Ed ascoltare ancora il tuo respiro
le tue parole sussurrarmi: “Amore”
guardarti là, seduta alla panchina,
sotto l'ulivo che sa anche di sale.
Rileggere pensoso i tuoi messaggi,
sfogliarli mentre mi ferisci il cuore
seduto silenzioso sotto un pino
i suoi rami ascoltare cigolare
e tra gli ulivi le cicale
il solito frinire modulare
stancante come fosse un canto antico
un'armonia infernale
quel cri-cri-cri che non vuol cessare.
E sentirmi la pelle accarezzare
mentre mi baci come un ragazzino
forse non ci hai pensato
tale mi son sentito quel mattino
quando su quella panca tu arrangiavi
due note su una chitarra un po' scordata
a cui mancava finanche il mi cantino
che a cambiare non eri interessata.
Ora ti vedo sola,
seduta in quel giardino desolato
dove un giorno felice m'hai portato.
Forse ora tu cerchi compagnia
magari un uomo rude che assecondi
quegli ormoni selvaggi e imbizzarriti
che non credo si siano assopiti.
Ma soffro perché più non sai sognare
soffro perché le mie carezze
la pelle tua non fanno più tremare.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 21.8.2018 – 17,50)