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Dal mio romanzo 18:30 Per caso a parigi

di paolo massimo rossi
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Pubblicato il 11/12/2020 16:33:12

(Karin) .... -Sei qui, adesso, e forse anche tu, come me, senti che non è più come le altre volte, quando, pur vivendo liberamente trasporto e passione, non ci siamo resi conto sino in fondo che un residuo di maschera sopravviveva in noi anche a nostra insaputa, ingannando in tal modo la volontà e la lucidità che vorremmo ci vivessero sempre dentro.
Philip taceva, ma capiva che Karin si stava spingendo verso uno di quegli orizzonti che spesso ci si rifiuta di guardare, per paura dell'inconoscibile.
Stava cercando di corrompere sicurezze banalmente affidabili, pronta ad addentrarsi nella conoscenza del bene e del male, tra allegrezza e morbosi abbandoni. Aveva solo bisogno della complicità di lui.
-Sei venuto da me, e oggi, stanotte, puoi gettare via quella maschera che inconsapevolmente, e in fondo senza peccato, ti porti dentro. E anch'io voglio essere con te allo stesso modo, con la volontà di liberarmi a mia volta, di essere nuda nell'anima davanti a te.
Stasera, puoi creare il miracolo di un'opera la cui idea vive dentro di te da sempre ma che, per noia o paura, ti sei sempre vergognato di mostrare.
Philip continuava ad ascoltare, indovinando alcuni aspetti di Karin che aveva solo intuito, ma che l'abitudine agli affanni e alle passività quotidiane avevano nascosto.
-Ti sto parlando Philip, e vorrei pronunciare non il tuo nome, ma dire più semplicemente: amore mio. E nel momento in cui le mie parole hanno avuto la possibilità di essere pronunciate, per un attimo ho avuto paura del loro diventare dichiaratamente eloquenti, ma anche appena comprensibili al tuo ascolto e alla tua voglia di complicità.
Sembrano tante, eppure sono poche: ruotano su se stesse, aggirandosi in questo mio appartamento da dove scoprire la notte. Eppure, anche nella loro pochezza, fanno accadere tante cose che riguardano il comprendersi e i cambiamenti possibili, quelli che aspettano noi come anche tutti coloro che desiderano amarsi.
Tacque per qualche minuto, mentre Philip, pur desiderando interloquire, si lasciava andare ad ascoltare e ad abbandonarsi a quella che sembrava una confessione.
E Karin, invogliata dall' attenzione che leggeva sul volto di lui, continuò: - Cerco la verità, lo avrai compreso; una verità troppo semplice per essere visibile agli occhi di chiunque. Una verità che sembra poter riguardare la conoscenza dell'universo mondo, ma che, minimalisticamente, può essere riferita anche solo al mio mostrami a te.
Allora, ti sembro una donna che possa frequentare il letto di un uomo per capriccio? E mi riallaccio alle parole con cui tutto questo discorso è nato: fossi andata a letto con Tobas a Venezia o a Firenze, sarebbe stato, appunto, un capriccio. E tu saresti stato geloso per un inconcludente e povero episodio, masochisticamente ludico.
Se tu lo pensassi, vorrebbe dire che non sono stata capace di farmi conoscere veramente, e avresti ben ragione a considerare in me una donna che insegue sogni infantili.
Io, ingenuamente, ho omesso, in altre occasioni, di mostrarti la mia essenza più profonda; ma tu quante volte hai tradito la tua capacità di conoscere veramente una donna? Adesso, se lo vogliamo, possiamo mettere da parte la voglia di nasconderci e iniziare a guardarci veramente negli occhi. Dimmi, lo desideri anche tu?
-Potrei negarlo, a te e a me stesso?
-No, non puoi più, ormai. Perché io stasera sto suggellando un impegno d'amore con te. Un impegno la cui firma non ha bisogno di testimoni.
-Dici la verità, Karin, e io non posso che immergermi in essa con te!
-Allora, possiamo cercare la pienezza del vivere insieme. Forse ho avuto bisogno di tempo, e tu con me, per cercarmi la verità dentro. E tu, dopo questa notte, come potresti guardare negli occhi un'altra donna? Non potresti! Non solo per fedeltà, ma per non essere la semplice ombra di un uomo.
-Non potrei, Karin, perché l'amore ha bisogno sì di un letto, ma anche del mondo su cui far sentire l'alito della sentimentalità che vive dentro ognuno di noi; un mondo a cui mostrare uno sguardo depurato da ogni infida malignità. Potrei dire che l'amore, come la vera bellezza, non è altro che la promessa della felicità.
Karin spense la luce centrale della stanza, lasciando accesa solo una lampada da tavolo. Nella semioscurità e nel silenzio, Philip intravide gli occhi di lei che lo guardavano come se fosse la prima volta.
Poi, lei si alzò e, prendendolo per mano, lo condusse sino alla camera da letto.



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