IL TRENO INARRESTABILE
Mi avventuro, treno sfrecciante,
Fra queste terre sconosciute,
e lì dove mi giro vedo prati
verdi e campi e serre,
e fiori lussureggianti
e coltivatori stanchi.
Molto spesso
Mi accosto ad un fiumiciattolo,
e vedo papere starnazzare
e pescatori gettar la lenza
a caccia di un misero pasto
e vedo il sole brillare nelle acque
e di notte galleggiare
qualche bianco pallone
perduto come una luna
da un bambino disattento.
E quando il cielo è spento
Cosa vedo nelle grandi città
Nelle quali passo
Quatto quatto
Sperando che salga a bordo
Qualche donna benpensante
Che poggi il culo
Sui miei duri sedili
Per andare a cercare
Il nascosto amore
Di lenzuola segrete!
La mia rete elettrica
Mi porta sempre
Nuova energia,
e mai posso fermarmi,
però, a guardare
effusioni d’amore
tanto eccitanti quanto proibite …
e allora sulle ardite rotaie
non spezzo mai il mio cammino
di ferro
e continuo nel mio andare
a caccia di nuovi
e inusitati luoghi
di qualche inaudita
cittadina di mogli
bramose e di mariti
distratti.
Ma non posso fermarmi,
sempre a caccia di anfratti
più oscuri dove
la vita mi mostri
qualche dolce e tremenda
visione.
E molto spesso ho visto
Ciò che gli uomini
Pensano di vedere
Nei loro sogni più arditi:
ho visto albe fiammeggianti
trasformarsi in brillante azzurro
fino a divenire buio ancora,
e poi stelle brillare più del sole
mentre lucciole intingevano
le loro ali sdraiate nell’erba
illuminandosi all’amore …
E ancora campane
Risuonare nell’etere opaco
Fra preghiere disperate
A caccia di una tavola
Oltre la tenda azzurra
Che si trovava innanzi
Gli occhi loro.
E denti volare
E zigomi fracassarsi
Come bicchieri di vetro
Mentre ragazzi
Urlavano come scimmie
A caccia del loro albero
Dove arrampicarsi
E dove poter rovistare
Nella pelliccia
Degli amici qualche pulce gustosa
E succulenta.
Molto spesso ho visto
Morire un uomo
Che aveva per letto
L’asfalto
E per coperta il cartone
E ho visto
Ladri attendere
Come lupi
Con una zanna
In mano
Dietro un albero
Qualche innocuo
Passante
Per mozzicargli il portafoglio.
E ho visto giovani
Vomitare come cascate
La loro disperazione
E ragazze perdersi
Fra molte braccia
Irsute a caccia
Di un abbraccio
D’affetto che il padre
Non gli ha mai dato.
Ma io non mi stanco,
l’elettricità scorre
nelle mie vene
e ancora cammino
col muso di metallo
in avanti come la prua
di una nave fra i colpi
di un mare in tempesta,
fra giorni che si sopiscono
nelle bore raggelanti
delle terre del nord,
fra la rugiada delle foglie
che brilla nelle albe
delle terre del sud,
nella pioggia incessante
che ossida la mia carne …
non ho paura che un giorno
il tempo farà di me una carcassa
di ferro da gettare
in qualche buio magazzino
o liquefatta in qualche
forno infernale,
finché l’elettricità
scorrerà nelle mie vene
potrò correre fra boschi
bui o svettare su una montagna
fiancheggiando un mare
scintillante sempre a caccia
del capolinea,
lì dove lo spazio e il tempo
si dissolvono come polvere,
lì dove, nascosto a tutti,
il cielo si ricongiunge
alla terra e zampillano
a fiotti le eterne feste
delle albe fiammeggianti
e dei turbinii delle tempeste.
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