Il Senato ha avviato le votazioni sul ddl Cirinnà, bocciando le eccezioni di costituzionalità e respingendo la sospensiva con proposta di rinvio in commissione del provvedimento. Il voto contrario a queste richieste sensatissime avvia le sei sedute di un’aula in cui, in modo surreale, si tenterà di dotare il Paese di una legge sul "matrimonio" omosessuale, mascherandola sotto la definizione "unioni civili", si tenterà di legittimare la pratica dell’utero in affitto, mascherandola sotto l’espressione inglese "stepchild adoption", si tenterà di approvare un ddl palesemente incostituzionale e arrivato in aula a Palazzo Madama saltando la discussione in commissione dunque anche in termini procedurali violando l’articolo 72 della Costituzione. In sostanza il Senatore dovrà trasformare il falso in vero, attraverso una forzatura tutta ideologica che priverà i bambini del diritto civile ad avere una mamma e un papà, spacciando per mito di progresso e verità che i bambini possano nascere da due papà e da due mamme. In questo contesto, il voto iniziale che ha bocciato sospensive e eccezioni, era assolutamente prevedibile: nient’altro che il primo atto di una discussione parlamentare in cui nessuno ascolta nessuno, si procede per compartimenti stagni, la conta si fa per alzata di mano senza alcuna sorpresa possibile perché gli eserciti sono schierati in maniera ideologica.
È stato interessante ascoltare l’intervento introduttivo di Monica Cirinnà, dovrà essere stampato come modello di una parlamentare che vuole ingannare il popolo.
Ha negato tutte le evidenze, persino che la "stepchild adoption" serva a legittimare la pratica di utero in affitto, o che la legge serva ad equiparare le unioni civili alla famiglia, come ipocritamente dichiarato con la cancellazione dei riferimenti all’articolo 29 della Costituzione e la bocca riempita (e la norma riscritta) con il riferimento all’articolo 2. La Cirinnà è stata puntualmente rimbeccata su tutti i punti da chi si oppone alla sua legge e mi ha colpito la nettezza di Francesco Nitto Palma, già magistrato, non solo per la chiarezza e precisione delle argomentazioni ma anche per il riferimento esplicito introduttivo alla pressioni operate da Francesca Pascale, fidanzata di Silvio Berlusconi e esponente della lobby Arcigay al lavoro per far tradire il mandato ricevuto dagli elettori da parte di senatori da sempre contrari al "matrimonio" gay.
Il clima è molto acceso fin da queste prime schermaglie in aula. L’idea dei proponenti è di arrivare al voto finale l’11 febbraio. La settimana prossima ci sarà il passaggio decisivo, quello sull’articolo 5 e la stepchild, dove ogni "incidente" equivarrebbe al naufragio della legge e i numeri corrono sul filo e il voto segreto farà il resto. Saranno giornate di tensione febbrile ma l’impressione che si ricava facendo i cronisti affacciati nell’aula del Senato è di una colossale messa in scena, una recita, una burla ideologica. Ma invece il voto dei senatori sarà reale, determinante, incidente in termini enormi sul costume nazionale e sul concreto diritto dei bambini a non essere mai considerati oggetti di compravendita, delle donne a non veder violato il proprio corpo considerato come un "forno", della maternità a non essere ridotta a bene di consumo commerciabile.
La discussione del Senato avviene mentre in Francia la conferenza internazionale contro l’utero in affitto riunisce femministe da tutto il mondo, molti esponenti di sinistra e semplici cittadini in un no gridato contro ogni pratica di "maternità surrogata". In Francia si discute con schiettezza e dati alla mano della colossale tragedia che riduce centinaia di migliaia di donne in schiavitù. Al Senato italiano si fa la recita e la si fa all’italiana, come al solito, con il metodo della politica italiana: con i bizantinismi, i piccoli e grandi inganni, i trucchi linguistici. Politici imbroglioni parlano di "sogni" citano Aldo Moro e Nilde Iotti. Il buon Nitto Palma a un certo punto del dibattito è sbottato: «Fate i seri, proponete direttamente l’abolizione dell’articolo della legge 40 che vieta l’utero in affitto».
Ma non sono seri. Il Senato è il luogo dove si sta svolgendo un gioco delle tre carte, dove negano pure l’evidenza, dove trasformano il falso in vero con la prepotenza dell’ideologia. La battaglia sarà lunga e difficile, non si ferma al Senato, ci sarà la Camera e ci sarà anche il passaggio al Quirinale dove Sergio Mattarella non potrà non rimarcare i colossali aspetti di incostituzionalità di questo raffazzonato ddl. Noi dobbiamo continuare a parlare al Paese, a informare e formare con lo spirito del Circo Massimo: la gioia che deriva dalla testimonianza della verità. E spiace aver letto il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, lamentarsi e definire "sgradevole" chi in quella piazza ha promesso che ricorderemo chi dovesse varare una legge che viola il diritto dei bambini ad avere un papà e una mamma. L’Italia tutta se ne ricorderà, senatore Zanda. E se Matteo Renzi vuole fare il Partito della Nazione sa bene che senza la Nazione, quel partito non si fa. La democrazia, senatore Zanda, consegna a voi il potere di fare le leggi e anche in questi giorni di provare a farne una che trasforma il falso in vero e inganna il popolo. Al popolo a quel punto resta un solo bene: la memoria. Ce ne ricorderemo. Se toccherete il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà, non venite a chiederci mai più un voto. Mi impegnerò personalmente affinché sia tenuta memoria della violazione del patto primigenio che un legislatore dovrebbe stipulare moralmente con il cittadino di cui è rappresentante: non ingannarlo mai.
(La Croce, 3 febbraio 2016)
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