Pubblicato il 19/01/2021 12:56:26
(Dal mio romanzo Diari sospesi. Antipodes Editore)
A pranzo incontravo spesso Giammaria che, quasi sempre, mangiava in compagnia di qualche bella ragazza. Mi chiedeva: “La solita gramigna?” In una di quelle occasioni, andammo a trovare un vecchio e comune amico, Eddy, argentino di origine. Lo trovammo che assisteva a una partita di calcio in TV. Complice la seduzione esercitata da una bottiglia di Armagnac agé, mi accomodai a un tavolo di cucina, avendo alle spalle lo schermo e di fronte Giammaria ed Eddy il quale, seguendo senza continuità l’incontro, e come d’abitudine, mi raccontava del Mar del Plata della sua infanzia. Al che rispondevo parlando con dovuta modestia di me. Nell’intervallo chiesi a Eddy che mi facesse riascoltare, accompagnandosi con la chitarra, “Rio abajo voy llerando la jancada”, la mia preferita tra le sue canzoni di struggente argentinità. Chiedevo a tratti chi stesse vincendo, e lui rispondeva: “Quegli altri”, aggiungendo: “Non c’è partita”. La sera continuò così, mentre l’Armagnac profumava una notte in arrivo che non riusciva a decollare in senso sportivo, tranne per il borbotto di Eddy che, tra una strofa e l’altra dei versi di Eduardo Falù, confermava come non ci fosse partita. Giungemmo alla fine del lungo poema che chiosava con “El alto Paranà”. A quel punto chiesi chi avesse vinto, mi risposero: “Quegli altri, non c’è stata partita”. La sera terminò così e io mi avviai da solo verso Fonte di marzo senza alcuna nostalgia del circolo. Anzi, pensavo che le cose inattuate da perseguire e in attesa di me, mi attraevano più di quelle concluse. Era come la ripetizione di una mia storia antica: nel piacere che si stesse avverando la parte di un’idea, sembrava inevitabile che ne restasse incompiuta la restante. Ero solo in questa visione del mondo? Oppure essa era comune a tanta gente che, in cerca di salvezza, la riversava in una sorta di oblio rassicurante?
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