Dopo un quarto d’ora ci siamo alzati e siamo andati via.

Davanti al convitto delle monache le ho detto buonanotte. Sorrideva e mi guardava con gli occhi spalancati. Mi ha dato un bacio sulla guancia stringendomi la mano ed è scesa dall’auto. Mi sono sentito le orecchie calde e ho avuto un'erezione.

Sono tornato a casa e mi sono masturbato. La mattina successiva, appena l’ho rivista a scuola, mi sono avvicinato.

-Ciao, scusami, devo andare in classe- mi ha detto guardando a terra.

Al termine delle lezioni, sono di nuovo andato da lei e ho chiesto se volesse un passaggio in macchina.

-Grazie, ma preferisco di no- mi ha risposto rivolgendo lo sguardo di lato.

Nel pomeriggio, però, mi ha mandato un messaggio. Si scusava per come si era comportata a scuola e proponeva di vederci verso le 17:00 davanti al Convitto. In questo modo mi avrebbe spiegato tutto. Mi sono fiondato lì in anticipo. È uscita una decina di minuti dopo le cinque e mi ha salutato sorridendo. Ho notato i denti bianchi e ho immaginato di lucidarglieli con la lingua. Ho detto che le avrei fatto conoscere la Città Alta a piedi. Mentre passeggiavamo mi ha parlato della vita che faceva nel Salento. L’ho ascoltata per un quarto d’ora.

Alla fine, ha concluso:

-…insomma, io sono fidanzata da cinque anni ma mi sento come una tigre in gabbia.

-Ah, capisco- ho detto io.

-Quando finisce l'Anno Scolastico non vorrei ricominciare la vita di merda che ho fatto finora- ha continuato lei.

-Quindi hai intenzione di lasciarlo?- ho chiesto.

-Sì, ma prima mi devo mettere assieme a un altro.

-Ah…- ho fatto io.

-Non lo posso mollare senza motivo. Capisci? I miei non sarebbero d’accordo-.

La bocca le si apriva e chiudeva. Mi sono venute in mente le lacrime che aveva versato il primo giorno di lavoro in sala insegnanti. Ho cambiato discorso, evitando di guardarla negli occhi.

Presto mi sarei pentito di aver fatto il finto tonto.

I giorni successivi siamo usciti insieme. Di pomeriggio per lo più, perché il suo tipo non voleva che uscisse più tardi.

-Mi chiama tutte le sere sul telefono fisso del pensionato- mi ha detto una volta in macchina mentre stavamo andando a cena per una pizza fra colleghi.

Fissava il parabrezza.

Poi ha aggiunto:

-Mi dice che così sta più tranquillo. Qualche volta mi telefona perfino verso mezzanotte.

-Come fai stasera se lui ti chiama e tu sei ancora fuori?- ho chiesto.

-La mia compagna di stanza gli dirà che sto dormendo- ha risposto.

In pizzeria, fra un discorso e l’altro, lei ha bevuto una birra da 33 cl. ed io quasi un litro di vino. Quando l’ho riaccompagnata, le volevo chiedere di restare un po’ in giro ma poi non le ho detto niente. Siamo arrivati davanti al Convitto e lei, prima di uscire dalla macchina, ha dato un bacio sulla sua mano e me lo ha mandato con un soffio che ho avvertito sul viso.

Sono tornato a casa e mi sono messo a letto. Le ho detto con un messaggio che mi sentivo un pugno allo stomaco perché se ne era andata via senza farsi baciare sulle guance. Mi ha risposto dopo due minuti con un “Prrrrrrrrrrrr….”.

La sera successiva siamo usciti di nuovo. Abbiamo mangiato un panino e bevuto birra in un pub. A fine serata, mi ha detto che non aveva voglia di rincasare subito e che voleva fare un giro per l'hinterland di Bergamo… Ho pensato di portarla sulla via per Dalmine a fare il puttan-tour. Andavamo a 10 all'ora in mezzo a transessuali che traballavano su tacchi di 15 centimetri. Ci siamo fermati da unə che ci ha detto che, se volevamo farlo in tre, ci sarebbe costato 50 euro. Siamo ripartiti. Poco più avanti c’erano delle battone mezze nude. Visodangelo ha cominciato a sghignazzare. Ha portato la mano davanti alla bocca e mi ha detto che aveva spesso immaginato di fare la puttana sui marciapiedi e di essere rimorchiata e sbattuta da uno sconosciuto.

La voglia era nata da un sogno che aveva fatto un paio di volte quando era adolescente, ma non aveva mai avuto il coraggio di raccontarlo al fidanzato. Nel frattempo abbiamo accostato una prostituta che ci ha chiesto 100 euro per 20 minuti di rapporto a tre. Le ho risposto che per noi era troppo caro.

Dopo Visodangelo mi ha detto che era tardi e che voleva rientrare. L’ho riportata al Convitto.

-Se tu fossi una puttana, io sarei un tuo cliente fisso- ho detto mentre lei si toglieva la cintura di sicurezza. Ha scosso la testa e ha sorriso. È scesa dalla macchina, ha chiuso lo sportello e poi mi ha fatto ciao con la mano.

 

 

Si era fatta notte da poco. È entrata in macchina. Indossava una maglietta di seta e portava uno zainetto sulla spalla. La T-shirt in seta mi ha lasciato intravedere il seno e dal petto sentivo venire un odore che mi pungeva le mucose del naso.

L'ho portata a un parcheggio dove abitualmente mi apparto con le prostitute.

Ha aperto lo zainetto e ha tolto fuori un paio di zoccoli di 10/12cm e una minigonna in jeans. Si è tolta i pantaloni, i calzini e le scarpe di tela e ha messo la minigonna e i tacchi. Stavo per venire.

Quando ha finito di prepararsi, l'ho portata e lasciata su un marciapiede lungo la Statale per Dalmine.

Prima di scaricarla, l’ho avvisata che sarebbe potuta rimanere lì al massimo per cinque/sei minuti perché l'avrebbe potuta vedere il pappone della zona e poi sarebbe stato complicato spiegargli tutto. Se si fosse fermato un cliente, avrebbe dovuto dirgli che prendeva almeno 100 euro a botta per non farsi rimorchiare.

È scesa giù ed io ho fatto un giro dell'isolato.

Quando sono tornato dove l’avevo lasciata, si era fermata un’automobile bianca e Visodangelo stava parlando con chi c'era dentro.

Mi sono accodato. Poggiava i piedi sui tacchi senza calze. Stava un po' chinata in avanti e con le mani cercava di abbassarsi la minigonna che le stava stretta.

Dopo una quindicina di secondi, ha guardato per un po' verso di me, si è rigirata e poi è successo quello che non sarebbe dovuto accadere.

[...]

Quando è risalita in macchina, mi ha detto di riportarla a casa. Guardava spesso l'orologio e si spostava di continuo sul sedile, come per trovare una posizione comoda. Siamo arrivati di fronte al convitto delle monache e le ho augurato sogni d'oro. È andata via senza salutare. Dopo quella sera ci siamo visti due volte in un mese e mezzo. Solo di pomeriggio. E non abbiamo mai ripreso l’argomento. A giugno, quando sono terminate le lezioni e il contratto di supplenza è scaduto, se n’è tornata in Puglia. Dal ragazzo. Meglio un fidanzato oggi e un marito domani che un puttaniere-guardone non si sa per quanto.


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