Pubblicato il 16/06/2010 23:54:59
Monologo di Giacomo Casanova
I ragazzi che si baciano in strada gettano ombre lunghe attorno attorno, come se fossero di luce e d’aria e il mondo, e tutto ciò che non è loro, una matassa oscura e rassegnata. Bisognerebbe potere morire, quando si è così esausti e felici, e a conti fatti, e fatto l’appello, non mancherebbe niente alla tua vita, se non le arti in cui eccellono i vecchi: vuoto rimpianto, maldicenza e invidia spacciate per saggezza a buon mercato. Me ne frego della saggezza, la mia e quella di chiunque altro, taccia, lasci parlare i cuori balbettanti che scrivono scemenze sopra i muri, e in quel confuso delirio ritrovi la verità che non fu mai trovata, quella che rinneghiamo appena svegli.
Io delle donne ho amato solo il corpo, e il sogno che ti accendono nel cuore; il resto è inconoscibile palude, ad altri la scienza di navigarla. Ho amato il mio sogno, semplice e buono, e a quel fachiro trafitto di chiodi, ai goffi cieli di stucco e agli sgorbi appesi nelle chiese ho preferito lo sconfinato oriente della carne, il nodo stretto in cui muori e rinasci come il serpente quando cambia pelle. Mille mani di donna hanno cucito per me la più splendida delle vesti, e io come un sovrano l’ho portata, con cuore incredulo e riconoscente. Ma se la giovinezza è solo questo, perenne amare i sensi e non pentirsi, i ragazzi che si baciano in strada mi tengano come uno di loro, anche se mi vergogno, e mi allontano per non dare fastidio, silenzioso, col bastone che batte il mio passo, e il pentolino del latte che suona.
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