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Le confessioni di Peter Smart

Romanzo

Paul Bailey
Playground

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 27/12/2011 12:00:00

Le confessioni di Peter Smart, ovvero Autobiografia di un attore fallito, inizia da un tentativo di suicidio fallito di Peter, il quale coglie l’occasione per raccontare la sua vita. Quel che ne emerge è un quadro grottesco ed impietoso della società britannica del dopoguerra, animato da una serie di personaggi che, chi più, chi meno, in un modo o nell’altro cercheranno di annullare la personalità di Peter. Maestra indiscussa in ciò è l’arcigna madre, con la sua tagliente accidia e che non darà mai uno straccio di soddisfazione al malcapitato figlio, il quale se può contare su di un po’ di affetto lo deve alla nonna paterna, amorevolmente definita una barbona dalla madre. Intrapresa la carriera di attore ed in salvo dalle attenzioni materne, Peter approda nell’orbita di Neville Drake, collega attore, amante di Wagner e dei giovani tedeschi, che tra accessi d’ira, scenate apocalittiche e intere casse di champagne, condivide la sua casa ed un amante occasionale con il nostro eroe. Inevitabile giunge il matrimonio, ma anche la moglie ben presto si dimostra, oltre ad una inesauribile bugiarda, una copia – sebbene in “minore” – della madre, il matrimonio naufraga ben presto tra scenate, bugie e fiumi di alcool. Ultimo giungerà il suicidio, quello definitivo, perché tutta la vita di Peter è stata accompagnata dalla morte: un cadavere penzolante da un albero, alcuni tentativi di suicidio, la morte del padre e così via. Da tutto ciò si potrebbe immaginare un dramma dalle tinte fosche e strappalacrime, fortunatamente, grazie alla brillante verve di Paul Bailey il romanzo si rivela essere irresistibilmente spassoso lungo tutte le pagine in cui si snoda la vicenda. L’autore prende i peggiori vizi della classe media britannica e li amplifica, li rende grotteschi, per mostrarli al lettore in tutto il loro orrore travestito da perbenismo. Il personaggio della mamma è quello forse in cui l’autore dà il meglio della sua vena umoristica, l’acredine con cui ella risponde al figlio è quasi proverbiale. L’insipienza del dottor Cottie, presso il quale Peter e la madre dimorano, è mascherata da antica e profonda saggezza, e portata a livelli paradossali dall’anziano dottore, nonché autore del libro più noioso nella storia della letteratura. Neville Drake, con la sua magniloquenza e il suo voler sempre essere assolutamente al di sopra delle righe e di qualunque altra cosa è sovente di una prevedibilità pazzesca. Infine la moglie, che Peter conosce salvandola da un tentativo di suicidio è la summa di molte delle manie e vezzi femminili degli ultimi decenni. Ce n’è davvero per tutti in questo amabilissimo romanzo, che non disdegna la messa in ridicolo di un certo teatro d’avanguardia, che nel suo voler rappresentare un progresso è fatto di improvvisazione e goffi tentativi, che vengono però acclamati da critici in cerca di notizia, più che di contenuti veri. Un libro, questo, che partendo da una profonda conoscenza del carattere umano, ne propone al lettore una caricatura irresistibile, proprio perché fatta con tratti presi dalla realtà, visti con occhio sagace ed interpretati con il miglior humor britannico. Il linguaggio con cui è narrata questa autobiografia è inarrestabile e scoppiettante, tradotto ottimamente da Alessandro Bocchi senza far rimpiangere al lettore le sfumature tipiche della lingua inglese, che contribuiscono, con la loro minuziosa perfezione, a rendere ancor più esilaranti certe trovate lessicali dell’autore. La lettura scorre agevole per lunghi tratti, solo in alcuni punti cede leggermente e disorienta per qualche istante il lettore, ciò è dovuto al fatto che Peter Smart non racconta la sua vita come lungo le pagine di un diario, ma tende a spostarsi in modo a volte imprevedibile lungo gli anni; questi però restano episodi marginali nella struttura di un libro costruito con sapienza e grande capacità. Il romanzo è molto divertente con delle assolute perle, come per esempio la vedova che sbaglia funerale o quando la mamma si riferisce con malcelato astio al vecchio dottor Cottie chiamandolo “il vecchio ermellino del piano di sopra”, ma ogni pagina riserva esilaranti sorprese.





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