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Il treno inarrestabile

di Stefano Verrengia
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Pubblicato il 08/01/2019 20:34:04

IL TRENO INARRESTABILE

 

Mi avventuro, treno sfrecciante,

Fra queste terre sconosciute,

e lì dove mi giro vedo prati

verdi e campi e serre,

e fiori lussureggianti

e coltivatori stanchi.

Molto spesso

Mi accosto ad un fiumiciattolo,

e vedo papere starnazzare

e pescatori gettar la lenza

a caccia di un misero pasto

e vedo il sole brillare nelle acque

e di notte galleggiare

qualche bianco pallone

perduto come una luna

da un bambino disattento.

E quando il cielo è spento

Cosa vedo nelle grandi città

Nelle quali passo

Quatto quatto

Sperando che salga a bordo

Qualche donna benpensante

Che poggi il culo

Sui miei duri sedili

Per andare a cercare

Il nascosto amore

Di lenzuola segrete!

La mia rete elettrica

Mi porta sempre

Nuova energia,

e mai posso fermarmi,

però, a guardare

effusioni d’amore

tanto eccitanti quanto proibite …

e allora sulle ardite rotaie

non spezzo mai il mio cammino

di ferro

e continuo nel mio andare

a caccia di nuovi

e inusitati luoghi

di qualche inaudita

cittadina di mogli

bramose e di mariti

distratti.

Ma non posso fermarmi,

sempre a caccia di anfratti

più oscuri dove

la vita mi mostri

qualche dolce e tremenda

visione.

E molto spesso ho visto

Ciò che gli uomini

Pensano di vedere

Nei loro sogni più arditi:

ho visto albe fiammeggianti

trasformarsi in brillante azzurro

fino a divenire buio ancora,

e poi stelle brillare più del sole

mentre lucciole intingevano

le loro ali sdraiate nell’erba

illuminandosi all’amore …

E ancora campane

Risuonare nell’etere opaco

Fra preghiere disperate

A caccia di una tavola

Oltre la tenda azzurra

Che si trovava innanzi

Gli occhi loro.

E denti volare

E zigomi fracassarsi

Come bicchieri di vetro

Mentre ragazzi

Urlavano come scimmie

A caccia del loro albero

Dove arrampicarsi

E dove poter rovistare

Nella pelliccia

Degli amici qualche pulce gustosa

E succulenta.

Molto spesso ho visto

Morire un uomo

Che aveva per letto

L’asfalto

E per coperta il cartone

E ho visto

Ladri attendere

Come lupi

Con una zanna

In mano

Dietro un albero

Qualche innocuo

Passante

Per mozzicargli il portafoglio.

E ho visto giovani

Vomitare come cascate

La loro disperazione

E ragazze perdersi

Fra molte braccia

Irsute a caccia

Di un abbraccio

D’affetto che il padre

Non gli ha mai dato.

Ma io non mi stanco,

l’elettricità scorre

nelle mie vene

e ancora cammino

col muso di metallo

in avanti come la prua

di una nave fra i colpi

di un mare in tempesta,

fra giorni che si sopiscono

nelle bore raggelanti

delle terre del nord,

fra la rugiada delle foglie

che brilla nelle albe

delle terre del sud,

nella pioggia incessante

che ossida la mia carne …

non ho paura che un giorno

il tempo farà di me una carcassa

di ferro da gettare

in qualche buio magazzino

o liquefatta in qualche

forno infernale,

finché l’elettricità

scorrerà nelle mie vene

potrò correre fra boschi

bui o svettare su una montagna

fiancheggiando un mare

scintillante sempre a caccia

del capolinea,

lì dove lo spazio e il tempo

si dissolvono come polvere,

lì dove, nascosto a tutti,

il cielo si ricongiunge

alla terra e zampillano

a fiotti le eterne feste

delle albe fiammeggianti

e dei turbinii delle tempeste.


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