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Poemetto di colore scuro

di Fortuna Della Porta
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Pubblicato il 20/09/2010 15:44:51



Per quanto tu possa andare, viaggiatore delle sette lune,
delle sette tuniche delle sette fiasche di lacrime,
se pure il sentiero della vita scorra liscio
disteso come una freccia nell’arco
neanche allora, canuto e il piede carico di anni
percorrendo l’intero tratto con mansuetudine d’agnello,
la maestosa veemenza del mare,
neanche allora giungerai ai confini della terra.
In quel punto anche una pietra ti racconterà
di venire dal nulla e di dirigersi verso le cose che non sono.

Naufragio del tempo
i giorni
che stramazzano in ricordo.
La mano,
un pugno
di carezze negate,
è lo scrigno senza chiave
del rimpianto.
Eclissata tra i pampini
di quella che fu uva
la passione che bevve
la brutale grazia del cielo
e i passi
a due a due intrecciati.


Il destino della luce
si logora d’inverno,
il declino del sole dura
un battito del cuore.
Dopo il tracollo,
s’immensa negli occhi
-convulsa-
la falce della notte.
Così, la regina che guarda oriente
si confonde,
procede a ritroso,
col nero ai fianchi
che infittisce in continuazione.
Anche una moneta capovolta
proietta il livido notturno.
Sembra svelare
un lato non coniato:
oggetti persi
pensieri d’angoscia.
D’inverno, quando
il giorno non torna
sui suoi passi.



Gli anni nascondono il segreto,
il giorno caldo e reale
se ne va.
Così l’angolo del sole muta
senza trasalimenti.
Tra le cose sfuggenti
il lampo che diverge.
Nessuna più luce
alla finestra
la porta non più aperta
del cuore sull’attesa.


Ancora una volta
bussa al petto la notte.
Gelido con le foglie
e col sangue
il cinico vento
li strappa e li accatasta
in rovine di rossi maceri.
Sui fili della luce, lassù,
uno stormo in partenza
trasale alle folate.
All’imbocco della sera
nel breve lasso del mio tempo,
rabbrividisce un sasso,
già polvere nella pelle nuda.
L’aia del cosmo,
nell’ora che trabocca,
cela un gorgo in abbandono.
Per questo, il sonno è interregno
che, sempre più,
tarda a calare sui gesti
che non vorrebbero concludersi mai:
esita ogni fibra,
si rifiuta.
Pesa, sull’ora che si chiude,
il sospetto di un addio.
( da La sonnolenza delle cose, ed. LietoColle)


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