quegli steli ondeggianti ai bordi dei sentieri,
quel profumo di zagare dal mare
che il vento trasporta a tratti
che si confonde con l'odore dell'Africa,
la terra delle nostre origini
che ci portiamo dentro
che abbiamo scritta nel nostro Dna
sacrifici e lotte giornaliere,
sabbia su sabbia
accumulata dal vento di scirocco,
l'aridità del paesaggio,
l'entusiasmo senza speranza
sempre spento nel cuore della gente,
ulivi scarni e moribondi,
quei fichi sempre dolci e saporiti,
cibo di porci e gazze,
di gente povera e pezzente,
quel sapore di mandorle selvagge,
quelle distese di fichi d'india colorati,
terreni assai induriti per arare
quei raccolti avari
qualche mucca scarna e malnutrita,
vagante per pascoli scadenti
tra greggi di capre e pecore belanti,
cani rumorosi e paurosi
pronti a schivar le pietre dei padroni,
quel “salutiamo compare” dei mafiosi
con il fucile su asini clementi
quei silenzi
quel non voltarsi neppure se si spara
per poter dire:”Non ho visto niente”,
quella protesta in punta d'una penna
velenosa
come il nero morso d'un serpente.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 21.8.2014 – 3,17)
Per chi vuole approfondire la figura dello scrittore calabrese (morto a Scandicci il 9.4.2014 e detto il "Verga calabrese) suggerisco una pagina ben costruita:
http://www.locride.altervista.org/strati.htm
La foto è tratta dal portale http://www.lasiciliainrete.it