LA LETTERINA DI BABBO NATALE
Anche quest’anno sono riuscito appena in tempo a preparare tutti i regali che bimbi e adulti si attendono, dovrò essere velocissimo perché tutti al risveglio abbiano i propri doni da scartare. Quest’anno tutti vogliono qualcosa che sia i: iPhone, iPad, eccetera, ma poi l’anno prossimo lo rivogliono perché ci sono le nuove versioni, gli aggiornamenti. Non è più come un tempo, portavi un trenino a un bimbo e l’anno dopo la bicicletta e così via, e ti immaginavi il bimbo che cresceva, capivi che le sue esigenze cambiavano, ora no, tutti vogliono le stesse cose, e mi domando: ma sono tutti bambini o tutti adulti? Che peccato che i gusti si siano livellati così, perché i bimbi non sognano più il meccano o la piccola segheria, o i bellissimi Lego, tutte cose con le quali la fantasia volava, ognuno si improvvisava architetto o ingegnere e per mesi si creava da solo i giochi più belli. Ora vogliono tutto bello pronto, un pc, o un videogioco, si accendono e via, la noia... ehm… il divertimento è assicurato. Ma, vedete, Babbo Natale vuole bene a tutti e accontenta tutti, porta quello che è elencato sulla letterina e spera che tutti siano felici. Però Babbo Natale ha un segreto, ebbene sì, c’è qualcuno a cui vuole più bene, spero non ci sia niente di male, è una famiglia che vive in una grigia città, in un appartamento come tanti, con le solite cose che hanno tutti… Ora vi racconto cosa porterò loro, e poi due piccoli segreti di questa strana famiglia.
Cominciamo col più piccolo dei bimbi, per lui Capitan Fracassa, di Théophile Gautier (Biblioteca Economica Newton, pagg. 414, 5,00 euro), un simpatico libro di avventure che narra le gesta di un nobile spiantato e malinconico, oltreché molto bello, il barone di Sigognac. La sorte del giovane cambia nel momento in cui accoglie presso il suo cadente maniero una compagnia di comici girovaghi. Della compagnia fa parte una fanciulla, Isabella, della quale il giovane barone si innamora ben presto. Lasciati il vecchio servitore e i suoi fidati amici quattro zampe, Sigognac parte con la compagnia di attori verso una nuova vita girovaga, ma densa di avventure. Durante numerose e rocambolesche avventure la compagnia di attori dovrà vedersela con amanti caparbi e gelosi, trappole e colpi di scena, pantagrueliche scorpacciate e giorni di fame nera. Il lieto fine giungerà per tutti, grazie al coraggio e alla dedizione di Sigognac e l’aiuto di tutti i membri della compagnia, sino a tornare all’amato castello tornato a nuova vita, in virtù della grazia di Isabella e alla grandezza d’animo dimostrata dal barone. Oltre alla bellezza del libro in sé, basterà ricordare che fu la lettura preferita del giovane Proust durante le vacanze a Combray a casa della prozia, e per un giovane dovrebbe essere abbastanza di buon auspicio. Per l’altro bimbo della famiglia ho messo nel sacco Vita del briccone di Francisco de Quevedo (I grandi libri Garzanti, pagg. 166, 8,00 euro). In questo racconto picaresco, pubblicato la prima volta nel 1626, vediamo un giovane spiantato, e dai dubbi natali, condurre una vita errabonda costellata di espedienti e sotterfugi per potersi assicurare una pagnotta e un giaciglio ogni giorno. Talvolta le cose vanno bene e le monete aumentano nella scarsella del giovane, talaltra le giornate sono più magre e spesso abbondano di bastonate e umiliazioni. La lettura è molto divertente, certe trovate sono assolutamente geniali, i raggiri e gli inghippi creati con maestria e notevole faccia tosta. I gendarmi pongono spesso fine in modo burrascoso alle truffe, ma non per questo il giovane demorde o tenta di utilizzare il suo ingegno per opere oneste. Molto spassosa, verso il finale, la parte in cui il protagonista e altri suoi compagni di avventura si fingono nobili, indossando abiti di carta e stracci e, in virtù della loro abile parlantina, riescono sovente a farsi invitare a pranzo. La lettura si presta anche ad una più profonda interpretazione, infatti Quevedo ha collocato nel testo frasi apparentemente casuali, ma che sono in realtà accuse ed insulti ai propri nemici o rivali Molte pagine sono molto interessanti perché descrivono la situazione politica della Spagna dell’epoca con tutti i suoi pregiudizi e l’incessante lotta per il potere o la supremazia sugli avversari. In questo ci vengono in aiuto le preziose note all’inizio del testo. Ricordiamo che Quevedo è uno degli autori preferiti da Borges, inoltre vale la pena soffermarsi sulla sua biografia molto romanzesca. Nel sacco c’è anche un bel libro per il fratellino più grande, già appassionato alla realtà e che sta cominciando a capire qual è la sua strada, per lui Un amore senza resistenza di Gilles Rozier (Einaudi, pagg. 130, 9,80 euro). Durante l’occupazione nazista in Francia fratello e sorella reagiscono in modi diversi alla situazione, lei concedendosi senza riserve alle attenzioni di un soldato tedesco, lui ponendo in salvo un ebreo nella cantina di casa. Lo spazio in cui il protagonista nasconde il fuggiasco è anche la sua biblioteca segreta, egli, docente di tedesco, vi ha nascosto tutti i libri vietati dal regime nazista. Sarà proprio grazie a un libro e attraverso di esso la comprensione dell’Yddish (lingua parlata dagli ebrei in europa) che tra i due uomini si verrà a creare un legame privilegiato. A tratti si possono ravvisare fuggevoli punti che legano la vita dell’uomo nascosto e il protagonista/narratore, alla Prigioniera di Proust, ma sono semplici sensazioni di fondo. Quel che invece mi sembra notevole è come lo studio e una lingua, diventata comune, possono legare le persone tanto da permettere loro di infrangere i divieti di una dittatura. La salvezza dei perseguitati passa attraverso la conoscenza e un terreno culturale divenuto comune, il soccombere di un popolo passa invece al darsi senza esitazione al più forte, come nel caso della sorella. La fine non sarà lieta e giungerà quando l’oppresso vorrà sovrapporsi all’oppressore, anche in questo punto, la perdita dell’identità, non solo culturale, è la fine per un popolo. L’esperienza lascerà un profondo solco nella vita del protagonista, e dà modo a Rozier di raccontare una storia molto bella e inusuale. Per il papà brontolone e appassionato di politica ecco, impacchettato e con un bel fiocco, Le ombre bianche di Ennio Flaiano (Piccola biblioteca Adelphi, pagg. 293, 15,00 euro) in cui sono raccolti “storie brevi, divertimenti e dialoghi; infine occasioni, satire scritte negli ultimi quindici anni” e raccolte dall’autore nel 1972. Trentanove anni fa, ma attualissime, e con uno sguardo lucidissimo e impietoso su come sarebbe diventata l’Italia in questo ultimo decennio. Flaiano, attraverso brevi racconti, paginette satiriche, brevi articoli, mette a nudo i vezzi degli italiani, le pecche della politica, la piaggeria e la stoltezza dei più. Attraverso questi scritti è facile cogliere le debolezze che hanno reso l’Italia quella che è. Il libro scorre velocissimo grazie alla bravura di Flaiano, e spesso si è portati a credere che gli scritti abbiano pochi mesi in virtù della loro prepotente attualità. Una lettura molto interessante, ma dal piglio leggero e a tratti divertente, mai stucchevole o saccente. Un libro che sono certo conserverà la propria attualità negli anni a venire per la propensione dell’italico popolo a cambiare affinché nulla cambi davvero. Per la mamma che non rinuncia ai sogni ma è ben ancorata alla realtà, con una bellissima copertina che è un peccato impacchettare, Il gabbiano di Sándor Márai (Adelphi, pagg. 163, 16,00 euro). E’ possibile che una persona scomparsa ritorni? E, se torna, sarà la stessa? da questi interrogativi si dipana la bellissima storia che Márai ci racconta, in una città sull’orlo della catastrofe una giovane donna riappare all’uomo che la credeva perduta. L’intesa tra loro vive il tempo di una notte in cui i due aprono i loro cuori l’un l’altro creando un affresco singolare sulle luci e ombre dell’essere umano. La narrazione è suadente ed elegante, fatta di rimandi ed echi poetici, al termine della quale l’unicità di ciascun essere apparirà tratteggiata in modo netto, tale da stagliarsi sulle ombre e le ambiguità iniziali dei due protagonisti. Un testo apparentemente semplice, due persone, una stanza, il mondo in guerra, due singolarità che vivono una notte unica e si stagliano sull’immane dramma che rende simili tutti gli altri umani. Ogni persona è irripetibile ed irripetibili e singolari le ferite che la società e il mondo incidono sul cuore di ciascuno. Il libro, non il più noto di Márai, merita due letture, l’una per assimilarne il contenuto, l’altra per gustare le bellissime atmosfere create dall’autore ungherese. E per finire, per la nonna, Tiratori scelti, di Emmanuele Bianco (Galleria Fandango, pagg. 255, 14,00 euro). Perché proprio per la nonna un libro scritto da un giovane, che parla di giovani, con un linguaggio contemporaneo, da strada? Perché sono quelli più grandicelli, che guardano alle nuove generazioni e spesso l’impressione che ne hanno è di una massa indistinta di persone tutte uguali nel modo di vestire e di comportarsi, speso bollate come “drogati”, con l’aggravante, soprattutto nelle città del nord, di essere figli di immigrati dal sud e da varie parti del mondo, senza neanche tentare di capire cosa hanno da dire e com’è la loro vita nel nuovo disordine mondiale. Ebbene, Bianco parla di questo mondo dal suo interno, parla dei suoi coetanei, di suoi amici, finanche stretti, e ce li mostra in tutta la loro debolezza, camuffata con comportamenti da duri, da fughe senza fine dall’amarezza quotidiana. Un libro corale, con un capitolo per ciascun protagonista, dove questi parla in prima persona e racconta il suo mondo, e i mondi, sebbene intersecantisi, sono tutti unici e singolarissimi, belli, spesso venati di nostalgia e di romanticismo. Alcuni di essi assumono addirittura tratti elegiaci, o poetici, quando il richiamo delle origini si fa sentire più forte, quando si teme di perdere quel filo che lega alle generazioni precedenti, quando la lezione di un uomo, che parte un mattino dal suo paese, con poco più degli abiti che indossa, per andare al nord a lavorare, rischia di andare persa. Questo "Tiratori scelti" è un lavoro molto bello ed interessante per chi ha già qualche anno in più rispetto ai protagonisti e all'autore, ma non vuole fermarsi alle apparenze e cercare di capire quel fenomeno che spesso viene bollato come disagio giovanile, e sembra scaturire dal nulla, dalle mode, dalla svogliatezze, ma in realtà è stato creato dalle generazioni precedenti, col loro carico di rinunce e di attese, di lunari sbarcati a stento e sogni mai riposti. In questo libro, la risposta delle giovani generazioni a quelli che paiono giochi già chiusi, a quella mobilità sociale che pare andare sempre verso il basso, è talvolta fatta di violenza, e di non volersi arrendere. E così, di fronte a una società che si sgretola, si cerca l’unità con gli amici, ai sogni infranti si sostituiscono i sogni effimeri della droga, capaci però di portare grosse quantità di denaro, visto come unico motore della società. E’ un combattere gli schemi del passato e voler imporre i propri, è l’affermazione di un proprio posto, che muove questi giovani, che non per caso, si ritrovano in una strada detta la trincea, nome evocativo di difesa, ma anche di resistenza, di luogo sicuro dal quale combattere il mondo. La lettura di questo bellissimo libro sarà un autentico viaggio, forte per il contenuto e per il linguaggio, ma bello in modo struggente, unico per come descrive un caseggiato di periferia, una vita infranta, un amore che nasce. Struggente e autenticamente grande il finale.
Come promesso svelerò i due piccoli segreti di questa famiglia, il primo è quello che mi scrivono, tutti insieme sulla letterina, che suona ogni anno più o meno così: vorremmo dei regali che ci portino in giro per il mondo, in tutte le epoche, che contengano i misteri dell’uomo e che ci facciano anche divertire; l’altro segreto, che me li rende ancora più cari, è che nel loro lindo appartamento manca la televisione, e non me ne hanno mai chiesta una!!
Oh oh oh….Buon Natale a tutti!!!
Babbo Natale